DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Dove è abbondato il peccato ha sovrabbondato la Grazia. Un'icona scritta col sangue: così la Chiesa mostra il Cielo nella precarietà della carne

Dove è abbondato il peccato ha sovrabbondato la Grazia.

La Chiesa Sindone di questo tempo, tra scandalo, dolore, speranza. Così essa mostra il Cielo nella precarietà della carne



La Chiesa è nel mondo ma non è del mondo. La caduta del P. Maciel, ormai accertata e resa drammaticamente pubblica, lo scandalo e lo sconcerto suscitati costituiscono un punto d'osservazione privilegiato per contemplare lo splendore della Chiesa. Essa è quell'anticipo del Cielo che il Signore ha lasciato nel mondo. Non si può tralasciare di leggere attentamente il Comunicato della Santa Sede sulla Visita Apostolica ai Legionari di Cristo. Vi è distillata la sapienza bimillenaria della Chiesa, vi si respira il soffio soave e serio dello Spirito Santo. Soprattutto si scorge la mano ferma del Santo Padre che, in questo frangente come in occasione della Lettera ai fedeli d'Irlanda, unisce Verità e Carità nel governo della Chiesa.

La lettura del Comunicato ci aiuta a comprendere l'essenza ed il mistero della Chiesa, il tessuto celeste di cui è composta, come una Sindone di questo tempo. Pur avvolgendo e quasi partecipando del corpo martoriato e senza vita di Cristo essa promana una luce che oltrepassa l'ineluttabilità della morte. Lo spiegava magistralmente il Papa a Torino: "La sacra Sindone si comporta come un documento “fotografico”, dotato di un “positivo” e di un “negativo”. E in effetti è proprio così: il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini". Essa infatti sgorga, inaspettata, da un passato che ci ha segnato dolorosamente e che sembra non doverci lasciare più. E' questa certo l'esperienza dei tanti che hanno seguito la voce dello Spirito attraverso il P. Maciel offrendo la propria vita per il Vangelo, ignari del peccato, e che ora si sentono sgomenti di fronte ad un abisso che sovrasta. Eppure, ancora una volta, in questo rinnovato Sabato Santo nel quale si trova la Chiesa, trascinata dai peccati e dagli scandali di alcuni suoi figli, in questa "corruptio optimi pessima" che strazia il Corpo di Cristo gettandolo di nuovo nella tomba, è "successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato “negli inferi”: anche nel buio estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori".

Si legge infatti nel Comunicato che "Il Santo Padre intende rassicurare tutti i Legionari e i membri del Movimento "Regnum Christi" che non saranno lasciati soli: la Chiesa ha la ferma volontà di accompagnarli e di aiutarli nel cammino di purificazione che li attende". Il Papa rassicura, ama e, incarnando per tutti il Buon Pastore che conosce le sue pecore, accompagna le smarrite senza timore, anche attraverso un "confronto sincero con quanti, dentro e fuori la Legione, sono stati vittime degli abusi sessuali e del sistema di potere messo in atto dal fondatore". Lo sguardo paterno del Santo Padre è volto soprattutto sui piccoli che hanno sofferto lo scandalo e le conseguenze del male, "insieme alla gratitudine per quanti di loro, pur in mezzo a grandi difficoltà, hanno avuto il coraggio e la costanza di esigere la verità".

Il coraggio della Verità che non schiaccia ma libera perchè unita alla carità; è questa la forza della Chiesa, sulla quale non potranno prevalere le porte degli inferi. Così, proprio quando è ferita dal peccato dei suoi membri, la Chiesa mostra come non sia assolutamente assimilabile a nessun' altro consesso umano. Ovunque gli errori e i fallimenti trascinano nella polvere persone ed istituzioni anche gloriose. Quante di esse hanno brillato per spegnersi definitivamente! Per la Chiesa è diverso, perchè essa è irrorata da un amore che ha vinto la morte e che l'accompagna attraverso cadute e peccati. Infatti "in seno alla morte pulsa ora la vita, in quanto vi inabita l’amore. Questo è il potere della Sindone: dal volto di questo “Uomo dei dolori”, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati - “Passio Christi. Passio hominis” - promana una solenne maestà, una signoria paradossale". E' il paradosso della Chiesa, la signoria che le è affidata e con la quale ci accoglie ogni giorno, feriti, deboli, peccatori, e ci dona il perdono nel quale poter ricominciare.

Pur nella gravità della questione, pur nel disgusto per il male che è penetrato in una Congregazione che alligna "un gran numero di religiosi esemplari, onesti, pieni di talento, molti dei quali giovani, che cercano Cristo con zelo autentico e che offrono l’intera loro esistenza per la diffusione del Regno di Dio", restiamo con il cuore aperto alla speranza. Da loro si può ripartire, perchè, misteriosamente, anche attraverso i peccatori, Dio chiama alla santità, e suscita carismi con i quali annunciare il Vangelo. Dà le vertigini, ma è il mistero che atterrisce chiunque sia toccato dalla Grazia in vista di una missione; così è stato per i Profeti come Isaia e Geremia ad esempio, così per gli Apostoli, così per i santi e gli sconosciuti testimoni di Cristo nel corso dei secoli.

Per questo anche la verità dolorosa portata alla luce non è, come accade nel mondo, l'occasione per una lapidazione collettiva del colpevole. Nessun capro espiatorio cui far pagare ogni nefandezza. Nel Mistero Pasquale di Cristo Egli ha già pagato per tutti, e, da allora, la sua vittoria illumina la storia, e ne dischiude il cammino in un'incrollabile speranza. Come diceva il Papa nell'omelia della messa celebrata a Torino: "
Cristo ha affrontato la croce per mettere un argine al male; per farci intravvedere, nella sua Pasqua, l’anticipo di quel momento in cui anche per noi, ogni lacrima sarà asciugata e non ci sarà più morte, né lutto, né lamento, né affanno". Il peccato, pur gravissimo, del fondatore, è, tra le mani della Chiesa, un'occasione perchè, esattamente dove è abbondato sovrabbondi la Grazia. Dalla morte risorge la vita, ed è il segno della fedeltà di Dio. Essa si fa necessità, urgenza perchè il bene non soccomba assieme al male smascherato e venuto alla luce perchè tutto divenga luce. Così infatti si legge nel Comunicato: "a) la necessità di ridefinire il carisma della Congregazione dei Legionari di Cristo, preservando il nucleo vero, quello della "militia Christi", che contraddistingue l’azione apostolica e missionaria della Chiesa e che non si identifica con l’efficientismo a qualsiasi costo; b) la necessità di rivedere l’esercizio dell’autorità, che deve essere congiunta alla verità, per rispettare la coscienza e svilupparsi alla luce del Vangelo come autentico servizio ecclesiale; c) la necessità di preservare l’entusiasmo della fede dei giovani, lo zelo missionario, il dinamismo apostolico, per mezzo di un’adeguata formazione. Infatti, la delusione circa il fondatore potrebbe mettere in questione la vocazione e quel nucleo di carisma che appartiene ai Legionari di Cristo ed è loro proprio".

La stessa Congregazione è così un segno che ci parla: da una parte ci dice della possibilità reale del male che non si ferma neanche dinnanzi all'opera di Dio; dall'altra ci dice che Dio è più grande, ed è fedele ancor più laddove gli uomini non lo sono. La storia della Chiesa ha conosciuto episodi analoghi, anche nelle file della Gerarchia, coinvolgendo addirittura alcuni Papi. Ma la necessità di preservare l'entusiasmo della fede dei giovani, lo zelo missionario e il dinamismo apostolico, i tre aspetti sottolineati dal Comunicato e che coincidono proprio con la natura e la missione della Chiesa, ha sempre condotto ad un profondo rinnovamento - Ecclesia semper reformanda - che, nelle diverse epoche, ha mosso i suoi passi proprio da una rinnovata ed adeguata formazione. Essa conduce ad un esercizio dell'autorità che si configura nel servizio disinteressato di Cristo ad ogni uomo, e sfugge a quell'efficientismo mondano che, occultandola, spegne l'azione della Grazia. Su di essa si fondano la vita e la missione della Chiesa. Questa dolorosa vicenda ce lo ricorda, tra scandalo, dolore e speranza.

E noi in silenzio, come il Papa a Torino dinnanzi alla Sindone, possiamo oggi ascoltare la Parola che Dio ci sta dicendo attraverso il corpo di Cristo flagellato dai peccati di questo tempo: "Questo volto, queste mani e questi piedi, questo costato, tutto questo corpo parla... Come parla la Sindone? Parla con il sangue, e il sangue è la vita! La Sindone è un’Icona scritta col sangue; sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro... Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato... quel sangue e quell’acqua parlano di vita. E’ come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo".

E' oggi quel Sabato, e tra le piaghe d'una carne ferita dal peccato scorgiamo un bagliore che trasfigura anche la miseria della nostra debolezza. Le tristi vicende che hanno segnato la Chiesa in questo tempo, come il lino della Sindone, ci chiamano ad uno sguardo di fede: "Ed ecco, mi sembra che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede si percepisca qualcosa di questa luce. In effetti, la Sindone è stata immersa in quel buio profondo, ma è al tempo stesso luminosa". E' la luce della Pasqua che risplende nel mistero della Chiesa, e quasi impedisce la disperazione. "Nel cuore di Maria, è custodito il mistero del volto di Cristo, mistero di morte e di gloria" ci diceva ancora il Papa da Torino. E Maria è madre ed immagine della Chiesa. Anche nei momenti più bui essa custodisce il mistero tremendo che salva il mondo ed "è chiamata ad essere l'occhio nel corpo dell'umanità, per il quale si vede ed entra nel mondo la luce divina" (Card. J. Ratzinger, Dobbiamo innanzi tutto parlare di Dio, Il Riformista, 8 maggio 2009). Un occhio segnato dalle lacrime ma fisso sull'amore che ha vinto la morte, per "non perdere mai la luce della speranza nel Cristo Risorto, che è capace di trasformare la realtà e rendere nuove tutte le cose" (Benedetto XVI, Omelia nella Messa in piazza San Carlo a Torino, 2 maggio 2010).


Don Antonello Iapicca