Nei giorni scorsi la columnist più ganza del New York Times, Maureen  Dowd, ha concentrato i suoi strali su Papa Benedetto XVI, accusandolo di  aver coperto gli scandali sulla pedofilia scoperti in America. In  remissione dei peccati, la Dowd ha prima chiesto che il prossimo Papa  sia una donna, meglio, una suora (“A Nope for Pope”) e subito dopo ha  proposto la creazione di una nuova Santa Inquisizione che abbia il  compito di giudicare il Vaticano con la durezza che la Chiesa sapeva  mostrare un tempo.
Non è questa la sede per una difesa d’ufficio del  Vaticano, che non ha certo bisogno del nostro aiuto per fronteggiare gli  ingiuriosi attacchi del NYT. D’altronde basta guardare a quanto è  accaduto nel Duomo di Santo Stefano a Vienna, durante la “Messa di  accuse e pentimento” voluta dal Cardinale Schoenborn, per comprendere  quali anticorpi la Chiesa è in grado di produrre se decide di fare i  conti con se stessa, e con i propri errori.
Ma il punto su cui  vogliamo interrogarci è un altro e riguarda la categoria del  “politicamente scorretto”. Da quando la Dowd ha iniziato a pubblicare i  suoi editoriali al vetriolo sul NYT, infatti, il mondo liberal  americano, e non solo quello americano, si è compiaciuto per aver  finalmente trovato una penna in grado di competere con i più scaltri  concorrenti del giornalismo conservatore, capaci di travolgere i  benpensanti con una prosa caustica e fuori dalle righe, anche eccessiva e  rissosa, se questo può servire a rompere con l’ipocrisia che circonda  molte e controverse questioni dei tempi nostri.
Ma descrivere  Benedetto XVI come il “Rottweiler di Dio”, infangarne la figura  ricicciando le solite voci sulla coscrizione di Ratzinger nei bassi  ranghi nazisti, usare gli scandali sulla pedofilia per sovvertire le  fondamenta del Cattolicesimo (se la Dowd ha tanta nostalgia di una  Papessa perché non guarda alla Germania?, gli scismi esistono apposta  per questo…), tutto questo fa venire un dubbio atroce. E se la stagione  del “politicamente scorretto” fosse arrivata al capolinea? Se questo  genere di scrittura impudente, da essere protagonista al centro del  ring, si fosse ormai ridotta a uno stile scontato e ripetitivo?
Prendetela  come una provocazione, ma leggendo gli editoriali della Dowd viene  voglia di prevenire le offese contro il Papa rifugiandosi per una volta  nelle braccia della “political correctness”. In fondo, se il  politicamente corretto è servito a minoranze o movimenti come il  femminismo per proteggersi dalle stereotipizzazioni che potevano  danneggiarne la libertà e la specificità, cosa ci impedisce di usarlo  per denunciare le discriminazioni e i “discorsi dell’odio” che  colpiscono, periodicamente, il Vaticano e la comunità dei cattolici?
Per  cui facciamo appello alle firme più corrette del giornalismo italiano,  alla capalbiesca pietas del direttore dell’Unità, Concita de Gregorio,  affinché si possa, per una volta, combattere insieme una battaglia  contro gli insulti e le ricostruzioni egotiche e parziali come quelle  offerte della signora Maureen Dowd.
© Copyright L'Occidentale, 1°  aprile 2010