DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Pasqua, lievito nuovo per il mondo. Mons. Bruno Forte

ROMA, sabato, 3 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito una riflessione di mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto.

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“O Signore dei mondi, è perfettamente chiaro al Tuo cospetto che è nostra intenzione compiere la Tua volontà. Ma chi ce lo impedisce? Il lievito che è nell’impasto”. Quest’antichissimo testo ebraico, che si trova nel Talmud babilonese, mi sembra esprimere bene la concezione della vita e della storia propria della Bibbia. L’Eterno ha avuto tempo per l’uomo, si è anzi destinato alla Sua creatura in un rapporto d’alleanza fedele. Il popolo eletto sa bene che la sua felicità sta nel destinarsi a sua volta all’Eterno, facendo la Sua volontà.

Eppure – lo riconosciamo umilmente – l’incontro si inceppa: c’è nella pasta, di cui è fatto il tempo, qualcosa che ne trattiene la crescita verso il Regno di Dio. Bisogna cambiare il lievito del mondo: e questo può farlo solo un Dio che accetti di “sporcarsi le mani” con gli uomini, entrando nel tempo e facendolo Suo. Il passaggio del Mar Rosso – le cui acque si aprono per far passare Israele dalla schiavitù d’Egitto al cammino verso la libertà della terra promessa – è il grande evento della liberazione non perché l’uomo sia tratto fuori della storia, ma perché Dio agisce in essa come il Dio della speranza, che schiude le vie dell’esodo e assicura la conquista del paese dove “scorre latte e miele”. La potenza del braccio del Signore è intervenuta in quell’ora drammatica perché il popolo pellegrino verso la terra della Sua promessa sapesse di non essere solo nel cammino, di poter anzi contare su un lievito nuovo, capace di far fermentare la massa del tempo verso la patria della libertà.

Quest’evento fondatore viene sancito nell’alleanza del Sinai, dove ciò che è avvenuto una volta per sempre è consegnato alla memoria della fede, per sostenerla in ogni ora del pellegrinaggio del tempo. L’ebraico userà la parola “ziqqaron”, “memoriale”, per dire questa memoria che non è pura operazione della mente per andare dal presente al passato, ma compimento, riattualizzazione, per cui il passato delle meraviglie di Dio si fa presente qui e ora dove il Suo popolo celebra il passaggio del Signore, che consente il passaggio del popolo in esodo verso le sponde della libertà. È questa la fede che celebriamo in questo giorno: Pasqua – “pesaq”, “passaggio” – è appunto il memoriale della liberazione dell’esodo, la festa della compromissione di Dio, l’inizio compiutosi una volta per sempre e attualizzato sempre di nuovo del pellegrinaggio verso la Terra della promessa del Signore. Così anche l’ebreo Gesù celebra la Pasqua: e quando nella Sua ultima cena pasquale ordina ai Suoi di “fare questo in memoria di Lui” istituisce il memoriale dell’alleanza nel Suo sangue, di quell’esodo che si compie nel Suo cammino verso la morte di Croce e da essa, attraverso il Sabato santo del silenzio di Dio, verso la vita nuova della resurrezione, compiuta in Lui come pegno e promessa di quella di tutti coloro che crederanno in Lui.

Per la coscienza cristiana l’alleanza mai revocata col popolo d’Israele trova nella Pasqua di Cristo non un’abrogazione, ma un inaudito compimento, a sua volta nuovo inizio nel cammino verso la Gerusalemme celeste. È per questo che i cristiani riconoscono nella fede d’Israele la loro “santa radice” (Rom 11,16. 18) e possono rivolgersi agli Ebrei come ai loro “fratelli maggiori”, da cui hanno ricevuto la religione dell’esodo e del Regno, nutrita dalla fede di Abramo e dalla speranza dei profeti. Cristo non ha voluto eliminare neanche un apice dalla Legge, ma è stato in persona il compimento dell’alleanza, la Torah fatta carne, rivelando come la compromissione di Dio – che risplende negli eventi dell’esodo – si sia spinta fino al paradosso dell’incarnazione del Figlio eterno per amore di tutto l’uomo, di ogni uomo.

In un’epoca segnata dalla crisi degli orizzonti di senso offerti dalle ideologie, la Pasqua di Gesù che celebriamo è allora veramente un messaggio straordinario di speranza, la testimonianza che il lievito nella massa può ancora essere rinnovato, per far crescere il tempo verso la sponda dell’eternità e tirare il futuro di Dio nel presente degli uomini. È l’augurio di Paolo: “Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità”. (1 Cor 5,7s)

È il mio augurio per tutti noi! Buona Pasqua!