di Robert Zollitsch
Arcivescovo di Freiburg im Breisgau
Presidente della Conferenza episcopale tedescaIl 19 aprile, giorno in cui ricorre il quinto anniversario dell'elezione al soglio pontificio del cardinale Joseph Ratzinger, per molti è un'occasione per volgere lo sguardo al passato e al futuro. Lo sguardo al passato inizia con un'elezione papale che è stata, sotto vari profili, significativa e di notevole portata storica. Papa Benedetto XVI, infatti, è il primo cardinale di origine tedesca a salire sul trono di Pietro dopo 482 anni. Al contempo, è anche il primo nuovo Papa del xxi secolo, un'epoca caratterizzata da profondi rivolgimenti socio-politici, da enormi progressi scientifici e da un rapido avvicinamento della famiglia umana. Il servizio e compito del Santo Padre consistono nel guidare la Chiesa di Gesù Cristo, conducendola sulla via del futuro. Già il 24 aprile 2005, nell'omelia della messa di insediamento, Papa Benedetto ha indicato quanto ritiene decisivo ed essenziale nello svolgimento del suo ministero di così grande responsabilità: "mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da lui, cosicché sia egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia". Con questo atteggiamento interiore e con grande fiducia in Dio, risponde all'esortazione del Risorto a svolgere il suo servizio quale "umile lavoratore nella vigna del Signore" - nella certezza piena di speranza - che è Cristo stesso a donare saldo sostegno e valore a ogni istante della vita.
Il significato di questa prospettiva per noi cristiani è stato sviluppato teologicamente, interpretato spiritualmente e chiarito da Papa Benedetto a beneficio dell'attività pastorale nelle sue due prime encicliche Deus caritas est e Spe salvi. Al Papa sta a cuore ciò che caratterizza il cristiano nel nostro mondo, vale a dire la carità e la speranza. Esse trovano la loro origine in Dio e sono parametro della nostra vita e della nostra convivenza. Dove non c'è più Dio, dove non ci sono più la carità e la speranza, dove essi sono dimenticati e rimossi, si diffonde il gelo dell'egoismo, cresce il pericolo della sopravvalutazione di sé e ci si crea i propri dei, come fecero un tempo gli israeliti con il vitello d'oro.
Papa Benedetto evidenzia instancabilmente i pericoli che ne derivano per la nostra epoca. È un maestro di analisi rigorosa e di raffinata argomentazione. Ha il prezioso dono di riconoscere i segni dei tempi con grande chiarezza e perspicace mente analitica, di interpretarli e di collegarli al messaggio evangelico. Denuncia con intuito fine e sicuro anche i rischi moderni della vita umana, ad esempio quelli che si dissimulano dietro la globalizzazione o il cieco affidamento al progresso, e tra cui si annoverano tanto il pericolo di un capitalismo sfrenato quanto le molteplici minacce discendenti dall'illusione che tutto sia illimitatamente lecito nel campo delle biotecnologie.
In questo contesto, è segno di coerenza che nella sua prima enciclica sociale Caritas in veritate il Papa guardi e giudichi la globalizzazione e le sfide da essa risultanti con gli "occhi della carità" e che proprio dallo spirito della carità scaturiscano i suoi impulsi risolutivi. La carità e, possiamo aggiungere noi, la speranza sono i presupposti fondamentali perché si possano realizzare la giustizia e il bene comune.
Si attesta così, ancora una volta, che Papa Benedetto ci dona un pontificato spirituale, improntato alla profondità teologica. Con gratitudine guardiamo a lui, grande teologo del nostro tempo, che apporta alla riflessione su questioni attuali una profonda conoscenza dei Padri. In tutti i contributi teologici del suo pontificato, Benedetto XVI chiarisce quello che gli sta a cuore: l'intimo legame, l'intima unione tra fede e ragione - e la libertà religiosa di ogni uomo.
Come il suo predecessore, Benedetto XVI è un Papa vigile in ambito politico, che prende posizione nei dibattiti pubblici e fa valere solide norme morali anche nei confronti dei potenti del mondo. Una peculiarità caratterizzante del suo pontificato è indubbiamente la risoluta difesa dell'inviolabilità della dignità umana e del rispetto dei diritti fondamentali della persona. Papa Benedetto milita con determinazione per una "cultura della vita", in cui si rispettino la dignità, dono di Dio, e i diritti fondamentali di ogni singola persona, dal momento del concepimento fino alla morte. Non si nasconde dietro la retorica diplomatica o dietro caute formulazioni neppure in occasione di visite ufficiali o di discorsi pubblici. È ancora impresso nella memoria, ad esempio, il discorso alle Nazioni Unite in cui ha rivendicato la libertà di religione come fondamentale diritto dell'uomo, realizzabile solo attraverso un intenso dialogo: "Il dialogo dovrebbe essere riconosciuto quale mezzo mediante il quale le varie componenti della società possono articolare il proprio punto di vista e costruire il consenso attorno alla verità riguardante valori od obiettivi particolari". La testimonianza è chiara anche se con essa, in una società spesso solo apparentemente illuminata e che si ritiene liberale, il Papa incontra incomprensione e suscita talora proteste molto forti.
Papa Benedetto XVI cerca con convinzione il dialogo, anche con le altre religioni. La religione non può essere motivo di odio e di violenza e non può essere strumentalizzata a scopi politici: questo il suo insistente messaggio in occasione della visita alla grande moschea di Amman. E, a dispetto di tutta la confusione creatasi attorno al caso Williamson, anche all'ebraismo Benedetto XVI si sente profondamente legato. Proprio noi tedeschi siamo profondamente grati al Papa per le chiare parole proferite durante la visita al campo di sterminio di Auschwitz, che hanno rivelato un Benedetto XVI molto umile: "Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile". Ed è lo stesso Benedetto XVI che successivamente, durante la visita in Israele, a Tel Aviv e allo Yad Vashem ha commemorato i sei milioni di vittime della Shoah e ha condannato come inaccettabile ogni forma di antisemitismo.
Questi cinque anni dimostrano in modo più che evidente che il Santo Padre è profondamente radicato nella realtà delle cose e il suo ministero papale interpella tutto l'uomo. E un uomo in carne e ossa, con le sue capacità e le sue doti, ma anche con i suoi limiti umani, può esserne all'altezza solo se è trasportato dalla forza dello Spirito Santo, se quotidianamente si mette in ascolto della parola e della volontà del Signore e si lascia guidare da lui. Papa Benedetto è uomo di preghiera e di riflessione spirituale, perché il successore di Pietro può esercitare pienamente il suo difficile ministero solo sapendosi unito nella preghiera a Gesù Cristo, vero Signore della Chiesa, e continuando sempre a cercarne la vicinanza. Qui, nell'amore per il Risorto, il Papa trova forza e attinge speranza. Solo così gli è possibile quello che altrimenti eccederebbe le capacità umane. Se è vero che la nostra Chiesa conosce talvolta momenti bui, è però prezioso ogni momento di questo pontificato che vive della potenza piena del Signore ed è pertanto plasmato dalla speranza, come ha affermato il Papa stesso. Per questo: grazie, Santo Padre!
(©L'Osservatore Romano - 16 aprile 2010)