DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Irène Némirovsky e l’apologia del matrimonio. Di Cesare Cavalleri

N ell’undicesimo romanzo pubblicato da Adelphi, Due (pp. 240, euro 18,50), Irène Némirovsky compie la prodezza di celebrare l’apologia del matrimonio narrando una serie di intrecciati adulterii.
Pubblicato nel 1939, il romanzo indaga con ossidianica penetrazione psicologica il trapasso dal fervore della giovinezza al compimento dell’età adulta, dalla passione dei sensi alla serenità
coniugale. Al tempo di
Due ,
l’autrice aveva trentasei anni: balzata alla notorietà con il folgorante esordio di David Golder
(1929), aveva già pubblicato
Il ballo (1930),
Come le mosche d’autunno
(1931), L’affare Kurilov (1933), Jezabel
(1936). La chiave del romanzo è nella domanda cruciale che Dominique rivolge a sé stesso, giustamente rilevata nella

Vita di Irène Némirovsky,

di Olivier Philipponnat e Patrick Lienhardt

(Adelphi, 2009) e ripresa nel risvolto di copertina di

Due :
«Come avveniva, nell’unione coniugale, il passaggio dall’amore all’amicizia? Quando si cessava di tormentarsi l’un l’altro per volersi finalmente bene?» Dominique non troverà la risposta: amava Solange, ma non si decideva a sposarla, e lei cedette alla ricambiata passione di Gilbert fino alla decisione di un cruento aborto che la debiliterà fisicamente e amareggerà il matrimonio con lo stesso Gilbert.
La risposta la troveranno Antoine e Marianne, i protagonisti del romanzo.
Siamo nei primi anni Venti: Antoine, come Dominique, Gilbert e altri amici sono reduci dalla guerra, mordono la vita con l’avidità di chi è stato a contatto con la morte nel fango delle trincee: e le ragazze, Marianne, le sue sorelle, le sue amiche, sono nel momento magico dello splendore della gioventù, in quell’affacciarsi alla bellezza in cui il proprio doppio interiore contempla l’immagine di sé.
Antoine ha un’amante matura, una donna divorziata di cui Marianne è segretamente gelosa. Ma
Antoine e Marianne, fra ripicche, silenzi e bugie, sanno di essere predestinati e si sposeranno. Nasceranno due e poi tre figli. Antoine diverrà amante dell’abbagliante sorella minore della moglie, Evelyne, che per lui si suiciderà. Marianne lo intuirà silenziosamente, ma saprà sorreggere Antoine nel momento più tremendo dello sconforto e del rimorso, rinunciando all’appuntamento con Dominique verso il quale stava nascendo una passione.
Che cosa, dunque,
distingue il matrimonio dall’adulterio, dalle avventure, dalle soddisfazioni sessuali? È quel qualcosa che Antoine e Marianne hanno avvertito durante la cerimonia: «Chinavano la fronte con perfetta sincronia sotto le raffiche dell’organo e si sentivano, per la prima volta nella vita, ostaggi di qualcosa di più forte di loro».
È quel «qualcosa di più forte» che, nonostante gli errori, i tradimenti, fa sì che gli anni di vita in comune compiano, all’insaputa degli sposi, il loro lavoro segreto: «Di due esseri ne avevano
fatto uno solo. Potevano scontrarsi, a tratti odiarsi, ma erano uno, come due fiumi che hanno mescolato il loro corso».
Come accadde agli scostanti e angolosi genitori di Antoine: in punto di morte, il padre, abbandonando la sua mano in quelle della moglie, troverà la forza di chiamarla con il soprannome segreto che né Antoine né i suoi fratelli avevano mai sentito pronunciare.
In un’intervista radiofonica in occasione dell’uscita di
Due , Irène Némirovsky, fattasi a un tratto seria e misteriosa, disse: «Il matrimonio finisce solo con la morte».
E, rivolgendosi a monsignor Ghika, aggiunse: «Mio marito si è improvvisamente ammalato. Si teme una polmonite. È in clinica. Il mio medico mi rassicura, ma sono triste e preoccupata. Monsignore, vi supplico, voi che siete ascoltato da Gesù più di noi poveri peccatori, pregate perché mio marito guarisca presto».
Irène e il marito, nonostante la conversione dall’ebraismo al cattolicesimo, moriranno ad Auschwitz nel 1942, a pochi mesi l’una dall’altro.


© Copyright Avvenire 7 aprile 2010