(AGI) - CdV, 15 apr.
(di Salvatore Izzo)
La decisione di  incontrare e perdonare Susanna Maiolo, la ragazza  svizzera che per due volte ha tentato di aggredirlo con l'intenzione di  graffiargi il volto, come lei stessa ha dichiarato, e che e' riuscita -  la notte di Natale - a farlo cadere sul pavimento di San Pietro (e a  provocare una gravissima frattura al card. Roger Etchegaray) e'  probabilmente il gesto di questi ultimi 12 mesi che ci dice di piu' su  Benedetto XVI, che festeggia domani il suo 83esimo compleanno e lunedi'  prossimo - al rientro da una difficile visita pastorale a Malta - il  quinto anniversario del Pontificato.
Eppure di quell'incontro del 13  gennaio scorso non abbiamo le immagini: se le ha scattate, il fotografo  dell'Osservatore Romano, Francesco Sforza, non ha potuto diffonderle,  perche' il Papa ha voluto che fosse rispettata fino in fondo la dignita'  della giovane.
E non abbiamo neppure le immagini dell'incontro a  pranzo del 24 settembre 2005, quando Ratzinger ha invitato Hans  Kung, il teologo progressista che, con impressionante e  spietato accanimento, piu' di ogni altro lo attacca e lo critica:  attualmente almeno una volta al mese, con cadenze che seguono  evidentemente un ritmo concordato dal suo agente editoriale.
Ne' -  per rispetto questa volta della dignita' di persone incolpevoli -  abbiamo le immagini degli incontri del 2008 con le  vittime dei preti pedofili a Washington e a Sydney, quando - non senza  commozione, raccontano i testimoni - il tedesco Joseph Ratzinger chiese  umilmente perdono per colpe gravissime commesse da altri (e da lui -  troppo a lungo quasi soltanto da lui, purtroppo - perseguite da sempre  con inflessibile severita'): sacerdoti che come Giuda hanno tradito  Gesu' insieme a quei bambini e ai loro genitori che con fiducia li  affidavano alla Chiesa, ma anche vescovi che hanno sottovalutato la  gravita' di questi gravi crimini, macchiandosi anch'essi di un peccato  mortale, come ha denunciato con forza il Papa stesso, mettendo  coraggiosamente sullo stesso piano - ed e' la prima volta che questo  avviene nella Chiesa - i colpevoli di abusi e i conniventi, nella  straordinaria Lettera  ai cattolici di Irlanda pubblicata lo scorso 19 marzo, festa di San  Giuseppe.
Restano invece consegnate alla storia le immagini di  innegabili successi ottenuti dal Pontefice in questo quinto anno di  Pontificato - la visita alla Sinagoga di Roma dello scorso gennaio dopo  le accese polemiche su Pio XII finalmente dichiarato 'Venerabile',  l'ulivo piantato con Shimon Peres a Gerusalemme nel maggio precedente a  conclusione di una visita in Terra Santa resa difficile dai continui  attacchi dei media israeliani che per rimproverare anche a Ratzinger  presunti silenzi sulla Shoah non riportavano nemmeno le parole realmente  pronunciate nel viaggo, e in settembre le folle mobilitate nella  Repubblica Ceca, il Paese piu' ateo d'Europa che il serrato ragionare di  questo 'freddo teologo' ha invece saputo scaldare, solo per fare tre  esempi.
Cosi' come restano altre foto, stavolta scattate in  innumerevoli convegni, che documentano gli applausi convinti del mondo  accademico e di quello dell'economia, in pratica senza eccezioni, per la  sua enciclica sociale 'Caritas in veritate' pubblicata a inizio estate.
Ma  e' proprio l'evangelico rifiuto opposto da Ratzinger alla logica  mediatica che in quelle quattro occasioni avrebbe imposto di  'sacrificare' i suoi interlcutori - la donna che lo ha aggredito, il  teologo accusatore e, a Washington e Sydney, le vittime innocenti degli  stupri - ci restituisce la verita' di un uomo che non cerca il facile  successo e il consenso a basso costo, ne' vuole sottrarre se stesso -  pur sapendosi innocente - al patibolo che gli stanno rumorosamente  costruendo. 
Un pudore che gli ha impedito di  autodifendersi, quando la sua voce avrebbe potuto forse attenuare il  rimbombo inquietante di un tale cantiere, amplificato invece dai media  per tutto il mese che ha separato l'onomastico dal compleanno del Papa,  quattro settimane che sono state forse le piu' lunghe e difficili di  questo Pontificato: fallito il tentativo di coinvolgere l'anziano e  malato fratello nell'affaire pedofilia - un esempio di pessima  informazione perche' gli abusi accertati non riguardavano gli anni nei  quali mons. Georg Ratzinger aveva diretto il coro dei 'passerotti' della  Cattedrale di Ratisbona e, per la verita', nemmeno questa gloriosa  istituzione, bensi' uno dei collegi dove nei lontani anni '50 erano  ospitati alcuni ragazzi - sono iniziate le 'rivelazioni' su presunte sue  connvenze con preti pedofili.
Accuse che in realta' sono state poi  smontate in tutti i tre casi contestati: l'abate "H" riammesso in  servizio pastorale a Monaco contro i suoi ordini quando Ratzinger era  gia' a Roma alla guida della Dottrina della Fede, padre Murphy che e'  morto mentre il processo contro di lui era in corso e non era stato  affatto sospeso, e l'ex prete Stephen Kiesle gia' in carcere per stupro  di minorenni che chiedeva la dispensa per sposarsi.
Su questa  campagna mediatica, don Georg Gaenswein, il segretario personale, ha  fatto nei giorni scorsi alcune dichiarazioni a Bild che possono aiutare a  capire come Joseph Ratzinger viva questo passaggio: "nessuno ha mai  condannato con tanta forza gli abusi come il Santo Padre e la Chiesa  Cattolica", ha ricordato difendendo sia il comportamento in merito agli  scandali di pedofilia all'interno della Chiesa che la scelta di Papa  Ratzinger di rispondere con il silenzio alle accuse. Piu' accurate  ricostruzioni avrebbero permesso di appurare cio' che era davvero  avvenuto e le responsabilita' che erano unicamnte delle chiese locali  tanto a Monaco che negli Usa. "Le critiche costruttive - ha commentato  Gaenswein - sono sempre giuste. Ma non credo che in questo caso le  critiche abbiano avuto questo scopo". Tanto che ora sarebbe "inutile e  insensato" che il Papa commenti "personalmente", cosa che dovrebbro fare  piuttosto i vescovi locali.
Gesu' Cristo "insultato non rispondeva  con insulti; maltrattato non minacciava vendetta, ma si affidava a colui  che giudica con giustizia. Egli porto' i nostri peccati nel suo corpo  sul legno della croce, perche' non vivendo piu' per il peccato,  vivessimo per la giustizia", ha ricordato Benedetto XVI nella messa  crismale del giovedi' santo, citando le parole di San Pietro, primo  Papa. "Proprio cosi' - ha spiegato - serviamo la pace e proprio cosi' ci  troviamo a seguire le orme di Gesu' Cristo".
"I primi  cristiani - del resto - dopo che il Sinedrio li aveva fatti flagellare,  erano 'lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il  nome di Gesu''". "Chi ama - ha sottolineato - e' pronto a soffrire per  l'amato e a motivo del suo amore, e proprio cosi' sperimenta una gioia  piu' profonda. La gioia dei martiri era piu' forte dei tormenti loro  inflitti. Questa gioia, alla fine, ha vinto ed ha aperto a Cristo le  porte della storia". 
"Papa Ratzinger non chiede ad altri di  portare la croce: l'assume di persona, sull'esempio di nostro Signore,  che 'umilio' se stesso' e 'si carico' dei peccati dei fratelli'", ha  scritto sull'Osservatore Romano il vicepresiente della Cei e arcivescovo  di Perugia, mons. Gualtiero Bassetti, rilevando che "Pietro ancora una  volta e' di esempio e di guida: infondendo coraggio nei nostri cuori e  chiedendo di non essere pavidi, di non sfuggire alle responsabilita' e  di confessare le colpe". "Benedetto XVI merita tutto il rispetto e il  sostegno di cui gli giungono ampie testimonianze da ogni parte della  Chiesa", ha commentato da parte sua il portavoce vaticano padre Federico  Lombardi mentre praticamente da tutte le Conferenze Episcopali del  mondo arrivano segnali di unita' della Chiesa attorno a Benedetto XVI.
Secondo  padre Lombardi, collocandosi dalla parte delle vittime, che e' quella  della verita', Papa Ratzinger rappresenta per tutti "una guida coerente  sulla via del rigore e della veracita' ed un pastore all'altezza per  affrontare con alta rettitudine e sicurezza questo tempo difficile, in  cui non mancano critiche e insinuazioni infondate". La "rotta sicura"  che indica alla Chiesa per uscire dalla crisi degli abusi sessuali e',  prima di tutto, quella di continuare "a cercare la verita' e la pace per  gli offesi".
"A un osservatore non superficiale - sono ancora le  parole del portavoce - non sfugge che l'autorita' del Papa e l'impegno  intenso e coerente della Congregazione per la Dottrina della Fede ne  escono non indeboliti, ma confermati nel sostenere e orientare gli  episcopati nel combattere ed estirpare la piaga degli abusi dovunque si  manifesti". Parole pronunciate ai microfoni di Radio Vaticana per  tranquillizzare l'opinione pubblica sul fatto che tutto il fango con il  quale si tenta di sporcare la sua veste bianca non ha scalfito in  Benedetto XVI la coraggiosa determinazione di difendere i bambini del  mondo dalle aggressioni e dalle violenze. Da dovunque provengano.
Auguri,  Santita'.
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