di Tommaso Gomez
Basta, non se ne può più! Che gli stessi soloni che rimproverano ai cattolici di non saper dialogare non s’informino su quello che effettivamente pensano e fanno i cattolici, passi. Ma che poi abbiano l’arroganza di attribuire ai cattolici pensieri e azioni a loro estranei, facendone la caricatura, questo è insopportabile. Dopo Miriam Mafai e Sergio Romano, questa settimana tocca all’insospettabile Isabella Bossi Fedrigotti. Il tema è sempre la Ru486, con i cattolici che, per lei, esigono la sofferenza per la donna che abortisce. Scrive sul Corriere della sera (9 aprile): «Nel mirino la pillola colpevole di interrompere una gravidanza in modo troppo soft, non abbastanza traumatico e doloroso». Basta davvero, gentile signora. E abbia l’umiltà di correggersi, almeno dopo aver letto sullo stesso Corriere (13 aprile) – lo legge, oltre che a scriverci sopra? – la lettera di Eugenia Roccella a Sergio Romano: «C’è un equivoco sulla pillola abortiva Ru486 che continua ostinatamente a circolare, e cioè che si tratti di un metodo meno doloroso, fisicamente e psicologicamente, di interrompere la gravidanza. Lo ha scritto anche lei, nella rubrica del 7 aprile. Non è così». Seguono i fatti che i lettori di è vita sanno a menadito.
Non se ne può più neanche della retorica e della disinformazione su quanto avviene al Policlinico di Bari. Su Repubblica Salute (13 aprile) il direttore Guglielmo Pepe ammette che l’obiezione di coscienza è «un diritto non cancellabile», e ci mancherebbe altro, ma ricorda che lo Stato «deve tutelare chi chiede l’applicazione della legge». E prosegue con una domanda polemica: «La sottosegretaria alla Salute, Roccella, tanto solerte e rigorosa sulla somministrazione della Ru486, cosa sta facendo per far rispettare la 194?». Ah, il rispetto della 194!
Se la si rispettasse, l’aborto dovrebbe avvenire sempre e solo in ospedale. Se la si rispettasse sul serio, come Pepe non può ignorare, si dovrebbe innanzitutto cercare di rimuovere le cause che inducono la donna ad abortire.
Ma proprio la Puglia, denuncia sul Foglio
(10 aprile: Pepe legge il Foglio? ) Roberto Volpi, «non ha mosso paglia per applicare la 194 nelle sue parti più innovative. Ha una struttura consultoriale disastrata, al limite dell’inconsistenza più totale, quando proprio i consultori dovrebbero essere alla base di un’applicazione della legge che ne valorizzi gli aspetti più sociali, comunitari e di sostegno della donna che intende abortire ma potrebbe, a certe condizioni, essere convinta a fare la scelta opposta». Eppure proprio la Puglia, leader nazionale per gli aborti, è all’avanguardia nella Ru486, e già duecento donne avevano partecipato alla sperimentazione. Mentre mancano i consultori e la 194 non è applicata, i toni sono entusiasti. Dall’edizione barese di Repubblica (13 aprile), ecco l’esultanza di Nicola Blasi, responsabile della terapia: «I centralini sono in tilt, siamo subissati di richieste, continuano a chiamare tantissime donne per prenotare il trattamento con la Ru». Lo chiama proprio così, «trattamento».
© Copyright Avvenire 15 aprile 2010