La «Pillola della libertà» (titolo delle tre pagine che lunedì scorso hanno aperto R2 su Repubblica ) compie 50 anni. Ma gli articoli di Anais Ginori e Natalia Aspesi si astengono dalla celebrazione fastosa, anzi sono pensosi. «La femminista Margaret Sanger – scrive Ginori – era convinta che con la pillola non ci sarebbero state gravidanze indesiderate. Le donne avrebbero finalmente potuto avere una maternità libera e consapevole. Eppure, mezzo secolo dopo, ancora metà delle gravidanze negli Usa non è programmata, ha notato il Wall Street Journal . Si continua ancora a rimanere incinta per distrazione, per errore o, più semplicemente, secondo natura».
Lea Melandri annuncia: «Non festeggerei quest’anniversario con tanti trionfalismi. La libertà sessuale è qualcosa di più profondo». E sempre Ginori annota che «in Italia è aumentata negli ultimi anni la contraccezione d’emergenza. Una donna su dieci ha fatto ricorso alla pillola del giorno dopo. Anche le interruzioni di gravidanza tra le adolescenti sono cresciute, in controtendenza rispetto al calo generale iniziato nel 1978, con l’approvazione della legge sull’aborto»
Toni pensosi anche per la Aspesi, che pure scrive Pillola con la pi maiuscola: «Era una porta che si spalancava sulla libertà non solo sessuale, sull’autonomia personale, sulla possibilità di imparare a non dipendere. Eppure qualcosa non ha funzionato fino in fondo, e non solo perché a tutt’oggi nei Paesi che ne avrebbero più bisogno, ma anche in Italia, la Pillola non ha una diffusione generale».
Lo stesso giorno, Giuliano Ferrara sul Foglio
spiega di aver letto «il bell’articolo di Time » che celebra la pillola (per lui, minuscola): «Pezzo ben fatto, ma ideologico. Dice che la Pillola (maiuscola per il Time , come per la Aspesi: chi avrà ispirato chi? ndr) fa bene contro il cancro e il mal di cuore».
Poi arriva a spiegare il titolo. Se Repubblica
evoca la libertà, il Foglio evoca la felicità.
Un bel duello: «Cinquant’anni di Pillola non ci hanno portato la felicità». Conclude Ferrara: «Siamo soddisfatti? (...) I progressi ci sono stati, eppure non è l’incanto della libertà, ma il suo fantasma buñueliano, che ci segue come un’ombra».
Via una pillola, sotto con un’altra.
«Numero verde per l’Ru486, in due giorni 50 chiamate. Cinquanta telefonate in quattro ore» ( Repubblica , cronaca di Bari).
di
Un bel bailamme. A Roma ( Messaggero),
«la Regione Lazio ha deciso di prevedere il ricovero ordinario di tre giorni». A Bari, la delibera di giunta dovrebbe presto dare «il via libera regionale alle procedure di day hospital». A Torino ( Stampa) «tre delle quattro donne che secondo il protocollo avrebbero dovuto essere ricoverate hanno firmato per andare immediatamente a casa. E l’ospedale non ha potuto trattenerle: soltanto una rimarrà in ginecologia tre giorni, su consiglio dei medici, a causa di possibili complicanze legate a problemi di salute esistenti». Quali consigli avranno dato i medici alle altre tre? Ma ne avranno dati?
Breve nota semantica. «Chi» è morto dopo essere stato «interrotto» a Rossano Calabro? Per il Messaggero è un feto: «Ma il feto sopravvive 48 ore». Eugenia Roccella parla di «bambino», che «una volta nato è un cittadino italiano come tutti gli altri».
Idem la Curia. Sulla Stampa, «il feto» nel titolo si trasforma in «il piccolo» nel testo.
Il Corriere della sera opta per «il maschietto». E voi?
© Copyright Avvenire 29 aprile 2010