La festa di Pasqua riporta il cristiano
al cuore della sua fede: la
resurrezione. Se Cristo non fosse risorto,
infatti, la nostra fede sarebbe del tutto
“vana”. La resurrezione, quindi, è, come
ha scritto padre Livio Fanzaga, “l’unica
notizia veramente interessante di tutta la
storia umana”. Una notizia la cui eco si
sta perdendo sempre più, nella chiesa,
anzitutto, e nel mondo. Eppure si tratta,
adattando un’espressione di Montale, del
filo che permette di disbrogliare la
matassa intricata delle vicende umane,
dell’incessante litania di uomini, di fatti
e parole che si succedono da millenni.
Per questo la notizia trova ancora,
nonostante tutto, appassionati banditori.
Come Gian Giacomo Ferri, autore del
“L’uomo e il suo destino” (Campedèl,
Belluno), un tomo di oltre 700 pagine
dedicato interamente a questo
“avvenimento storico”. Ferri è un medico
in pensione, già presidente della
Associazione nazionale primari
ospedalieri. Un uomo con una vastissima
e vivida cultura scientifica, filosofica e
teologica, che nella vita, causa la sua
professione, ha incontrato il dolore, la
malattia, la fragilità umana e la morte;
eppure egli ha voluto dedicare il suo
lavoro “preferito” a sviscerare non la
morte di Cristo, non la sua passione, ma
la sua gloriosa resurrezione. Quasi a
dirci che quando esercitava la
professione medica ha guardato sempre i
suoi pazienti non come agglomerati di
materia, più o meno nobile o sana, ma
come creature immortali, redente, amate
da Dio stesso. Con un destino
ultraterreno che solo rende significativo
e saporito il nostro pellegrinaggio su
questo pianeta. Il mondo
contemporaneo, sostiene Ferri,
purtroppo “si muove nell’ambito di un
paradigma filosofico che definiremo
‘monismo immanente’. Monismo in
quanto in questo paradigma è ammessa
l’esistenza di un’unica sostanza e non più
quindi due sostanze, una spirituale e una
materiale” come nell’apparente
“dualismo” cristiano (da non confondere
con quello gnostico o orientale).
“‘Immanente’ inteso come termine
contrapposto a ‘trascendente’. In questo
paradigma infatti il pensiero rimane in
tutto e per tutto nei limiti dell’esperienza
possibile rinunciando quindi ad andare
al di là di essa, cioè di trascenderla,
chiudendo con ciò la porta alla
conoscenza metafisica”.
Novissimi démodé
Ferri si sofferma anche sulla crisi del
concetto di resurrezione presente nella
chiesa. Oggi i novissimi (morte, giudizio,
inferno, paradiso), cioè le notizie
sempre valide, che non scadono mai,
sono spesso occultati. Cristo assomiglia
sempre di più, per molti suoi ministri e
fedeli, a Confucio o a Budda: ridotto ad
annunciatore di una filosofia umana, di
una morale. Messa tra parentesi la sua
morte, si dimenticano concetti cristiani
essenziali: sacrificio, martirio,
abnegazione. Annacquando la sua
resurrezione, non si distingue più ciò
che essa insegna, cioè il dualismo
buono, tra anima e corpo, aldilà e
aldiqua, cielo e terra, eternità e storia,
bene e male, e tutto viene vissuto e
giudicato alla luce di categorie
puramente umane. Così il cristiano
finisce per muoversi nel mondo come il
materialista. Finisce per guardare alla
salute e alla malattia, alla ricchezza e
alla povertà, al peccato e alla virtù, alla
vita e alla morte, senza quella capacità
di valutare tutto, in ultima analisi, alla
luce della resurrezione. Aspirando, al
più, ad una “piccola immortalità
terrena” (potere, fama, onori, perfezione
fisica…) che altro non è che la
disperazione di una Salvezza vera. Ma
se c’è una sola vita, quella terrena, e una
sola morte, eterna, allora in cosa l’uomo
differisce da un sasso o da un animale?
“Se i morti non risorgono, affermava san
Paolo, mangiamo e beviamo, perché
domani moriremo”. E Pavel Florenskij,
citato da Ferri come esempio di
scienziato, uomo di fede e martire,
scriveva: “Non è vana la nostra fede, né
le imprese dello spirito, perché Cristo è
risorto. Nel fluire confuso degli eventi si
è trovato un centro, è stato scoperto un
punto d’appoggio: Cristo è risorto! Esiste
una sola verità: Cristo è risorto. Se il
Dio-Uomo non fosse risorto, allora tutto
il mondo sarebbe divenuto
completamente assurdo e Pilato
avrebbe avuto ragione con la sua
domanda sprezzante: cosa è la verità?”.
Francesco Agnoli
© Copyright Il Foglio 1 aprile 2010