LORENZO ROSOLI
l 52,8% dei giovani italiani si dichiara «cristiano cattolico». Era il 66,9% nel 2004: meno 14,1% in sei anni, dunque. Nello stesso periodo sono cresciuti dal 12,3 al 22,8% i «credenti che non si identificano in una Chiesa», mentre cala solo del 3% la quota di giovani che ritiene importante la religione per la propria vita e si registra addirittura una leggera crescita – dal 10 all’11,6% – fra quanti definiscono «molto importante » la religione.
I nuovi volti della religiosità. Sono alcuni fra i dati più interessanti dell’indagine nazionale I giovani e il futuro con o senza la fede realizzata su un campione di mille ragazzi fra i 18 e i 29 anni dall’Istituto Iard di Milano su incarico dell’Associazione culturale «La Nuova Regaldi» della diocesi di Novara, nell’ambito di Passio 2010 , manifestazione culturale dedicata quest’anno al tema Eschatos. Il futuro del cosmo e della storia . L’indagine – presentata ieri nel Salone d’Onore della Prefettura di Novara dal sociologo Riccardo Grassi dello Iard e analizzata da don Luca Bressan, docente di Teologia morale alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano – offre il ritratto di un mondo giovanile che non ha voltato la spalle alla spiritualità e alla religiosità, ma che tende a vivere il sacro in maniera sempre più individualista e sganciata dall’appartenenza ecclesiale. A offrire
I ragazzi che dichiarano la loro appartenenza alla Chiesa sono passati in sei anni dal 66,9% al 52,8%. Secondo un’indagine Iard il mondo giovanile non ha voltato le spalle al sacro, ma lo vive in modo più individualista
il termine di paragone col 2004 è un’indagine dello stesso Iard sui giovani, la religione e la vita quotidiana. In questi sei anni i giovani non credenti o agnostici sono passati dal 18,7 al 21,8%, i «credenti che non si identificano in una Chiesa» come detto dal 12,3 al 22,8%, i «cattolici non praticanti» dal 23,1 al 20%, i cattolici «intimisti» e i «ritualisti» dal 25,9 al 17,4%, i «cattolici praticanti» dal 18,1 al 15,4%. Se negli ultimi sei anni è cresciuta dal 10 all’11,6 la percentuale di giovani che attribuiscono «moltissima» importanza alla religione, sono calati dal 23,9 al 19,3% quanti danno «molta» importanza alla fede, mentre quanti danno «poca» importanza sono passati dal 18,7 al 23,7%.
Credere? «Fa bene». Guardando alle diverse 'categorie' in cui si articola l’universo giovanile – dai praticanti agli intimisti-ritualisti fino agli atei – si osserva come alla fede venga riconosciuta soprattutto una funzione di sostegno psicologicorelazionale e di guida – con la sua capacità di illuminare una speranza e un senso per la vita; incide meno, invece, quale riferimento morale, aiuto a distinguere il bene dal male. Complessivamente l’indagine Iard conferma, rispetto al 2004, una «polarizzazione» tra una minoranza crescente di giovani «molto coinvolti» e una maggioranza che, seppur interessata alla dimensione spirituale, partecipa in maniera saltuaria a riti, proposte, iniziative 'istituzionali' con «percorsi di ricerca del sacro di tipo più individualistico». Altri dati eloquenti: fra il 2004 e il 2010 cala la partecipazione alla Messa di Natale (dal 56 al 46,6%) e alla Veglia di Pasqua (dal 27,9 al 26,3%), cresce quella a processioni religiose (dal 26 al 29,3%) e a pellegrinaggi a mete sacre (dal 9,7 al 11,6%).
Fra scienza e bioetica. La fiducia nella Chiesa, in fortissimo calo fra i non credenti, si è ridotta anche fra i praticanti (39%). Altri dati «sembrano indicare un processo di 'tifizzazione'», si legge nella ricerca, con la creazione di «gruppi contrapposti » pro o contro la Chiesa. Ulteriore polarizzazione corre sul crinale del rapporto tra scienza e fede: conciliabili, secondo i praticanti, inconciliabili secondo i non credenti. Spartiacque incandescente è poi la bioetica. E non solo fra credenti e non credenti. Anche fra i giovani che si dicono «cattolici praticanti» si segnalano posizioni in contraddizione con la dottrina: il 28,9% dice sì all’eutanasia; il 22,3% all’aborto; il 31,1 alla fecondazione assistita eterologa; il 21,5 alla pena di morte.
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© Copyright Avvenire 21 aprile 2010
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