DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

DOMENICA PROSSIMA A SAN PIETRO PER PREGARE COL PAPA. MARINA CORRADI

S tanno organizzandosi. I voli e i treni dal Nord e dal Sud sono già pieni. Molti ragazzi partiranno all’alba, in pullman: sbarcheranno in piazza san Pie­tro giusto in tempo per il Regina Coeli, e torneran­no a casa a notte. Una faticaccia. Ma vogliono an­dare dal Papa, domenica 16 maggio; vogliono esse­re insieme a lui. Pregando: con Benedetto XVI e per la Chiesa, cioè per ognuno di noi. E per quelli che hanno sofferto il terribile male che lo stesso Bene­detto ha denunciato; e perfino per chi ha compiu­to quel male – in una misericordia che è incom­prensibile e scandalosa ai giusti, e agli 'onesti'.

Stanno per mettersi in cammino, verso Roma. Già a Torino, domenica scorsa, attorno al Papa si è vi­sta una gran folla, un popolo di ragazzi, famiglie, bambini, vecchi, che lo ha abbracciato all’ingresso in piazza San Carlo con un lungo applauso. Dalla tri­buna della stampa, i giornalisti stranieri osservava­no stupiti quell’accoglienza; chiedendosi come mai, dopo settimane di attacchi e accuse, ancora tanta gente gremiva una piazza per il Papa. (Sembrava anzi che quell’accoglienza fosse più calda del soli­to. Che la gente, vedendone la faccia stanca, e più evidente il peso degli anni in questo tempo di burrasca, gli volesse più bene).

A Roma, domenica, come si va da un padre; con la pre­mura con cui si accorre da un padre che si vede anziano, e affaticato sotto un grande pe­so. Come avendo iniziato a comprendere quale deside­rio anima quest’uomo, e che cosa lo spinge all’audacia di parole come quelle ai catto­lici di Irlanda, che ci hanno fatto tremare. Perché svela­vano il male e il dolore come il bisturi di un chirurgo che apre una piaga. E chie­devano penitenza, e umana giustizia. E tuttavia, quella lettera non si concludeva con questa do­manda. Perché, come scriveva Benedetto alle vitti­me degli abusi, «nulla può cancellare il male che a­vete
sopportato». Umanamente, nulla. Solo Cristo, aggiungeva il Pa­pa, «ha il potere di perdonare persino il più grande dei peccati, e di trarre il bene anche dal più terribi­le dei mali». È dentro questa certezza che si spiega perché in tan­ti andranno al Regina Coeli, domenica. Per dire: sia­mo con te e siamo con la Chiesa, e anche con chi proprio da uomini di questa nostra Chiesa è stato tradito. Perché in nessun luogo fuori di qui è data la promessa di una misericordia, che è più forte di o­gni colpa. Perché nessuno, al di fuori del Dio in cui crediamo, ha il potere «di perdonare perfino il più grave dei peccati e di trarre il bene anche dal più ter­ribile dei mali», come ha scritto Benedetto agli ir­landesi. (E a Torino, anche, davanti alla Sindone, ha spiegato come dal buio più oscuro possa venire la luce. Come da quel lenzuolo, ombra di un morto crocefisso, icona della ferocia umana; eppure quan­ta luce ne emana, così che in milioni vanno a cer­care quel volto). Si metteranno in cammino sabato notte, o dome­nica all’alba, coi panini, e la cerata per la pioggia di questo maggio fradicio. Si stringeranno dentro al Colonnato. E intorno. Mostrando che cosa è la Chie­sa, davvero. Non quell’oscura cupola di potere che immaginano i giornali americani, o la fantasia di Dan Brown. La Chiesa non è riducibile a un uma­no 'potere', e non basterebbe un Watergate a ro­vesciarla. La Chiesa è 'corpo di Cristo', è un popo­lo. Un popolo che si tramanda da duemila anni la certezza che Cristo ha vinto la morte. Che la sua mi­sericordia è più forte di ogni tradimento e dolore.

Benedetto XVI è la voce che afferma questa verità, in un mondo che sembra travolto dal nichilismo di­sperato o dall’ansia, a volte rabbiosa, di una giusti­zia che sempre ci sfugge. Per lui e con lui, con la Chiesa, al Regina Coeli, domenica. Attorno al padre. A testimoniare, ancora, che un’altra vita, dentro un altro sguardo, è possibile.


© Copyright Avvenire 9 maggio 2010