DI R ICCARDO M ICHELUCCI
A dolf Hitler ed Eva Braun sono stati marito e moglie soltanto per un giorno, ma neanche la morte è riuscita a separarli. Se le conclusioni di quella che è stata definita «la prima biografia accademica » della consorte del Führer si riveleranno esatte, potrebbero aprire la strada anche a una profonda ridefinizione della personalità del dittatore nazista. Nel suo volume Eva Braun: Life with Hitler, appena pubblicato dalla prestigiosa casa editrice Beck, la storica berlinese Heike Görtemaker ribalta le tesi di studiosi di spicco come Ian Kershaw e Hugh Trevor-Roper - che l’avevano definita una figura 'priva di interesse' - o come il più famoso biografo di Hitler, Joachim Fest, secondo il quale la Braun era solo una donna stupida e ignorante che pensava al cinema e alla moda quasi senza accorgersi della barbarie che la circondava.
Al termine di una ricerca che le è costata tre anni di lavoro e l’ha portata a esaminare lettere, foto e documenti in parte inediti, Görtemaker sostiene che il ruolo di Eva Braun è stato ampiamente sottovalutato perché la donna fu in realtà un elemento chiave del ristretto circolo di Hitler e un membro importante della macchina della propaganda nazista. Per dimostrarlo, la studiosa ha accantonato le ricorrenti dicerie e gli aneddoti morbosi sulla coppia per delineare quello che sarebbe stato un rapporto di grande affiatamento e intimità, capace di spiegare lati finora inesplorati della psiche del Führer. Una relazione nata nel 1932 - alcuni anni dopo il loro primo incontro, nel negozio del fotografo Heinrich Hoffmann - e destinata a concludersi tragicamente con il doppio suicidio nel bunker di Berlino, il 30 aprile 1945. L’equivoco di fondo che avrebbe indotto in errore tanti storici illustri sarebbe nato dalle famose interviste di Trevor-Roper ad Albert Speer. «La figura di Eva Braun deluderà tutti gli storici, nessuna donna ha avuto un ruolo significativo nella storia del partito nazista », affermò in quell’occasione l’architetto del Führer.
Ma secondo Görtemaker si tratterebbe di affermazioni volutamente false che intendevano proteggere le mogli e le donne degli ufficiali del Reich da processi e condanne post-belliche. Funzionali a questo scopo sarebbero state le stesse parole di Hitler, quando confessò che «la migliore cosa che un uomo intelligente può fare è scegliere una donna stupida e primitiva». Questa nuova biografia dimostra al contrario che la Braun non fu una semplice spettatrice di quanto stava accadendo, e che soprattutto non fu la sfortunata ragazza innamorata del demonio ma una figura più complessa, politicamente impegnata e vicina al nazismo, per la quale il Führer nutriva un amore sincero e dalla quale ricevette in cambio un sostegno psicologico concreto. Alcune foto inedite analizzate dalla studiosa dimostrerebbero la grande considerazione che Hitler aveva nei suoi confronti: la donna presenziò a molti incontri segreti tra il dittatore e i suoi gerarchi e fu al suo fianco in momenti di grande tensione, come quelli che precedettero l’accordo con Stalin per la spartizione della Polonia. Eva Braun avrebbe avuto un ruolo anche nei piani per trasformare la città austriaca di Linz nella capitale culturale del Reich, luogo dove la coppia pensava di ritirarsi dopo la fine della guerra.
Inoltre, il testamento fatto redigere da Hitler nel 1939 cita il nome della donna subito dopo quello del partito, e stabilisce che questo avrebbe dovuto garantirle un cospicuo vitalizio con fondi propri. Con l’approssimarsi della fine, il Führer cercò disperatamente di metterla in salvo, intimandole di lasciare Berlino per trovare un rifugio sicuro in Baviera, ma ricevette da lei un netto rifiuto.
Un libro della storica berlinese Heike Görtemaker smentisce gli studi di Fest e Trevor Roper: il suo ruolo non fu affatto marginale
© Copyright Avvenire 21 aprile 2010
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