DI F RANCESCA B ERTOLDI
F ermato pochi attimi prima che “firmasse” una strage. Era vestito con un corpetto esplosivo ed era stato addestrato per seminare la morte in un mercato affollato o a un posto di blocco della polizia. Non un kamikaze “qualsiasi” ma un bambino iracheno di circa dieci anni. Ha fallito il suo compito solo per un istante di indecisione e forse di panico. È accaduto proprio mentre l’Iraq sta conoscendo una nuova escalation di sangue: in 5 giorni sono morte almeno 150 persone.
È successo ieri nei pressi di Falluja, 75 chilometri a ovest di Baghdad, a pochi passi da un posto di blocco delle polizia: secondo quanto riferito dal capitano Anas al Issawi, alcuni agenti, insospettiti dall’atteggiamento insolito del ragazzino, lo hanno avvicinato inducendolo a scappare. Dopo la sua breve corsa, il bambino è stato bloccato e gli è stato trovato indosso una cintura imbottita di esplosivo. Secondo il capitano, il ragazzino avrebbe poi raccontato di esser stato rapito quattro giorni fa dalla sua casa di Amiriya, a sud di Falluja, e di esser stato condotto in un villaggio isolato per esser preparato a compiere l’operazione suicida. Interrogato, il bambino avrebbe fornito informazioni sul tipo di veicolo usato dai suoi rapitori: identificati come «membri di al-Qaeda», tre di loro sarebbero stati arrestati. Ma i resoconti forniti dalla stampa locale divergono: secondo la tv di Stato al-Iraqiya, il ragazzo, di cui non si conosce l’identità, è invece stato notato assieme a tre uomini mentre si aggirava tra i banchi del mercato di frutta e verdura di Habbaniya, 25 chilometri a nord di Falluja. I quattro sarebbero stati quindi fermati e il corpetto letale indosso al bambino sarebbe stato scoperto al momento della perquisizione.
Un’altra versione dei fatti è riferita da altri organi di stampa che citano «fonti della polizia locale», questa volta anonime: il bambino non sarebbe tale ben- sì un adolescente di 15 anni, arrestato non a un posto di blocco a sud di Falluja né a un mercato a sud della città, ma nella sua stessa casa di Amiriya, trovato – «grazie a una soffiata» – «seduto sul divano con indosso il corpetto esplosivo» e in stato confusionale.
Gli inquirenti sarebbero anche risaliti ai suoi addestratori: una non meglio identificata donna, forse di al-Qaeda, sulle cui mani sono state trovate tracce dello stesso esplosivo contenuto nella cintura allacciata attorno al ragazzo. Lo avrebbero convinto ad agire per «guadagnarsi il paradiso» e per «vendicare il padre» morto due anni fa.
In attesa di chiarire i contorni di questa inquietante vicenda, rimane lo sgomento di un Paese che non è nuovo al fenomeno dei cosiddetti baby-kamikaze: il primo, anch’esso di una decina di anni, si fece esplodere a Kirkuk nel 2005 contro un convoglio di polizia. Due anni dopo, le forze Usa uccisero un «importante capo di al-Qaeda» accusato, tra l’altro, di addestrare aspiranti autisti suicidi di autobomba di 1213 anni.
Nel 2008 fece scalpore la diffusione di un video amatoriale in cui si mostravano giovanissimi iracheni, con un’età compresa tra gli 8 e i 14 anni, addestrati da sedicenti miliziani, mentre è di un anno e mezzo fa la notizia del primo attentato suicida commesso da una bambina: aveva 13 anni e si uccise assieme alla madre, anche lei kamikaze.
Il minore sarebbe stato rapito e poi costretto a indossare un corpetto esplosivo per «vendicare il padre morto»