DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

È un dato di fatto gigantesco: quel corpo non si è corrotto in quel lenzuolo. La Sindone cusodita a Torino

È un lenzuolo funebre, una pezza di lino di grandi dimensioni, con cui certamente fu avvolto il corpo di un uomo morto, come documentano le macchie di sangue da cui è costellato. Ma questo corpo non ha coinvolto nella propria corruzione il telo, che infatti si è conservato per secoli e si può vedere ancora oggi nel duomo di Torino. Dov’è il corpo che ne fu avvolto?

Per chi conosce e ama la storia della passione di Gesù questo tessuto parla il linguaggio della memoria, che fa rivivere nel presente ogni istante di quei giorni terribili, la parasceve della Pasqua, il 14 del mese di Nisan dell’anno diciassettesimo di Tiberio Imperatore, il silenzio del sabato e la mattina del giorno seguente, che poi venne detta domenica e che cambiò la faccia della storia.

Il volto impresso con il sangue in questo lenzuolo ha dato per secoli forma all’ispirazione artistica, fornendo i tratti di innumerevoli volti di Cristo. Si veda ad esempio quello del VI secolo custodito nel monastero di Santa Caterina sul Sinai, che riproduciamo qui a lato: perfino le asimmetrie del volto, dovute ai colpi ricevuti, sono fedelmente riprodotte.

La Sindone è diventata poi nel XX secolo un oggetto di studio per una quantità incredibile di discipline : oltre agli archeologi e gli storici, anche medici, biologi, chimici e fisici si sono affaccendati intorno a questo testimone muto.

Ma, anche se la scienza positiva più apportare utili chiarimenti, chi vede il lenzuolo sindonico non può non considerare il fatto che qualunque siano le dotte interpretazioni dei sapienti, Gesù Cristo subì qualcosa di straordinariamente simile a quel che la Sindone documenta.


La Sindone verrà pubblicamente esposta alla venerazione dei fedeli a Torino dal 10 aprile al 23 maggio 2010. La diocesi di Lugano organizza un pellegrinaggio a Torino in quest’occasione. Per iscrizioni o informazioni : Opera Diocesana Pellegrinaggi, via Nassa 64, casella postale 6516, 6901 Lugano tel. 091 922 02 68 - mail: odplugano@yahoo.com

Berlicche ha scritto:

Cari amici,
ieri sera sono stato per due ore e mezza davanti alla Sindone, cantando "Caligaverunt oculi mei" di de Victoria e il meraviglioso "Regina Coeli" di Aichinger, e stamattina presto ci sono tornato con tutta la famiglia. Non è la prima volta che la vedevo, e l'immagine stessa l'ho studiata da tutte le angolazioni. Eppure lì davanti, davanti a quel lenzuolo che impresse sopra ha le stinte e fioche tracce di un evento straordinario, mi sono commosso. Come talvolta mi accade, lacrime non sentimentali, ma da uomo; provenienti da un riconoscimento profondo. Stai dritto, forte, certo, e sorridi; ma loro scendono comunque.
Ieri ho anche seppellito la gatta di famiglia, morta improvvisamente per causa ignota. Mentre ponevo il corpo nella terra, rigido, già assalito dai vermi, mi meravigliavo di come la mancanza di vita fosse evidente. Quel corpo non era più niente salvo un involucro vuoto. Poco distante le sue due figlie giocavano allegramente, mentre il cielo piangeva sulla primavera che prorompeva tutt'intorno. Sono entrato in casa, mi sono lavato le mani dalla terra. E' squillato il telefono. Mi hanno comunicato che un'amica ha perso il figlio che attendeva, al settimo mese, improvvisamente. Il funerale sarà tra pochi minuti. Una vita gelata in boccio, innocente come può esserlo un uccellino. E non potevo fare a meno di pensare, davanti al lenzuolo, che quello è il segno di una morte, pieno di impronte di sofferenza, ma che testimonia una resurrezione, una vita; e che la gatta, il bambino, i pellegrini russi di ieri sera, i preti sudamericani di stamattina, i miei figli, io, siamo dentro quella resurrezione, quel disegno misterioso che toglie il fiato.

Che c'è la morte, è certo, l'ho vista, ma non è l'ultima parola su di me. E' questo che fa scendere quelle lacrime calde di gratitudine. Il mio mondo finirà, avrò il mio ultimo respiro, ma quel lenzuolo è il segno che c'è qualcosa di inafferrabile, e che eppure mi ha afferrato. Io non so, non capisco, sono una debole vita che presto avrà termine. Ma qualcuno si è commosso per quello che sono, e dall'altra parte del salto non c'è un buio eterno, un'eterna dimenticanza, ma un luogo misterioso in cui tutto sarà ritrovato. Così spero. Così credo.