«La pillola ha molti vantaggi  rispetto  all’aborto  chirurgico. È una tecnica  più semplice, più accessibile,   meno dolorosa».  Il Consiglio  superiore di sanità si è espresso  tre volte sulla Ru486,  con composizioni  diverse e tre differenti ministri della Salute   (Storace, Turco e Fazio), ma sempre nella stessa direzione: l’aborto  chimico comporta rischi maggiori di quello chirurgico. In ogni parere si  indica il ricovero  ospedaliero per l’intero percorso abortivo. Dal  New England Journal of Medicine  sappiamo che la mortalità per aborto con Ru486 è dieci volte maggiore   di quella con aborto chirurgico. Letteratura scientifica e prassi  medica mostrano che l’aborto chimico è più doloroso del metodo  chirurgico.
   «L’ospedale non è un carcere, se la donna  vuole uscire dopo aver  preso la pillola deve  poterlo fare».  Il ricovero ospedaliero fino ad aborto avvenuto non è una misura  punitiva, ma una tutela per evitare che le donne si trovino in  situazioni  di rischio – come un sanguinamento che diventa emorragia –  senza la dovuta assistenza. Dire  che si può abortire a casa significa  suggerire che la Ru486 ha pochi rischi. Non bisogna poi sottovalutare   l’impatto psicologico, dovuto sia alla lunga  durata della procedura –  mediamente tre giorni – che alla necessità di autogestire i sintomi e  monitorare  le perdite di sangue, osservando il 'materiale  biologico'  espulso, nel quale più della metà delle donne dichiara di riconoscere  l’embrione abortito.
   «La Ru486 è adottata in molti Paesi senza  tutte le polemiche che ci  sono da noi. Colpa  della Chiesa».  La Ru486 è adottata diffusamente  solo in tre Paesi occidentali:  Francia, Gran Bretagna e Svezia, dove medici e politici l’hanno  promossa, introducendo nella prassi l’aborto a domicilio.  In altre  nazioni, dove la Chiesa cattolica ha poco peso – come l’Olanda – l’uso è  di qualche punto  percentuale. Le polemiche italiane sono legate al  fatto che la Ru486 è compatibile con la 194 solo se l’aborto avviene in  regime di ricovero ospedaliero ordinario: i sostenitori della Ru486,  invece, nascondendosi  dietro il day hospital, vogliono cambiare  nei  fatti la legge 194 consentendo l’aborto a   domicilio.
« Il modo per ridurre gli aborti non è  limitare la Ru486 ma fare  educazione  sessuale nelle scuole » .  Le politiche di promozione dell’educazione sessuale nei programmi  scolastici, intese come diffusione dell’informazione sulla  contraccezione, si sono dimostrate fallimentari: i Paesi che più le  hanno praticate hanno aborti costanti ( Francia) o in continuo aumento  (Gran Bretagna) specie fra le  minori.  (èV)
© Copyright Avvenire 8 aprile 2010