DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Il Papa del Cielo in un mondo che ne ha chiuso le porte. Auguri e grazie Santità.

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Noi oggi abbiamo spesso un po’ paura di parlare della vita eterna. Parliamo delle cose che sono utili per il mondo, mostriamo che il cristianesimo aiuta anche a migliorare il mondo, ma che la sua meta sia la vita eterna e che dalla meta vengano poi i criteri della vita, non osiamo dirlo”. Così ieri il Papa nell'omelia tenuta durante la messa celebrata con i membri della Pontificia Commissione Biblica. E poi ai Vescovi brasiliani in visita Ad Limina: "Sento che il centro e la fonte permanente del ministero petrino sono nell'Eucaristia, cuore della vita cristiana, fonte e culmine della missione evangelizzatrice della Chiesa. Potete così comprendere la preoccupazione del Successore di Pietro per tutto ciò che può offuscare il punto più originale della fede cattolica: oggi Gesù Cristo continua a essere vivo e realmente presente nell'ostia e nel calice consacrati.... Se nella liturgia non emergesse la figura di Cristo, che è il suo principio ed è realmente presente per renderla valida, non avremmo più la liturgia cristiana, completamente dipendente dal Signore e sostenuta dalla sua presenza creatrice. Quanto sono distanti da tutto ciò coloro che, a nome dell'inculturazione, incorrono nel sincretismo introducendo nella celebrazione della Santa Messa riti presi da altre religioni o particolarismi culturali (cfr Redemptoris Sacramentum, n. 79)! Alla base delle varie motivazioni addotte, vi è una mentalità incapace di accettare la possibilità di un reale intervento divino in questo mondo in soccorso dell'uomo... La confessione di un intervento redentore di Dio per cambiare questa situazione di alienazione e di peccato è vista da quanti condividono la visione deista come integralista, e lo stesso giudizio è dato a proposito di un segnale sacramentale che rende presente il sacrificio redentore.... Il culto però non può nascere dalla nostra fantasia; sarebbe un grido nell'oscurità o una semplice autoaffermazione. La vera liturgia presuppone che Dio risponda e ci mostri come possiamo adorarlo.... La Chiesa vive di questa presenza e ha come ragion d'essere e di esistere quella di diffondere tale presenza nel mondo intero". Ecco il cuore di Benedetto XVI, un Pastore preoccupato da tutto ciò che possa offuscare il punto più originale della fede cattolica: la presenza reale di Cristo nel sacramento eucaristico e, di conseguenza, in ogni attività e parola della Chiesa. Se la Chiesa smettesse di essere il segno visibile del Cielo sulla terra cesserebbe d'essere cattolica, universale, speranza autentica donata all'aumanità. Per questo l'Eucarestia è il centro del suo ministero, perchè è il segno fondante e costituente la Chiesa. Il Papa presiede nella carità e conferma nella fede il Popolo di Dio, ne è il cuore perchè governa, preoccupato, nel cuore stesso della Chiesa. L'attenzione data alla celebrazione liturgica dell'Eucarestia, il Motu Proprio "Summorum Pontificum" e l'Approvazione definitiva degli Statuti del Cammino Neocatecumenale con le concessioni agli adattamenti propri nella celebrazione dell'Eucarestia delle Comunità, rispondono a questo suo stile petrino, alla preoccupazione quotidiana perchè la Chiesa viva il Cielo per testimoniarlo. Nel presentare il Motu Proprio il Papa infatti scriveva: "Apriamo generosamente il nostro cuore e lasciamo entrare tutto ciò a cui la fede stessa offre spazio", mentre ai membri del Cammino Neocatecumenale diceva: "L’importanza della liturgia e, in particolare, della Santa Messa nell’evangelizzazione è stata a più riprese posta in evidenza dai miei Predecessori, e la vostra lunga esperienza può bene confermare come la centralità del mistero di Cristo celebrato nei riti liturgici costituisce una via privilegiata e indispensabile per costruire comunità cristiane vive e perseveranti". Solo attraverso la celebrazione Eucaristica vissuta secondo la fede cattolica e la particolare sensibilità dei fedeli, come testimoniano la varietà di riti che la Chiesa ha avuto sin dal suo sorgere, essa può compiere la missione che le è stata affidata. Inculturazione elevata ad ideologia nazionalistica, visione deista, socializzazione del cristianesimo, secolarizzazione che ispira criteri mondani nel governo della Chiesa, sono tutte frammentazioni del cristianesimo che scaturiscono da una stessa matrice: la perdita della fede. Il Cielo è chiuso sul mondo e su molta parte della Chiesa. E' qui che si gioca il presente ed il futuro. La pedofilia, fenomeno marginale ma preoccupantemente esteso, non è altro che il sintomo di un malessere ben più profondo. Il Papa lo conosce e ne è preoccupato. Per questo, ad ogni parola detta egli schiude il Cielo. Ad esso rimanda, alla fede e alla contemplazione, soccorrendo il gregge sempre tentato a piantare gli occhi sulla terra dimenticando il Destino a cui è chiamato. Lui osa annunciarlo questo Destino, e lo pone a fondamento d'ogni criterio, dell'essere stesso dell'uomo. Benedetto XVI, il Papa del Cielo ci fa respirare lo Spirito di Colui che ha vinto la morte, aprendoci ad un'insopprimibile speranza, anche nelle prove più dure. Il Papa del Cielo che ci indica il cammino al Cielo, le sue orme dinnanzi ai nostri passi, orme di penitenza, sigillo del cuore ancorato nella fede incrollabile nel Dio eterno. Il Cielo per noi, qui ed oggi, ha il colore della penitenza, l'unica risposta mossa dallo Spirito all'annuncio della Buona Notizia: "Questo Gesù Dio l'ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire. Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!". All'udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?". E Pietro disse: "Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro" Atti, 2, 32-39). Anche oggi Pietro, anziano di 83 lunghi anni di fede rocciosa, ci ripete le stesse parole, perchè la vittoria di Cristo e la sua Signoria prendano possesso della nostra vita e di quella della Chiesa: “Devo dire che noi cristiani, anche negli ultimi tempi, abbiamo spesso evitato la parola penitenza, che ci appariva troppo dura. Adesso sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter far penitenza è grazia e vediamo come sia necessario fare penitenza, riconoscere cioè ciò che è sbagliato nella nostra vita. Aprirsi al perdono, prepararsi al perdono, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, cioè della purificazione e della trasformazione, questo dolore è grazia, perché è rinnovamento, è opera della Misericordia divina”. Auguri e grazie Santità, candido volto di misericordia, spicchio di Cielo per tutti noi, trepidanti e stanchi di troppa, effimera terra. Grazie perchè, in tutto ed in tutti, ci sveli la firma inconfondibile di Dio, la Grazia che riscatta ogni ora, ogni gesto, anche il peggiore. Sempre.


Antonello Iapicca Pbro



CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA CON I MEMBRI DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

Omelia del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle,

non ho trovato il tempo di preparare una vera omelia. Vorrei soltanto invitare ciascuno alla personale meditazione proponendo e sottolineando alcune frasi della Liturgia odierna, che si offrono al dialogo orante tra noi e la Parola di Dio. La parola, la frase che vorrei proporre alla comune meditazione è questa grande affermazione di san Pietro: "Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini" (At 5,29). San Pietro sta davanti alla suprema istituzione religiosa, alla quale normalmente si dovrebbe obbedire, ma Dio sta al di sopra di questa istituzione e Dio gli ha dato un altro "ordinamento": deve obbedire a Dio. L'obbedienza a Dio è la libertà, l'obbedienza a Dio gli dà la libertà di opporsi all'istituzione.

E qui gli esegeti attirano la nostra attenzione sul fatto che la risposta di san Pietro al Sinedrio è quasi fino ad verbum identica alla risposta di Socrate al giudizio nel tribunale di Atene. Il tribunale gli offre la libertà, la liberazione, a condizione però che non continui a ricercare Dio. Ma cercare Dio, la ricerca di Dio è per lui un mandato superiore, viene da Dio stesso. E una libertà comprata con la rinuncia al cammino verso Dio non sarebbe più libertà. Quindi deve obbedire non a questi giudici - non deve comprare la sua vita perdendo se stesso - ma deve obbedire a Dio. L'obbedienza a Dio ha il primato.

Qui è importante sottolineare che si tratta di obbedienza e che è proprio l'obbedienza che dà libertà. Il tempo moderno ha parlato della liberazione dell'uomo, della sua piena autonomia, quindi anche della liberazione dall'obbedienza a Dio. L'obbedienza non dovrebbe più esserci, l'uomo è libero, è autonomo: nient'altro. Ma questa autonomia è una menzogna: è una menzogna ontologica, perché l'uomo non esiste da se stesso e per se stesso, ed è anche una menzogna politica e pratica, perché la collaborazione, la condivisione della libertà è necessaria. E se Dio non esiste, se Dio non è un'istanza accessibile all'uomo, rimane come suprema istanza solo il consenso della maggioranza. Di conseguenza, il consenso della maggioranza diventa l'ultima parola alla quale dobbiamo obbedire. E questo consenso — lo sappiamo dalla storia del secolo scorso — può essere anche un "consenso nel male".

Così vediamo che la cosiddetta autonomia non libera veramente l'uomo. L'obbedienza verso Dio è la libertà, perché è la verità, è l'istanza che si pone di fronte a tutte le istanze umane. Nella storia dell'umanità queste parole di Pietro e di Socrate sono il vero faro della liberazione dell'uomo, che sa vedere Dio e, in nome di Dio, può è deve obbedire non tanto agli uomini, ma a Lui e liberarsi, così, dal positivismo dell'obbedienza umana. Le dittature sono state sempre contro questa obbedienza a Dio. La dittatura nazista, come quella marxista, non possono accettare un Dio che sia al di sopra del potere ideologico; e la libertà dei martiri, che riconoscono Dio, proprio nell’obbedienza al potere divino, è sempre l'atto di liberazione nel quale giunge a noi la libertà di Cristo.

Oggi, grazie a Dio, non viviamo sotto dittature, ma esistono forme sottili di dittatura: un conformismo che diventa obbligatorio, pensare come pensano tutti, agire come agiscono tutti, e le sottili aggressioni contro la Chiesa, o anche quelle meno sottili, dimostrano come questo conformismo possa realmente essere una vera dittatura. Per noi vale questo: si deve obbedire più a Dio che agli uomini. Ma ciò suppone che conosciamo veramente Dio e che vogliamo veramente obbedire a Lui. Dio non è un pretesto per la propria volontà, ma è realmente Lui che ci chiama e ci invita, se fosse necessario, anche al martirio. Perciò, confrontati con questa parola che inizia una nuova storia di libertà nel mondo, preghiamo soprattutto di conoscere Dio, di conoscere umilmente e veramente Dio e, conoscendo Dio, di imparare la vera obbedienza che è il fondamento della libertà umana.

Scegliamo una seconda parola dalla Prima Lettura: san Pietro dice che Dio ha innalzato Cristo alla sua destra come capo e salvatore (cfr v. 31). Capo è traduzione del termine greco archegos, che implica una visione molto più dinamica: archegos è colui che mostra la strada, che precede, è un movimento, un movimento verso l'alto. Dio lo ha innalzato alla sua destra - quindi parlare di Cristo come archegos vuol dire che Cristo cammina avanti a noi, ci precede, ci mostra la strada. Ed essere in comunione con Cristo è essere in un cammino, salire con Cristo, è sequela di Cristo, è questa salita in alto, è seguire l'archegos, colui che è già passato, che ci precede e ci mostra la strada.

Qui, evidentemente, è importante che ci venga detto dove arriva Cristo e dove dobbiamo arrivare anche noi: hypsosen - in alto - salire alla destra del Padre. Sequela di Cristo non è soltanto imitazione delle sue virtù, non è solo vivere in questo mondo, per quanto ci è possibile, simili a Cristo, secondo la sua parola, ma è un cammino che ha una meta. E la meta è la destra del Padre. C'è questo cammino di Gesù, questa sequela di Gesù che termina alla destra del Padre. All'orizzonte di tale sequela appartiene tutto il cammino di Gesù, anche l'arrivare alla destra del Padre.

In questo senso la meta di questo cammino è la vita eterna alla destra del Padre in comunione con Cristo. Noi oggi abbiamo spesso un po' paura di parlare della vita eterna. Parliamo delle cose che sono utili per il mondo, mostriamo che il Cristianesimo aiuta anche a migliorare il mondo, ma non osiamo dire che la sua meta è la vita eterna e che da tale meta vengono poi i criteri della vita. Dobbiamo capire di nuovo che il Cristianesimo rimane un "frammento" se non pensiamo a questa meta, che vogliamo seguire l'archegos all'altezza di Dio, alla gloria del Figlio che ci fa figli nel Figlio e dobbiamo di nuovo riconoscere che solo nella grande prospettiva della vita eterna il Cristianesimo rivela tutto il senso. Dobbiamo avere il coraggio, la gioia, la grande speranza che la vita eterna c'è, è la vera vita e da questa vera vita viene la luce che illumina anche questo mondo.

Se si può dire che, anche prescindendo dalla vita eterna, dal Cielo promesso, è meglio vivere secondo i criteri cristiani, perché vivere secondo la verità e l'amore, anche se sotto tante persecuzioni, è in sé stesso bene ed è meglio di tutto il resto, è proprio questa volontà di vivere secondo la verità e secondo l'amore che deve anche aprire a tutta la larghezza del progetto di Dio con noi, al coraggio di avere già la gioia nell'attesa della vita eterna, della salita seguendo il nostro archegos. E Soter è il Salvatore, che ci salva dall'ignoranza, cerca le cose ultime. Il Salvatore ci salva dalla solitudine, ci salva da un vuoto che rimane nella vita senza l'eternità, ci salva dandoci l'amore nella sua pienezza. Egli è la guida. Cristo, l'archegos, ci salva dandoci la luce, dandoci la verità, dandoci l'amore di Dio.

Poi soffermiamoci ancora su un versetto: Cristo, il Salvatore, ha dato a Israele conversione e perdono dei peccati (v. 31) - nel testo greco il termine è metanoia - ha dato penitenza e perdono dei peccati. Questa per me è un'osservazione molto importante: la penitenza è una grazia. C'è una tendenza in esegesi che dice: Gesù in Galilea avrebbe annunciato una grazia senza condizione, assolutamente incondizionata, quindi anche senza penitenza, grazia come tale, senza precondizioni umane. Ma questa è una falsa interpretazione della grazia. La penitenza è grazia; è una grazia che noi riconosciamo il nostro peccato, è una grazia che conosciamo di aver bisogno di rinnovamento, di cambiamento, di una trasformazione del nostro essere. Penitenza, poter fare penitenza, è il dono della grazia. E devo dire che noi cristiani, anche negli ultimi tempi, abbiamo spesso evitato la parola penitenza, ci appariva troppo dura. Adesso, sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter fare penitenza è grazia. E vediamo che è necessario far penitenza, cioè riconoscere quanto è sbagliato nella nostra vita, aprirsi al perdono, prepararsi al perdono, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, cioè della purificazione, della trasformazione, questo dolore è grazia, perché è rinnovamento, è opera della misericordia divina. E così queste due cose che dice san Pietro — penitenza e perdono — corrispondono all'inizio della predicazione di Gesù: metanoeite, cioè convertitevi (cfr Mc 1,15). Quindi questo è il punto fondamentale: la metanoia non è una cosa privata, che parrebbe sostituita dalla grazia, ma la metanoia è l'arrivo della grazia che ci trasforma.

E infine una parola del Vangelo, dove ci viene detto che chi crede avrà la vita eterna (cfr Gv 3,36). Nella fede, in questo "trasformarsi" che la penitenza dona, in questa conversione, in questa nuova strada del vivere, arriviamo alla vita, alla vera vita. E qui mi vengono in mente due altri testi. Nella "Preghiera sacerdotale" il Signore dice: questa è la vita, conoscere te e il tuo consacrato (cfr Gv 17,3). Conoscere l'essenziale, conoscere la Persona decisiva, conoscere Dio e il suo Inviato è vita, vita e conoscenza, conoscenza di realtà che sono la vita. E l'altro testo è la risposta del Signore ai Sadducei circa la Risurrezione, dove, dai libri di Mosè, il Signore prova il fatto della Risurrezione dicendo: Dio è il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe (cfr Mt 22,31-32; Mc 12,26-27; Lc 20,37-38). Dio non è Dio dei morti. Se Dio è Dio di questi, sono vivi. Chi è scritto nel nome di Dio partecipa alla vita di Dio, vive. E così credere è essere iscritti nel nome di Dio. E così siamo vivi. Chi appartiene al nome di Dio non è un morto, appartiene al Dio vivente. In questo senso dovremmo capire il dinamismo della fede, che è un iscrivere il nostro nome nel nome di Dio e così un entrare nella vita.

Preghiamo il Signore perché questo succeda e realmente, con la nostra vita, conosciamo Dio, perché il nostro nome entri nel nome di Dio e la nostra esistenza diventi vera vita: vita eterna, amore e verità.





(foto del The Pope Benedict XVI Fan Club)

"Sono nato il 16 aprile 1927, Sabato Santo, a Marktl sull’Inn. In famiglia veniva spesso ricordato che il giorno della mia nascita era l’ultimo della Settimana Santa e la vigilia della Pasqua, tanto più che io fui battezzato il mattino successivo alla mia nascita, con l’acqua appena benedetta della “notte pasquale”, che allora veniva celebrata al mattino: l’essere il primo battezzato della nuova acqua era un importante segno premonitore. Personalmente sono sempre stato grato per il fatto che, in questo modo, la mia vita sia stata fin dall’inizio immersa nel mistero pasquale, dal momento che non poteva non essere un segno di benedizione. [...] Quanto più ci penso, tanto più mi pare una caratteristica della nostra esistenza umana, che ancora attende la Pasqua, non è ancora nella luce piena ma fiducia si avvia verso di essa".

(Joseph Ratzinger, La mia vita)