Un ricco americano ha comprato un posto nel cimitero sopra quello dove è stata sepolta Marilyn Monroe, nella speranza di risvegliarsi proprio lì al momento del Giudizio finale. È una bizzarra scelta, senza dubbio, che rivela però una fede nella resurrezione dei corpi al di fuori - si direbbe - da una tradizione religiosa. A chi crede che si risveglierà davanti alla beatifica visione di Dio, cosa potrebbe importare, infatti, di Marilyn? Per di più, il ricco americano certo ignora che i teologi hanno a lungo dibattuto sulla possibilità di una resurrezione dei corpi emendati dai difetti e dalle debolezze terrene, e quindi anche dal desiderio sessuale, se non addirittura dalla differenza sessuale stessa. Con la prospettiva che il femminile scompaia, assorbito dal maschile, considerato la forma umana perfetta. Che delusione, quindi, potrebbe essere la sua!
È un fatto di cronaca minore, senza dubbio, che solleva però un tema importante: chi, anche fra i credenti, oggi crede veramente nella resurrezione dei corpi?
Certo, quando ci si reca nei moderni cimiteri, soprattutto se di grandi città, costruiti ormai come immensi condomini, è difficile pensare che i corpi risorgeranno: i loculi di cemento rimandano a un buio e a un nulla perenne, diversamente dalla terra, che possiamo vedere come una madre feconda da cui è possibile rinascere. E questo spiega forse perché oggi è così di moda l'incinerazione, che non solo permette di sfuggire all'idea insostenibile di putrefazione, ma, ammettendo almeno di fatto la possibilità di spargere le ceneri in ambienti naturali, permette di rientrare nella logica della rinascita e sfuggire alle gabbie di cemento dei loculi.
Forse, dietro a ogni scelta di incinerazione, c'è una piccola speranza di risurrezione del corpo, certo non chiara e consapevole come i contadini del passato, che situavano i cimiteri in modo che i morti, tutti sepolti verso oriente, potessero rinascere con l'immagine divina di fronte. Certo più panteista, ma forse un po' di speranza mi sembra ci sia lo stesso.
Oggi, però, la speranza della resurrezione dei corpi, e quindi dell'immortalità di matrice religiosa, è certamente rimpiazzata da quella di una longevità senza fine, utopia concreta e verificabile di prolungamento all'infinito della vita umana.
Le tecnoscienze promettono questo risultato non solo attraverso il progetto di debellare malattie e invecchiamento - magari attraverso un ricambio di organi - ma anche attraverso miglioramenti e modifiche del corpo, intese come proseguimento dell'evoluzione. E, in un certo senso, bruciano i confini fra scienza e fiction, promettendo un futuro di iper-longevità, che diventa quasi un'immortalità. E la straordinaria fiducia in quello che ci permetterà di raggiungere la scienza fa sì che un numero crescente di persone scelga di farsi congelare al momento della morte, pensando di poter essere scongelato in un futuro in cui il progresso scientifico permetterà di intervenire su cadaveri per riportarli alla vita.
In fondo, la pratica di congelare gli embrioni per poi riutilizzarli nel quadro della fecondazione in vitro fa nascere la speranza che si possa sospendere, e poi far ripartire i processi vitali a scala cellulare e quindi conferma chi cerca l'immortalità del proprio corpo con il congelamento. E non c'è niente di più antireligioso di chi si affida a una speranza di resurrezione scientifica di questo tipo.
In una società come la nostra, che si può definire post-mortale in quanto nega l'inevitabilità della morte con la speranza di debellarla grazie alle tecnoscienze, o cerca di controllarla attraverso l'eutanasia, l'attenzione per una resurrezione dei corpi in realtà è molto diminuita.
Lo sforzo massimo della nostra cultura va nel senso di negare la morte, di sconfiggerla o almeno di controllarla, mentre invece la vita dopo la morte rappresenta quanto di meno controllabile e scientificamente provabile esista. E per di più presuppone il passaggio attraverso la morte, cioè la perdita totale di controllo su se stessi e sul proprio corpo, che è proprio la prova che più vorremmo evitare.
La fede nella resurrezione dei corpi, infatti, è l'atto più totale di abbandono alla fede, in quanto può essere pensata solo se si esclude il ruolo umano, ma ci si abbandona totalmente a Dio che, con la sua potenza, può anche fare quello.
In fondo, molto nascosta dentro di noi, qualche speranza rimane. Purtroppo, però, si tende a sottovalutare quanta importanza abbia avuto la fede cristiana nell'immortalità di ogni vita individuale nel configurare, nella nostra società, il riconoscimento del valore di ogni individuo e dell'autonomia politica del soggetto.
Come ha scritto Hannah Arendt "...questa immortalità cristiana conferita alla persona, che nella sua unicità comincia la sua vita nascendo sulla terra, non ha solo come risultato l'intensificazione evidente della preoccupazione per l'altro mondo, ma ha enormemente accresciuto l'importanza della vita sulla terra...".
(©L'Osservatore Romano - 11 aprile 2010)