di Andrea Galli
Oggi «vediamo in modo realmente terrificante» che «la più grande persecuzione non viene dai nemici di fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa». A dare il quadro interpretativo più profondo dello scandalo sugli abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi è stato come al solito Benedetto XVI. Un quadro di cui si comprende tutta la portata se si pensa – oltre alla gravità dei delitti in sé – quale sia l’empietà di mani ordinate per trasformare il pane e il vino e nel corpo e sangue del Signore, o di uomini i cui voti dovrebbero parlare di realtà escatologiche, e che parlano invece di lussuria e violenza. Detto questo, sono proprio la «verità» e la «trasparenza» così invocate in questi mesi che richiedono una disamina più possibile precisa del problema «preti pedofili », soprattutto per come questo è presentato e spesso strumentalizzato dai media. A questo proposito sono appena usciti in libreria due utili instant book. Il primo è Preti pedofili: la vergogna, il dolore e la verità sull’attacco a Benedetto XVI (San Paolo, pp. 92, euro 8) di Massimo Introvigne, in cui il sociologo delle religioni ricorda tanti aspetti negati o poco noti di questa vicenda. Dai numeri forniti dallo studio del Jay College of Criminal Justice della City University of New York, la più autorevole istituzione accademica del Paese in materia di criminologia, e che sono lungi dall’indicare un problema di vaste proporzioni (fermo restando che anche un singolo caso è orrendo e inaccettabile). Dalle deformazioni mediatiche di documenti vaticani di cui molto si è parlato nel recente passato, come il Crimen sollicitationis del 1962, alle mistificazioni contenute nel documentario della Bbc Sex Crimes and the Vatican, che ha contribuito a spostare il piano delle polemiche sullo stesso Ratzinger. Alla presenza del problema – e in misura non minore, anzi – in altre confessioni cristiane o altre religioni, come quella ebraica. Il che non deve servire per rifugiarsi in un «mal comune mezzo gaudio», ma per valutare il trattamento peculiare riservato alla Chiesa cattolica a e comprendere che gli abusi nulla hanno a che fare con norme canoniche come il celibato ecclesiastico. Alle tattiche messe in campo da assicurazioni e studi legali per lucrare sui risarcimenti alle vittime, soffiando sul fuoco, dove possibile. Fino ai recentissimi articoli del New York Times , che cercando di coinvolgere in modo maldestro Benedetto XVI, hanno finito per rendere più chiara l’esistenza di un doppio fondo in non poche denunce a mezzo stampa. Eccetera.
Temi che sono in buona parte ripresi anche da Indagine sulla pedofilia nella Chiesa (Fede e cultura, pagine 80, euro 6) di Agnoli, Bertocchi, Guzzo, Introvigne, Volonté e in cui, tra le altre cose, ci si sofferma sul problema dei «falsi abusi», ovvero delle calunnie che hanno sconvolto la vita di molti, troppi sacerdoti e religiosi innocenti. E sull’ipocrisia che fa capolino dietro a certe campagne laiche per la tutela dell’infanzia, e contro la Chiesa, che tuttavia nulla hanno da dire sul libertarismo dionisiaco, su una cultura che ha nella licenziosità irresponsabile e nella lotta contro il pudore e la castità «sessuosuofobiche » un postulato. Salvo poi alzare alti lai quando la «liberazione» dell’istinto, tanto caldeggiata, tocca il fondo atroce del suo piano inclinato.
Temi che sono in buona parte ripresi anche da Indagine sulla pedofilia nella Chiesa (Fede e cultura, pagine 80, euro 6) di Agnoli, Bertocchi, Guzzo, Introvigne, Volonté e in cui, tra le altre cose, ci si sofferma sul problema dei «falsi abusi», ovvero delle calunnie che hanno sconvolto la vita di molti, troppi sacerdoti e religiosi innocenti. E sull’ipocrisia che fa capolino dietro a certe campagne laiche per la tutela dell’infanzia, e contro la Chiesa, che tuttavia nulla hanno da dire sul libertarismo dionisiaco, su una cultura che ha nella licenziosità irresponsabile e nella lotta contro il pudore e la castità «sessuosuofobiche » un postulato. Salvo poi alzare alti lai quando la «liberazione» dell’istinto, tanto caldeggiata, tocca il fondo atroce del suo piano inclinato.
«Avvenire» del 14 maggio 2010