DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Hadjadj: contro i seminari del Nulla.

DI FABRICE HADJADJ
N
on appena il senso della contemplazione diminui­sce anche quello della politica viene meno, poiché essa finisce per mancare il suo scopo, o, più semplicemente, per smar­rire il senso della vita. Il buon go­verno, se non è subordinato alla vera Trascendenza, scompare.
L’iperpoliticizzazione anticristia­na della Rivoluzione francese alla fine ha condotto a una depoliti­cizzazione generalizzata. La
ci­toyenneté
chiusa all’Eterno dege­nera in «teatrocrazia», per ri­prendere un termine platonico.
In assenza di quella tensione ver­so il Cielo che la nobilita, la poli­tica è presto assorbita dall’eco­nomia, dalla spettacolarizzazio­ne, dagli interessi particolari, dal culto di Adone o quello di Mam­mona, e infine si tramuta in ti­rannide, che può assumere for­me diverse fino all’ultima che è
la tirannia dei diritti dell’uomo nell’oblio di quelli di Dio, cioè quella di un individuo tiranno di se stesso, ridotto a una bestia ci­nica, cieca e infelice, a una peco­ra senza pastore. La separazione tra Stato e Chiesa non è tanto un pericolo per la Chiesa, che detiene le promesse della vita eterna, quanto per lo Stato e la nazione, contro i quali possono invece prevalere le por­te degli inferi: «Riempile di spa­vento, Signore – canta il re Davi­de –, riconoscano le genti di es­sere mortali» (Sal 9,21). E papa Gregorio XVI ricorda benevol­mente: «Scosso per tal maniera il freno della santissima Religione, che è la sola sopra cui si reggono saldi i Regni e si mantengono fer­me la forza e l’autorità di ogni dominazione, si vedono aumen­tare la sovversione dell’ordine pubblico, la decadenza dei Prin­cipati e il disfacimento di ogni le­gittima potestà». L’autorità perde tutta la sua forza nel momento in cui non conduce più alla gioia ul­tima, perché è di tale gioia che abbiamo bisogno.
Tali osservazioni, tuttavia, non fanno appello a una confusione di Stato e Chiesa. Una teocrazia che confondesse la causa di Dio con una qualsivoglia causa parti­colare, e la saggezza dei principi con l’infallibilità del Papa, sareb-
be infatti non meno funesta. La Chiesa è cattolica, transnaziona­le e transculturale: essa intrattie­ne pertanto con i governi nazio­nali rapporti di sussidiarietà, che si traducono, in concreto, nella condivisione dello stesso territo­rio e nella vicinanza spaziale. E poiché sa che la coercizione non può produrre l’atto di fede, non lega l’esercizio del potere politico a una con­fessione religiosa, ma chie­de solo che quest’ultimo, per sua natura laico, dia a ogni individuo la possibilità di accogliere liberamente la Buona Novella della salvezza: «Chi non è contro di noi è per noi», dice il Signore (Mc 9,40).
Né separazione né confusione, quindi, ma distinzione e subordinazione. Bisogna rendere a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio, senza di­menticare che Cesare è di Dio, e che tutto ciò che gli diamo dev’essere utilizzato per il regno
di Dio. Eppure, le aberranti posi­zioni condivise anche da molti cristiani odierni tradiscono la mancata comprensione di que­st’ultima evidenza: secondo loro, infatti, la politica può essere a­gnostica e la religione circoscrivi­bile alla sola sfera privata. Così, per non parlare di cose che ri­schiano di irritare la gente, costo­ro si condannano alle conversa­zioni futili e alle storielle piccan­ti, divenendo in tal modo com­plici della società della dispera­zione.
Come può il legno che è stato sminuzzato in tanti piccoli stuz­zicadenti servire per la costruzio­ne di una nave? E le fibre di cellu­losa ridotte a carta igienica, co­me possono fornire un supporto adatto a una lettera d’amore? A­nalogamente una politica agno­stica, che degrada la ragione a mero strumento di calcolo utili­taristico, promuovendo il relati­vismo morale e l’estetismo mon­dano, non predispone alla piena realizzazione della persona. L’i­struzione pubblica, in particola­re, corrisponde esattamente a un massacro pianificato delle menti. In fin dei conti, poiché l’uomo, nonostante tutto, arde dal desi­derio dell’assoluto, e i giovani che essa stessa ha formato non hanno imparato a coltivare que­sta caccia con giustizia e rigore, essa favorisce un’irruzione del­l’irrazionale, con la sua triste se­quela di suicidi, sette rimbecil­lenti e violenze fanatiche. Le no­stre scuole, che con la scusa della laicità e della tolleranza ambi­scono a mostrarsi irreligiose, si tramutano surrettiziamente in scuole coraniche o buddiste, quando non in seminari del Nul­la. I nostri programmi di filoso­fia, che eludono sistematicamen­te le questioni dell’esistenza di un Principio Primo e dell’immor­talità dell’anima umana, invitano invece a sguazzare in credenze stupide quali la reincarnazione o gli omini verdi, o nella ridicola bigotteria dell’attuale scienti­smo, che consiste nell’immagi­nare che la materia sia intelligen­te, che si organizzi da sola e che il caso sia in grado di produrre un ordine che trascende la nostra stessa ragione... Con tutto questo come potrebbe il nostro regime non essere quello di una lotteria?
«Le nostre scuole che parlando di tolleranza si dimostrano irreligiose, finiscono per tramutarsi in scuole coraniche o buddhiste»
«La Rivoluzione ha chiuso le porte al Cielo ma così è degenerata in 'teatrocrazia' cedendo al culto di Mammona o a quello di Adone»

© Copyright Avvenire 29 aprile 2010