DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Ciao Neodarwin. La “chiesa neodarwinista” e la sua assurda pretesa di sostituirsi alla religione sconfessate dal grande genetista Lewontin

l’oppio della gente”, ripete Richard
Lewontin nel suo gergo che ricorda la militanza
a sinistra negli anni Sessanta. Non
c’è nulla che causi più dolore alla scuola
neodarwinista, oggi maggioritaria nella
pubblicistica sull’evoluzione, delle parole
del professor Lewontin, genetista di fama
internazionale e luminare dell’Università
di Harvard, dove i suoi corsi con Stephen
Jay Gould sono rimasti leggendari. Il nome
di Lewontin spicca nei ringraziamenti del
libro “What Darwin got wrong” di Massimo
Piattelli-Palmarini e Jerry Fodor. Il libro,
che tra due settimane uscirà in Italia
per le edizioni Feltrinelli, smonta il “neodarwinismo
assunto come assioma”, questa
micidiale ideologia che “non viene
mai, letteralmente, messa in questione”.
“Abbiamo dedicato entrambi energie e inchiostro
per controbattere alcune delle
più famose fra queste derive neodarwiniste,
ma pensiamo che sia necessario estirpare
l’albero dalle radici; dimostrare che
la teoria di Darwin della selezione naturale
ha delle falle fatali”.
Una dottrina caricaturale e antiscientifica
Hanno torto gli amici scienziati che hanno
bacchettato i due autori “perché pensano
che stiamo uccidendo un uomo morto”.
Il neodarwinismo è potente come non mai,
è uno dei più intoccabili mostri sacri della
cultura contemporanea. Dopo la fine del
marxismo, il neodarwinismo è assurto poi
come il più poderoso vessillo antireligioso.
Metterlo in discussione significa vedersi
chiudere ogni porta in ambito accademico.
Per capire come la critica più spietata al
neodarwinismo sia cresciuta, oltre che in
un ambito religioso, soprattutto nel cosiddetto
“evoluzionismo revisionista”, occorre
parlare con il professor Lewontin. La
bestia nera della chiesa neodarwinista, a
cominciare dal biologo ateista Richard
Dawkins, è questo rinomato genetista di
Harvard, agnostico ma non militante, nato
a New York e famoso per la grande attività
di divulgatore. Lewontin definisce senza
tanti complimenti “caricaturale” il neodarwinismo,
bersaglio prediletto anche di
Fodor e Piattelli-Palmarini. Ed è sempre
Lewontin che con un altro grande evoluzionista,
Stephen Jay Gould (convinto, al contrario
dei moderni ateisti d’assalto, che la
“possibile supremazia di Dio sulla natura
non possiamo commentarla in quanto
scienziati”), ha chiamato “post panglossiani”
i neodarwinisti. Coloro, cioè, che pretendono
di spiegare con modelli caricaturali
spacciati per scientifici qualsiasi evidenza
osservativa. Ad esempio, perché abbiamo
cinque dita? Ma perché sei sarebbero
troppe e quattro troppo poche.
Lewontin è nemico di “un tipo di darwinismo
volgare, caratteristico di fine Ottocento
e riportato in auge negli ultimi dieci
anni, che vede tutti gli aspetti della forma,
della funzione e del comportamento
di tutti gli organismi come foggiati fino all’ultimo
dettaglio dalla selezione naturale”.
A Massimo Piattelli-Palmarini, in occasione
di un incontro a Venezia sulle teorie
ultradarwiniste, Lewontin ha detto
che “i neodarwinisti escogitano delle sto-
rie ingegnose e plausibili, ma non c’è alcun
modo di controllare se esse corrispondono
o meno alla verità. Non dico
che siano false, dico solo che non sappiamo,
né sapremo mai, se lo sono. Sono di
scarso valore scientifico”.
A Lewontin, che sta scrivendo una recensione
del libro di Fodor e Piattelli-Palmarini
per la celebre New York Review of
Books, chiediamo subito un commento sul
libro. “Si tratta di un saggio molto importante
che sarà del tutto ignorato dagli evoluzionisti.
L’opera di Darwin è piena di
ambiguità e di contraddizioni. Fodor e
Piattelli-Palmarini sono corretti quando
tracciano la crisi della dottrina evoluzionistica.
La selezione naturale non è una
nozione mistica, come tendono invece a
definirla i neodarwinisti. Ci sono ormai
troppe risposte che vanno sotto il nome di
‘selezione’, ma che non rispondono alle
grandi domande. Sono risposte vuote. I
cultori dell’evoluzionismo come Dennett e
Dawkins hanno fatto dell’evoluzione una
nozione astratta. Preferisco parlare di evoluzione
con i miei amici biologi e chimici.
Oggi sappiamo che ci fu una evoluzione, e
questo è un fatto, ma non è lo stesso che
dire ‘perché’ questa evoluzione abbia avuto
luogo. La domanda deve essere posta
sul ‘come’, mentre il ‘perché’ non appartiene
alla scienza, ma alla religione. I neodarwinisti
vogliono invece creare significato.
Per questo non dobbiamo porre domande
troppo grandi sull’evoluzione”.
Lewontin ha sempre riflettuto su questi
temi nel corso degli anni. “Ho aperto la
mia mente su queste domande. Ho realizzato
che l’ambiente non è qualcosa di fisso
e che non c’è una evoluzione verso l’adattamento.
L’ambiente invece si costruisce.
Per questo ho criticato il determinismo
genetico. I geni non fanno un organismo,
non puoi predire l’evoluzione di un
organismo a partire dal Dna. Devi tenere
conto anche dell’ambiente. C’è una costante
interazione fra interno ed esterno. Il fatto
che un organismo è il risultato di esterno
e interno finisce con il modificare anche
la comprensione dell’evoluzione. Il riduzionismo
è invece semplicistico su queste
materie. E’ un non senso. Il premio Nobel
James Watson ad esempio non ha capito
nulla sull’ambiente, ma pensa che siano
i geni a determinare tutto. Ha persino
detto che da una sequenza del Dna sarebbe
in grado di ricondurre a un organismo.
Nella stampa e nell’opinione pubblica
questa è una idea del tutto dominante e
maggioritaria. Così in medicina c’è la tentazione
di ricondurre le malattie ai soli geni.
Il progetto Genoma Umano a mio avviso
è stata una completa perdita di tempo”.
Secondo Lewontin, nessuno ha ancora mostrato
come i tratti più interessanti della
natura umana come la religiosità, il talento
musicale, l’ambizione, la sete di celebrità,
la sete di potere, il conformismo e simili,
discendono da strutture cerebrali
che a loro volta discendono dal programma
genetico della nostra specie. “Per capire
meglio la natura umana, preferisco
leggere i libri di Tolstoj, piuttosto che i loro
libri”. Piuttosto che gli abbecedari del
neodarwinismo.

© Copyright Il Foglio 1 aprile 2010