DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

VERITÀ E PREGHIERA NON CHIACCHIERE

FRANCESCO OGNIBENE
T
rasparenza e preghiera. L’intreccio tra il do­vere della verità e il bisogno del gesto più au­tentico del credente s’è materializzato ieri, quan­do la Santa Sede ha diffuso una «guida» per ca­pire le regole e le procedure nei casi di abuso, e la presidenza della Cei, appena dopo, ha chia­mato la Chiesa italiana (noi tutti, uno per uno) a pregare per il Papa. Due volti della stessa preoc­cupazione, in un’ora aspra di prova che è riser­vata a Benedetto XVI ma che non possiamo non sentire anche nostra, perché nessuno di noi è u­na semplice comparsa nella storia cristiana.
E dunque non si può chiedere verità senza sen­tirsene chiamati in causa, testimoni di questa ve­rità necessaria e doverosa insieme a tutta la Chiesa, noi stessi parte di un corpo che è misti­co ma fatto di uomini, santo per natura ma fra­gile per costituzione. Noi allo specchio, ognuno con le proprie magagne – certo non abomìni, ma le piccole e grandi cadute della lotta di ogni gior­no –, cristiani perché uomini. Vederla altrimen­ti equivale a parlare di una giustizia tutta for­male, che non è quella evangelica radicata nel­la misericordia: una giustizia senza speranza, senza redenzione.
E dunque, è indispensabile legare verità e pre­ghiera: non si può esigere la prima senza sen­tirsi esposti in prima persona nella seconda, nel colloquio con Dio, nell’invocazione di grazie, di forza, di perdono, per noi, per tutti. Che Chiesa sarebbe quella dove ci sono gli imputati e gli spettatori, il palco e la platea, la gogna media­tica e i curiosi? Abbiamo, per di più, davanti a­gli occhi l’esempio infinitamente coraggioso di un Papa che conduce per mano la Chiesa a non aver paura di fare i conti con lo 'sporco' al suo interno – in quei pochi angoli dove s’è insedia­to e nascosto –proprio perché ora c’è più luce per vederlo. La stessa nota vaticana diffusa ieri a uso dei non specialisti in diritto canonico so­stanzialmente richiama – e non allestisce a uso dei media, avidi d’insabbiamenti presunti e di ammissioni vergognose – le norme di un
motu proprio di nove anni fa e del Codice di diritto ca­nonico che di anni ne ha ben 27. Norme piut­tosto note, ma che oggi si avverte opportuno il­lustrare, ribadire, dettagliare, senza alcun timo­re, inclusa quella che prevede sia dato «sempre seguito alle disposizioni della legge civile». Tra­sparenza, appunto, per una verità che non sia generico giustizialismo ma sostanziale risana­mento. In quelle regole si dicono cose severe e impegnative, norme che le istituzioni civili e pri­vate dovrebbero prendere a modello per con­trastare un fenomeno purtroppo dilagato in molti ambienti (il turismo come la pubblicità, per dirne due che non sembrano suscitare al­cuno scandalo) e che invece, giornali alla ma­no, pare riguardare solo la Chiesa. Ancora ieri, la stampa liberal americana – della quale tanta parte della nostra s’è acconciata a porsi come di­scepola zelante e copiona – attaccava a testa bassa con l’intento sempre più scoperto di scre­ditare a tutto campo Chiesa e Papa, e non solo in quell’America nella quale il cattolicesimo è se­gno pubblico ancora fortemente identitario. Con un pastore come Benedetto, però, capace di operazioni di verità come quella cui stiamo assistendo in questi mesi, il popolo di Dio non può lasciarsi impaurire. Ecco perché pregare per lui è oggi indispensabile, un’esigenza del cuo­re, ma anche la garanzia che l’esperienza cri­stiana non si lascia sgretolare da nessuna chiac­chiera.
In un mondo che del verosimile e del posticcio ha fatto il suo idolo culturale, la verità della Chie­sa è destinata a far sempre più 'scandalo'. So­stenerne l’incedere contro tutte le correnti, con una preghiera semplice e tenace: ecco l’impe­gno all’altezza di un cristiano.

Avvenire 13 aprile 2010