DI FRANCESCO OGNIBENE
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omenica in piazza San Pietro per il Regina Coeli del Papa ci sarà anche lui. Anzi, da un’ora prima dell’appuntamento con la preghiera mariana di mezzogiorno il cardinale Angelo Bagnasco guiderà un momento di preghiera «per introdurre il popolo cristiano nel significato dell’incontro con il Santo Padre», come ha annunciato ieri la Consulta nazionale delle aggregazioni laicali (Cnal), l’organismo di coordinamento di 68 tra associazioni e movimenti diffusi in ogni angolo del Paese. È infatti la Cnal ad aver lanciato l’idea di un gesto pubblico significativo per esprimere affetto e sostegno a Benedetto XVI. E ora che tutte le realtà del laicato cattolico sono in fermento per organizzare una presenza di rilievo, la Cnal già parla di «decine di migliaia» di persone attese domenica in piazza, sin dalle prime ore del mattino per non perdersi un posto nell’abbraccio del colonnato. Il presidente della Cei parla di «felice intuizione» e tiene a ringraziare la Consulta per l’iniziativa del 16 maggio, alla vigilia della quale riflette su quel che i cattolici italiani 'diranno' domenica sotto la finestra del Papa.
Eminenza, il laicato cattolico organizzato s’è dato appuntamento domenica per mostrare tutto l’affetto al Papa. Cosa legge in questo gesto pubblico e spontaneo?
«In questo spontaneo movimento del mondo laicale emerge, a mio avviso, quel genuino sensus fidei del popolo cristiano che sa bene dove stare e chi seguire. La gente apprezza quel che il Papa sta facendo per la Chiesa e intende esprimere la sua vicinanza non perché Benedetto XVI si senta intimidito, solo o in pericolo, ma perché si vuole con questo gesto così semplice e immediato aderire personalmente a quell’opera di auto-purificazione della Chiesa, che è sempre necessaria ed oggi urgente».
Cosa si attende da un’iniziativa così eccezionale?
«Spero che sia un segnale anzitutto per tutti i credenti. Sicuramente servirà a riscoprire l’unità della Chiesa attorno a Pietro, e più in concreto l’adesione filiale al suo limpido magistero e alla sua testimonianza cristallina. In questi anni abbiamo tutti imparato da Benedetto XVI il dono della gioia che nasce dall’incontro personale con Cristo, ma anche la capacità di soffrire per Lui, senza ritrarsi dinanzi a difficoltà o pericoli. All’esterno del mondo cattolico credo che una 'piazza' così lieta e serena sarà un messaggio positivo di maturità umana che non potrà che riverberare sul clima generale della nostra società, spesso divisa artificialmente anche sulle questioni più scottanti».
Si colgono i segnali di una mobilitazione molto generosa, con treni speciali e pullman da tutta Italia. Viaggi notturni, lunghe trasferte, per poter essere anche solo pochi minuti sotto la finestra di Benedetto XVI. Potendo rivolgersi a questo 'popolo' che si accinge a partire, cosa gli chiede? Quale deve essere il clima di questo singolare evento?
«Il clima deve essere quello di un pellegrinaggio per riscoprire il desiderio di essere oggi credenti, il che vuol dire sentirsi spinti a conoscere Dio, al di fuori del quale tutta l’esistenza cambia di significato. È un atto squisitamente spirituale quello che si compirà domenica mattina con la preghiera del Regina Coeli in piazza San Pietro.
Come sempre, e com’è naturale, la prontezza della risposta all’invito a 'esserci' è assai variegata: c’è chi ha aderito con entusiasmo e chi invece esita, forse per un po’ di allergia agli avvenimenti 'di piazza'. A questi ultimi cosa si sente di dire?
«Piazza San Pietro, proprio per la sua mirabile linea architettonica, non è mai contro qualcuno, e ha sempre la forma inclusiva. Il che significa che non ci sono da temere significati che valicano quello di un gesto di affetto e di gratitudine per il Papa, e più profondamente per il bene della Chiesa in quest’ora delicata ed esigente. Stare in piazza esprime pure la dimensione comunitaria dell’esperienza della fede, che non è mai un percorso individuale ma fa sempre riferimento a una relazionalità diffusa che oggi è ancor più necessaria in un contesto sociale sempre più liquido e indistinto».
Qualcuno potrebbe interpretare l’iniziativa di domenica prossima come un modo per contrapporre i cattolici agli 'altri'. C’è il pericolo di questo – anche involontario – effetto polemico?
«Come bene ha detto martedì il Papa nel suo viaggio verso il Portogallo, la Chiesa non teme i nemici dall’esterno ma si preoccupa delle insidie al suo interno per la debolezza dei singoli cristiani e per la forza del peccato individuale. Non vi è dubbio che la questione della pedofilia, giustamente definita una 'terrificante' esperienza che ha coinvolto alcuni ecclesiastici colpendo vittime innocenti e per di più minorenni, resta una ferita profonda. Ma proprio la presa di coscienza della Chiesa e la sua volontà di penitenza e di purificazione sono i migliori antidoti a una vicenda che deve immediatamente lasciare il campo a una testimonianza coerente, come accade per altro nella stragrande maggioranza dei casi e come il popolo cristiano e la società civile riconosce, laddove il prete è spesso l’unico punto di riferimento».
In molte occasioni pubbliche recenti il Papa è già stato 'abbracciato' dai cattolici italiani – pensiamo solo all’Aula Paolo VI stracolma per l’udienza che ha concluso il convegno 'Testimoni digitali' meno di venti giorni fa. Il Santo Padre è sembrato apprezzare molto il sostegno sincero che si è colto in queste circostanze. Ha avuto modo di verificarlo anche lei?
«Il Papa non cerca e tantomeno chiede prove di sostegno e di vicinanza. La sua fiducia è saldamente riposta nel Signore e nella verità dell’azione pastorale che sta promuovendo nella Chiesa, sin dal suo esordio. Tuttavia ciò non lo esime dal chiedere umilmente la preghiera, come ebbe a dire proprio nell’omelia di inizio del suo ministero petrino quando esclamò: 'Cari amici, in questo momento io posso dire soltanto: pregate per me, perché io impari sempre più ad amare il Signore.
Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge...
Pregate per me perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni per gli altri, perché il Signore ci porti e noi impariamo a portarci gli uni gli altri'».
I fatti degli ultimi mesi sono destinati a lasciare un’ombra nel rapporto degli italiani con la Chiesa?
«Il rapporto degli italiani con la Chiesa è genetico e si nutre di quotidianità e di prossimità che non possono essere scalfite da notizie intorno a casi gravi e circoscritti che non entrano nel merito di una esperienza che è consolidata e ravvivata dalla dedizione sincera e disinteressata di innumerevoli sacerdoti. Laddove c’è un contatto vero con un prete anche la ferita della contro-testimonianza di alcuni si attenua e cede il passo a un sostegno ancor più convinto alla Chiesa che resta per tutti uno spazio aperto e ospitale».
Abbiamo assistito ad attacchi, polemiche e insinuazioni che hanno preso di mira lo stesso Santo Padre.
C’è chi ha parlato di un vero e proprio 'piano' preordinato per screditare la Chiesa. Lei, eminenza, come la pensa?
«Non penso a un piano preordinato, ma al concorso convergente di mediocrità. La prima e più negativa è la mediocrità di quei sacerdoti che hanno tradito la loro vocazione e insieme la fiducia dei più giovani e delle loro famiglie. Poi viene la mediocrità di chi non aiuta a capire ma tende a creare un effetto spettacolarizzato. Ciò che scredita la Chiesa comunque è sempre anzitutto la contro-testimonianza di alcuni suoi membri, come ha rimarcato Benedetto XVI nel suo viaggio verso Fatima».
La Chiesa sta attraversando un tempo di prova. Quale deve essere l’atteggiamento del credente di fronte all’emergere di notizie anche dolorose, che talora possono disorientare?
«Occorre fare della prova un’occasione di crescita. Ciascuno deve sentire che è chiamato in causa perché la sua vita sia all’altezza della vocazione cristiana. Secondo l’ammonimento biblico – 'Chi crede di stare in piedi guardi di non cadere' – ciascuno assicuri una testimonianza credibile e affidabile della propria vita. Accanto a ciò si richiede la massima trasparenza perché la verità faccia comunque e sempre il suo corso e si possano conoscere esattamente le accuse e, una volta accertate le responsabilità, le conseguenze giuridiche. Non deve mancare in tutto questo uno sguardo di attenzione per le vittime che vanno aiutate a ritrovare un equilibrio affettivo e talvolta accompagnate anche nella loro ricerca spirituale. Quanto infine a coloro che hanno abusato, verificata la loro reale volontà di cambiamento, si mettano in condizione di purificarsi e di fare penitenza».
Per concludere torniamo all’iniziativa di domenica prossima, un gesto di amore a Pietro in un tempo nel quale si diffonde l’idea di una fede 'autogestita', relativista, giocata all’insegna del 'credo, sì, ma a modo mio'. Perché è importante oggi sapersi dire e mostrare al fianco del Papa?
«Non è la prima volta che il popolo cattolico del nostro Paese si ritrova a Roma insieme al Papa. Cambiano le circostanze e le ragioni, ma ogni volta il popolo dei credenti esce dall’incontro con il Santo Padre rinfrancato nell’appartenenza ecclesiale e nell’impegno personale.
Mi auguro che dopo il 16 maggio ci sia ancora maggiore consapevolezza della bellezza e della responsabilità dell’essere Chiesa oggi. E anzi voglio esplicitamente ringraziare la Cnal, che ha avuto la felice intuizione di questa giornata per attestare a Benedetto XVI che la gente vuole seguirlo fino in fondo nella via dell’esperienza cristiana».
© Copyright Avvenire 13 maggio 2010