di Tommy Cappellini
I secoli passano come attimi e quella che ieri era una notizia di scarso valore, oggi tutti se la strappano di mano. Dio, per esempio. Se all’inizio dell’800 François Buloz, direttore della Revue des deux mondes, rispondeva al giornalista Pierre Leruex che gli proponeva un articolo su Dio: «Manca di attualità», ecco che ai nostri tempi non c’è come tirare in ballo il Creatore per scatenare sulla stampa polemiche intellettuali. Giulio Giorello è uno dei più celebri filosofi della scienza italiani.
Professore, ha sentito? L’astrofisico Stephen Hawking ha affermato che Dio non è necessario per spiegare il mondo. Basta la legge di gravità.
«Che Hawking sarebbe arrivato prima o poi a una tesi del genere lo si poteva arguire dal saggio precedente Dal Big Bang ai buchi neri, dove già scriveva che l’universo rappresenta l’unico pasto gratis dell’eternità: ti viene dato senza che tu abbia fatto nulla, te lo trovi lì. Ad ogni modo, se si va a vedere gli scritti di cosmologia contemporanei, quello di un universo autonomo è un pensiero abbastanza condiviso da moltissimi membri della comunità scientifica mondiale».
Come ci si è arrivati?
«Secondo la mitologia indiana il mondo poggia su una tartaruga. Questa tartaruga poggia su un’altra tartaruga, e via così, fino a quando la fatidica domanda, molto occidentale, su chi ha creato il Creatore non viene a mozzare questa catena. Ma se la catena deve interrompersi, ha pensato qualcuno, perché non interromperla fin da subito? Ecco allora sorgere l’equazione secondo cui il creatore dell’universo equivale all’universo stesso. È la teoria, tra gli altri, anche di Alex Vilenkin in un saggio che ho fatto pubblicare nella collana che dirigo per Raffaello Cortina: Un solo mondo o mondi infiniti?».
Teoria non nuovissima ...
«Certo che no! Giordano Bruno, nel De Immenso, diceva che il teatro del mondo è senza regista. O meglio: che teatro e regista coincidono. A coloro che erano sbigottiti dalla rivoluzione copernicana Bruno proponeva: inutile cercare Dio nei cieli, noi siamo cielo alla luna come la luna è cielo per noi, cercatelo piuttosto nella vostra interiorità. Spinoza, per citarne un altro, spiegò che Dio è uguale alla Sostanza e la Sostanza è Uguale alla Natura. In un’ottica di questo genere non è scandaloso che Hawking affermi che la fisica spiega il mondo e addirittura perché esiste il mondo».
Ma Hawking vuol essere scienziato, non filosofo.
«Ed è proprio come scienziato che crede che non esista niente di inspiegabile. È corretto, perché se credesse il contrario dovrebbe cambiare mestiere, e tutti noi con lui. Postulare un agente superiore alla natura significa smettere di fare scienza. Comunque la questione rimarrà aperta: il banco di prova non è se Dio mette o meno ordine nelle leggi della fisica, ma se parla o tace alla nostra coscienza. Qui mi rifaccio a Karl Barth: “Dio è una partita che si gioca nell’anima”».
Eppure quella di Hawking ha l’autorevolezza delle risposte definitive.
«Non credo la intenda così nemmeno lui. Quando gli riferirono che se si fosse trovato finalmente il bosone di Higgs negli esperimenti al Cern di Ginevra sarebbe stata la conferma di molte sue teorie, Hawking rispose: speriamo allora che non lo trovino, così sarò costretto a ripensare tutto da capo. È uno scienziato, è uno che sa sbarazzarsi in fretta di quelle che gli americani chiamano pet-ideas, idee cucciolo per le quali si prova un affetto insensato».
«Che Hawking sarebbe arrivato prima o poi a una tesi del genere lo si poteva arguire dal saggio precedente Dal Big Bang ai buchi neri, dove già scriveva che l’universo rappresenta l’unico pasto gratis dell’eternità: ti viene dato senza che tu abbia fatto nulla, te lo trovi lì. Ad ogni modo, se si va a vedere gli scritti di cosmologia contemporanei, quello di un universo autonomo è un pensiero abbastanza condiviso da moltissimi membri della comunità scientifica mondiale».
Come ci si è arrivati?
«Secondo la mitologia indiana il mondo poggia su una tartaruga. Questa tartaruga poggia su un’altra tartaruga, e via così, fino a quando la fatidica domanda, molto occidentale, su chi ha creato il Creatore non viene a mozzare questa catena. Ma se la catena deve interrompersi, ha pensato qualcuno, perché non interromperla fin da subito? Ecco allora sorgere l’equazione secondo cui il creatore dell’universo equivale all’universo stesso. È la teoria, tra gli altri, anche di Alex Vilenkin in un saggio che ho fatto pubblicare nella collana che dirigo per Raffaello Cortina: Un solo mondo o mondi infiniti?».
Teoria non nuovissima ...
«Certo che no! Giordano Bruno, nel De Immenso, diceva che il teatro del mondo è senza regista. O meglio: che teatro e regista coincidono. A coloro che erano sbigottiti dalla rivoluzione copernicana Bruno proponeva: inutile cercare Dio nei cieli, noi siamo cielo alla luna come la luna è cielo per noi, cercatelo piuttosto nella vostra interiorità. Spinoza, per citarne un altro, spiegò che Dio è uguale alla Sostanza e la Sostanza è Uguale alla Natura. In un’ottica di questo genere non è scandaloso che Hawking affermi che la fisica spiega il mondo e addirittura perché esiste il mondo».
Ma Hawking vuol essere scienziato, non filosofo.
«Ed è proprio come scienziato che crede che non esista niente di inspiegabile. È corretto, perché se credesse il contrario dovrebbe cambiare mestiere, e tutti noi con lui. Postulare un agente superiore alla natura significa smettere di fare scienza. Comunque la questione rimarrà aperta: il banco di prova non è se Dio mette o meno ordine nelle leggi della fisica, ma se parla o tace alla nostra coscienza. Qui mi rifaccio a Karl Barth: “Dio è una partita che si gioca nell’anima”».
Eppure quella di Hawking ha l’autorevolezza delle risposte definitive.
«Non credo la intenda così nemmeno lui. Quando gli riferirono che se si fosse trovato finalmente il bosone di Higgs negli esperimenti al Cern di Ginevra sarebbe stata la conferma di molte sue teorie, Hawking rispose: speriamo allora che non lo trovino, così sarò costretto a ripensare tutto da capo. È uno scienziato, è uno che sa sbarazzarsi in fretta di quelle che gli americani chiamano pet-ideas, idee cucciolo per le quali si prova un affetto insensato».
«Il Giornale» del 3 settembre 2010