DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Polonia martoriata, Polonia profetica

Comunione e Liberazione di Polonia scrive a riguardo del terribile disastro aereo che ha privata la nazione nello stesso tempo del suo presidente, di buona parte del suo governo e di molti testimoni ed eredi della tragedia di Katyn.
La Polonia è una profezia per l'Europa, da moltissimi punti di vista.

Ognuno, di fronte a questi fatti, scopre la stessa umana impotenza, la stessa vulnerabilità. Per questo ogni cuore grida lo stesso grido, la stessa domanda di significato. Chi è in grado di affrontarla? Nessun essere umano! Perciò la cosa più ragionevole è il gesto della preghiera, della domanda di significato.
In questa drammatica coincidenza, c’è “qualcosa” che la ragione non capisce, ma che allo stesso tempo esige una spiegazione completa. Vediamo che c’è qualcosa di inconcepibile, che non siamo in grado di capire. Ma non possiamo né eliminarlo, né dimenticarlo. Siamo costretti a riconoscerlo. C’è qualcosa di così grande, che nemmeno le più accurate indagini sono in grado di spiegare. Questi fatti sono certamente importanti, ma la ragione esige risposte ultime. Che nessun uomo può dare, solo Dio può. Per questo stiamo umilmente davanti al Signore della Storia, aspettando che con il tempo sveli il significato più profondo di questi accadimenti tragici.
Solamente la fede vede questo “qualcosa di più”. Così come cinque anni fa, durante l’addio a Giovanni Paolo II, sperimentavamo una «miracolosa pesca di gente». Anche adesso vediamo che è il Signore che opera. «Si è fermato lungo la riva» e ha rivelato la Sua azione nel segno di una «miracolosa pesca di gente» radunatasi in preghiera. È il Signore del mondo e della Storia a rivelarci il Suo regno sui cuori umani, trasformando le coincidenze drammatiche in un grande bene.
Egli grida: «Coraggio, sono io; non abbiate paura! Io ho vinto il mondo. Io sono la Resurrezione e la vita. Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre, alla Verità ultima delle cose, se non per mezzo di me». Solo ascoltando la voce di questo Unico Testimone possiamo trovare il significato di tutte le cose.
La Chiesa da 2000 anni è testimone della Sua Presenza e vittoria attraverso il fatto della Resurrezione. Lui presente, oggi, nella Sua Chiesa, attraverso il carisma che ci ha presi, è la forza per l’uomo anche in situazioni più drammatiche. Da qui viene la nostra certezza di fede e la speranza, che «nella vita e nella morte apparteniamo al Signore».
Vediamo che attraverso questi avvenimenti drammatici il Signore ci risveglia richiamandoci alla fondamentale verità della nostra vita, alla conversione. Convertirsi a Cristo vuol dire liberarsi dall’illusione dell’autosufficienza. Vuol dire rendersi conto e accettare il proprio niente, il bisogno della Sua salvezza e amicizia. Significa cambiare lo sguardo verso la storia e il prossimo: «Non c’è qui né giudeo né greco (né polacco né russo), perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù».
Senza Cristo non c’è vera costruzione della vita umana, sia a livello personale che sociale. Per questo non si può vivere in un silenzioso accordo, come se Lui non ci fosse, cercando di eliminarLo dalla vita, costruendo tutto “per finta”. È una scelta tragica, perché senza di Lui non c’è risposta, né soluzione alla vita e alla morte. E la vita è sempre di più presa dalla confusione e decadenza.
Senza rimanere in Lui, nella viva comunità della Chiesa, senza un’educazione costante, non è possibile mantenere questa commozione del cuore che ha fatto il Signore. Perché questo bene, nato da una morte tragica, dal sacrificio della vita, non sia vano, dobbiamo «rinascere di nuovo».
Per questo sono sempre attuali le parole di Giovanni Paolo II: «Spalancate le porte a Cristo». Il suo grido («Scenda il tuo Spirito e rinnovi la faccia della terra...») si trasformi in una domanda di fedeltà a ciò che lo Spirito ha iniziato in noi, perché sia portato avanti attraverso l’obbedienza della fede. Perché faccia in noi «un cuore nuovo e uno spirito nuovo».

Comunione e Liberazione Polonia

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Di seguito l'intervista che Rafal Wieczynski, il regista del film sulla vita di padre Popieluzko (sotto una sua bella foto, e su Wikipedia altri documenti a suo riguardo) ha concesso a Fabrizio Rossi per Tracce. Grazie a Madda per entrambe le segnalazioni.

«Anche nella tragedia, c’è una speranza: quel che è successo sta risvegliando la Polonia, facendoci vedere chi siamo davvero». Per il regista Rafal Wieczynski, che nel film Popieluszko ha raccontato la vicenda del sacerdote polacco ucciso dal regime nel 1984, sull’incidente aereo in cui il 10 aprile hanno perso la vita 97 persone, compresi il presidente Lech Kaczynski e le più alte cariche del Paese, non è la morte l’ultima parola: «Può essere un’occasione per approfondire la nostra storia. E per conoscere di più i valori per cui combatteva chi era su quel volo». Così, mentre Varsavia e Cracovia si preparano per i funerali di Stato di sabato e domenica, cui sono attesi anche il presidente Usa Barack Obama e il russo Dmitrij Medvedev, abbiamo chiesto a Wieczynski un aiuto a comprendere quanto successo e in che modo la Polonia potrà risollevarsi.

Per tanti, tra cui il fondatore di Solidarnosc Lech Walesa, questa tragedia è «una seconda Katyn». Cosa ne pensa?
È così. Come 70 anni fa nei boschi di Katyn, dove i sovietici hanno trucidato 22mila ufficiali polacchi, in un colpo solo abbiamo perso la nostra
élite. Quando da un amico ho saputo dell’incidente, stavo attendendo un volo per Kiev. Ho subito pensato che era scomparsa una classe politica, ma soprattutto una parte importante della nostra memoria nazionale.

Lei conosceva personalmente diverse vittime...
Il presidente Lech Kaczynski aveva patrocinato il mio film. E Tomasz Mertam, viceministro della Cultura, aveva fatto molto per promuoverlo. Insieme a loro c’era anche Janusz Kurtyka, il presidente dell’Istituto per la Memoria Nazionale, che mi aveva fatto accedere ad archivi protetti, fondamentali per la sceneggiatura di
Popieluszko. Altre erano persone a me molto care, come Anna Walentynowicz, l’ex operaia il cui licenziamento nel 1980 aveva provocato gli scioperi di Danzica... Abbiamo perso uomini e donne che avevano lottato per i nostri diritti.

Che cosa ha provocato, nel suo Paese, quanto è successo?
Sta avvenendo un fenomeno incredibile: i polacchi hanno superato le diverse opinioni sui politici morti sabato, riversandosi per le strade di Varsavia con canti e candele. Come se ci fosse qualcosa di più importante di partiti e schieramenti: quel che vediamo è un popolo unito nel dolore. E questo dà speranza. Siamo stati risvegliati, ci siamo scoperti commossi da questa tragedia e ci siamo riavvicinati gli uni agli altri.

Tra i segnali inaspettati, anche la grande solidarietà manifestata dai russi: il presidente Medvedev ha annunciato un giorno di lutto nazionale, una folla di persone ha reso omaggio alle vittime davanti all’ambasciata polacca a Mosca...
Non solo: il 7 aprile i primi ministri della Russia e della Polonia, Vladimir Putin e Donald Tusk, proprio a Katyn avevano celebrato insieme il 70° anniversario dell’eccidio voluto da Stalin. E, anche se non sono ancora stati resi pubblici i documenti d’archivio, si è trattato di un passo importante. La strada per dei rapporti migliori con la Russia è aperta: la gente viene a sapere cos’è successo veramente sotto il regime, e questo può unire i nostri popoli. Perché, come hanno ripetuto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, e come ha testimoniato padre Jerzy Popieluszko con il suo martirio, solo partendo dalla verità si può perdonare il male. Una meta che, ora, è un po’ più vicina