DI FILIPPO RIZZI
S uor Lucia dos Santos (1907-2005) e il Papato: un legame inscindibile per capire, nel profondo, i tre segreti di Fatima e di riflesso il dramma del Novecento. Un vincolo che è testimoniato, proprio in questi giorni dalla presenza di Benedetto XVI in Portogallo per i dieci anni dalla beatificazione dei pastorelli di Fatima Giacinto e Francesca. Si tratta della quinta visita di una Papa a Fatima, dopo quella di Paolo VI nel 1967 e le tre di papa Wojtyla nel 1982, nel 1991 e nel 2000. Fu infatti il 13 maggio del 2000 Giovanni Paolo II a proclamare beati i due pastorelli, alla presenza dell’ultima superstite delle apparizioni mariane, l’allora 93enne religiosa carmelitana, suor Lucia de Jesus.
In quel frangente – a 19 anni esatti dall’attentato in piazza San Pietro del 1981 – il Papa decise ai piedi del Santuario mariano, di rivelare, per bocca del cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato vaticano, il terzo segreto di Fatima. Si trattava della terza parte della rivelazione che la Madonna aveva fatto ai tre pastorelli portoghesi Lucia, Giacinta e Francesco. Giacinta e Francesco morirono nel giro di pochi anni, Lucia si farà suora nel 1928. Nel 1941 suor Lucia scriverà un resoconto dell’apparizione. Il testo è articolato in tre profezie. Le prime due parti verranno rese pubbliche da Pio XII nel 1942. La prima riguarda la visione dell’Inferno. La seconda profezia riguarda la Seconda guerra mondiale e parla anche della consacrazione della Russia al «cuore immacolato» della Madonna. La terza profezia viene scritta da suor Lucia il 3 gennaio 1944 e affidata al vescovo di Leira, che la consegna a Pio XII. I successori di Eugenio Pacelli, Giovanni XXIII e Paolo VI decidono di non rendere pubblico il documento. Su indicazione di suor Lucia il contenuto del testo avrebbe dovuto essere rilevato dopo il 1960. Il 13 maggio del 2000 il cardinale Sodano annuncia così al mondo che il terzo segreto profetizza la lotta dei sistemi atei contro la Chiesa e, in particolare, l’attentato al Papa del 1981. Sarebbe lui «il vescovo vestito di bianco» di cui parlò suor Lucia. Come noto in segno di ringraziamento dal 1984 Giovanni Paolo II ha voluto che il proiettile estratto dal suo corpo fosse incastonato nella corona della statua della Madonna di Fatima. Pochi mesi dopo, il 26 giugno del 2000, dalla rivelazione del terzo segreto di Fatima toccherà all’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede il cardinale Joseph Ratzinger e futuro Benedetto XVI spiegare il senso più profondo del terzo segreto nel documento Il messaggio di Fatima.
In quella conferenza stampa il futuro Benedetto XVI parlerà di «penitenza e del sacrificio dei martiri della Chiesa». «Nella via Crucis del Novecento – affermerà in quel frangente il cardinale Ratzinger – la figura del Papa ha un ruolo speciale e Giovanni Paolo II ha riconosciuto nel messaggio mariano 'il proprio destino'». Un’ammirazione quella di papa Benedetto XVI per suor Lucia dos Santos manifestata dalla decisione il 13 febbraio del 2008, nel terzo anniversario della morte della religiosa carmelitana, di avviare il processo di beatificazione, attraverso una dispensa pontificia, del tutto simile a quella adottata come nel caso di Giovanni Paolo II e di madre Teresa di Calcutta. Dal suo parlatoio nel monastero di Santa Teresa di Coimbra suor Lucia è stata protagonista di importanti incontri nel 1977 con il patriarca di Venezia, il cardinale Albino Luciani, quasi un anno prima che divenisse papa con il nome di Giovanni Paolo I, nel 1997 con l’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Joseph Ratzinger e in tre volte successive dal 2000 al 2003, con l’arcivescovo Tarcisio Bertone oggi cardinale e segretario di Stato Vaticano.
Ma sicuramente il legame che più ha segnato la sua vita e il suo Novecento è stato quello con Giovanni Paolo II. A testimonianza di questo è quanto ha solo poco tempo fa detto ad Avvenire il nipote della religiosa, il sacerdote salesiano, don José dos Santos Valinho: «Fino all’ultimo momento della sua vita pur vinta dalla sofferenza dell’età pregava per il Papa e per la sua salute molto precaria e la sua degenza al Gemelli. Una preghiera la sua sempre associata agli altri due pastorelli, Francesco e Giacinta, ripetendo sempre la parola 'Per il Santo Padre, Nostra Signora! Angioletti, cuore di Gesù andiamo in cielo!... con nostro Signore… Nostra Signora…' sono state le sue ultime preghiere fino all’ultimo respiro. Ha affidato tutta se stessa a Maria perché aiutasse e sostenesse fin all’ultimo nel suo gravoso compito papa Wojtyla, il Pontefice per cui nutriva e avvertiva un’amicizia fuori dal comune».
© Copyright Avvenire 14 maggio 2010