Anche nei momenti di tribolazione, la Chiesa resta luogo della speranza: è quanto scrive Benedetto XVI nel messaggio inviato ai partecipanti al Kirchentag, la Giornata ecumenica delle Chiese, apertasi ieri a Monaco di Baviera, sul tema “Affinché abbiate la speranza”. Nonostante la zizzania presente tra quanti sono chiamati al servizio del Signore, sottolinea il Papa, il Signore ci purifica e ci indica la via della fede. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“La Chiesa è veramente luogo di speranza?”: Benedetto XVI muove da questo interrogativo nel suo messaggio al Kirchentag. Una domanda, riconosce, che si è fatta più urgente in questi mesi in cui “siamo stati confrontati costantemente con notizie che vorrebbero toglierci la gioia della Chiesa, oscurarla come luogo di speranza”. Come fecero i servi del padrone nella parabola del Regno dei Cieli, scrive il Papa, anche noi ci chiediamo da dove venga la zizzania. Una zizzania, prosegue, che “esiste proprio in mezzo alla Chiesa e tra coloro che il Signore in modo particolare ha chiamato al suo servizio”. Eppure, rassicura, “la luce di Dio non è tramontata, il frumento buono non è stato soffocato dalla semina del male”. Anzi, afferma, “se osserviamo non soltanto quanto vi è di oscuro, ma anche quello che è luminoso nel nostro tempo, vediamo come la fede renda le persone pure e buone e le educhi all’amore”.
La Chiesa, ribadisce il Papa, è dunque luogo di speranza, “perché da essa continua a venire a noi la Parola di Dio che ci purifica e ci indica la via della fede”. Il Signore, soggiunge, “continua a donarsi nella grazia dei Sacramenti” e “questo non può essere oscurato né distrutto dal nulla”. Di questo, si legge ancora, “dobbiamo gioire nei momenti di tribolazione”. Tuttavia, è il monito del Papa, parlare della Chiesa come “luogo della speranza che viene da Dio” implica allo stesso tempo “un esame di coscienza”, verificando se siamo disposti ad estirpare la zizzania che è in noi.
Ma che cos’è la speranza, si chiede ancora Benedetto XVI? “Mentre riflettiamo su tutto quello che possiamo e dobbiamo fare – constata – ci rendiamo conto che le cose più grandi non le possiamo fare”. Esse, annota il Papa, “possono venire a noi soltanto come un dono: l’amicizia, l’amore, la gioia, la felicità”. Anche la vita, prosegue, “non possiamo darcela da soli”. Oggi, aggiunge, “quasi nessuno parla più della vita eterna, che una volta era il vero oggetto della speranza”. Senza speranza, infatti, vediamo che la vita “inevitabilmente diventa egoista e alla fine rimane insaziata”. Ecco allora che comprendiamo la vera fonte della speranza: è Gesù Cristo. “Noi – scrive il Papa – non siamo stati lasciati soli. Dio è vivo”, “possiamo rivolgerci a Lui e Lui mi ascolta”. Noi “possiamo conoscere Dio” e “Lui conosce noi”. Questa, conclude il Papa, è “la nostra speranza e la nostra gioia”.