DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Le telefonate di Bonaparte. Quando Napoleone fu sospeso dai giudici del suo impero. di Giorgio Israel

«Ho le prove del suo tradimento con l’Austria, fate entrare l’infame», disse Napoleone ai suoi attendenti. La porta si aprì ed entrò il ministro Talleyrand, principe di Benevento. «Meritereste che vi facessi a pezzi come vetro, ne ho il potere ma vi disprezzo troppo per fare questa fatica», lo aggredì l’Imperatore, aggiungendo poi con tono secco e staffilante: «Vous êtes de la merde dans un bas de soie» (siete della merda in una calza di seta). «Vi caccio, andate il più lontano possibile dalla mia ira». Il ministro si allontanò zoppicando sul suo bastone. Intanto un’ombra che nessuno vide scivolava via dietro una pesante tenda. Anzi, le ombre erano due.
Nell’ufficio del Procuratore imperiale, l’Intercettatore faceva il suo rapporto. «E così lo ha licenziato senza preavviso e per giunta insultandolo proprio con quelle parole sconvenienti?», chiese il magistrato. L’Intercettatore confermò. Il verbale fu compilato con cura. Poche ore dopo, mentre il verbale poteva essere letto su tutte le gazzette parigine con titoli del tipo “L’Imperatore si dà al turpiloquio”, il principe Tayllerand, convocato d’urgenza nell’ufficio del Procuratore imperiale, si sentiva apostrofare così dall’alto magistrato: «Quindi siete stato licenziato senza preavviso e con quel linguaggio?». – «Ma non importa, a me va bene così, sono stufo delle sue guerre. Lasciamolo fare i suoi errori: sono peggio di crimini. E non so nulla di insulti. I giornali riportano indiscrezioni senza fondamento». – «Eh no, principe! Ecco il verbale delle intercettazioni, confermate da ben due Intercettatori imperiali. Vuol forse negare l’evidenza? In tal caso la incriminerò per falsa testimonianza, oltre che per aver violato la legge sul licenziamento per giusta causa». – «Ma allora – replicò Talleyrand – c’è stata una fuga di notizie dalla Procura». «Non sono fatti suoi! – urlò il Procuratore sbattendo la mano sulle carte – Apriremo un’inchiesta. Frattanto, o lei conferma tutto e riassume il suo posto oppure la incrimino».
Il principe uscì sospirando mentre, dall’altra parte della capitale, un usciere presentava all’Imperatore un avviso di garanzia che gli intimava di presentarsi seduta stante in Procura. «Ho una seduta del Consiglio di Stato», esclamò infuriato Napoleone. «Dite al Procuratore che sta intralciando gli affari di governo!». Non ci fu nulla da fare, dovette presentarsi, pena l’arresto per oltraggio alla magistratura. Il Procuratore gli intimò perentoriamente di riassumere Tayllerand, altrimenti sarebbe stato incriminato per violazione della legge sul licenziamento per giusta causa e con preavviso. Per aver fatto ricorso a un turpiloquio politicamente scorretto, venne decretata la sua sospensione dai pubblici uffici in attesa di giudizio. «Ma ho una guerra in preparazione!», esclamò l’Imperatore. «Ogni guerra è sospesa e ogni attività di governo è sottoposta al controllo della Procura – replicò il magistrato seccamente – e ringrazi Iddio che, data la sua carica a vita, debbo limitarmi alla sospensione anziché all’interdizione. E non provi a fare colpi di testa altrimenti arresto oltre a lei quel mascalzone del suo ministro di Polizia Fouché».
I limiti di questa nota impediscono una riscrittura della storia quale si legge sui manuali. Ogni lettore può provare a ricostruirsela da solo, ma è chiaro che tutto fu molto più statico. Di certo, non vi fu alcuna Waterloo e Sant’Elena rimase uno scoglio sconosciuto. Pare che i francesi si siano annoiati molto e che nel 1848 sia scoppiata una rivolta a Parigi. La città si riempì di barricate e la Procura fu presa d’assalto al grido di «Viva la merda nelle calze di seta», «A morte il politicamente corretto».