DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Il mito del Medioevo capitalista. Lo storico Jacques Le Goff contro la crescente tendenza a retrodatare l’inizio della moderna economia di mercato

di Jaques Le Goff

Secondo Karl Polanyi, nella so cietà occidentale l’economia non possiede una specificità autonoma fino al XVIII secolo. A suo avviso essa è incorporata (embedded) in quello che chiama «la birinto delle relazioni sociali». Ri tengo che la sua tesi si applichi alla visione del mondo medievale, che non lascia spazio al concetto di e conomia, a parte l’accezione di e­conomia domestica ereditata da A ristotele. In questo saggio ho cerca to di dimostrare che lo stesso vale per il denaro. Il denaro nel senso qui attribuitogli è una realtà difficile da definire. Albert Rigaudière, che già ho menzionato nell’Introduzione, sostiene a buon diritto che il concetto di denaro sfugge conti nuamente a chi pretende di rinchiuderlo in una definizione. I prin cipali dizionari testimoniano que sta difficoltà a fornire una definizio ne precisa: «Ogni sorta di moneta e per estensione ciò che rappresenta questa moneta: capitale, fondi, for tuna, contante, pecunia, rendite, ri sorse, ricchezza, senza contare i ter mini colloquiali o popolari, come grana».
L’assenza di un concetto medievale di denaro va messa in relazione con la mancanza non solo di un ambito economico specifico, ma anche di vere teorie economiche – gli storici che attribuiscono un pensiero eco nomico ai teologi scolastici o agli ordini mendicanti, in particolare ai francescani, commettono un ana cronismo. In generale, nella mag gior parte dei settori della vita indi viduale e collettiva, uomini e donne del Medioevo si comportano in modi che li rendono ai nostri occhi degli estranei e che obbligano gli storici a chiarire il proprio lavoro di ricostruzione alla luce dell’antropo logia. L’«esotismo del Medioevo» è particolarmente forte in ciò che concerne il denaro. All’idea che tendiamo a farcene og gi dobbiamo sostituire una realtà medievale caratteriz zata dalla pluralità delle monete, che in effetti cono scono una fase di grande varietà e dinamismo relati vamente a conio, impiego e circolazione. Il fenomeno è difficile da valutare a causa della scarsità di fonti che riportino cifre prima del secolo XIV; spesso non riusciamo nemmeno a capire se le monete citate in una fonte so no veri pezzi metallici o solo valute di conto.
La diffusione del denaro a partire dal XII secolo, durante quella che Marc Bloch ha chiamato seconda età feudale, coinvolge anche istitu zioni e pratiche proprie del mondo feudale. La contrapposizione fra denaro e feudalesimo non corri sponde alla realtà storica. Lo svi luppo della moneta ha accompa gnato l’evoluzione della vita sociale medievale nel suo insieme. Per quanto strettamente legato alle città, il denaro è largamente circo lato nelle campagne. Ha beneficia to della ripresa del commercio, una delle ragioni che spiegano l’influen za esercitata in questo campo dal l’Italia e dagli italiani anche nell’Eu ropa settentrionale. L’uso crescente del denaro dipende anche dai ten tativi di riorganizzazione amministrativa da parte di re e principi, i cui fabbisogni di nuove entrate hanno condotto all’implementa zione più o meno riuscita di sistemi fiscali basati sull’esazione di con tante. Se la presenza del denaro nella società è in aumento, nella forma di una molteplicità di mone te, è soltanto a partire dal Trecento, e sempre in misura limitata, che compaiono metodi di pagamento alternativi all’impiego della mone ta, come la lettera di cambio o la rendita. D’altro canto, anche se la pratica sembra in diminuzione nel tardo Medioevo, continuano a esi stere forme di tesaurizzazione non solo in lingotti, ma anche e soprat tutto in tesori e oreficeria.
È chiaro che parallelamente a una certa promozione sociale e spiri tuale del mercante l’uso del denaro è stato favorito da una lenta evolu zione delle idee e dei comporta menti della Chiesa; si ha l’impressione che essa abbia voluto aiutare gli uomini del Medioevo a salva guardare nello stesso tempo la bor sa e la vita, vale a dire la ricchezza terrena e la salvezza eterna. Dal momento che, pur in mancanza di riflessioni specifiche, un ambito co me quello dell’economia esiste al di fuori della consapevolezza che chierici e laici ne hanno, o meglio non hanno, ribadisco la mia con vinzione che l’uso del denaro nel Medioevo sia da inserire nell’eco nomia del dono: la subordinazione delle attività umane alla grazia di Dio riguarda anche il denaro. A tal proposito, mi sembra che l’impiego «laico» del denaro sia stato condi zionato da due concezioni specifi camente medievali: l’aspirazione alla giustizia, che si ripercuote nella teoria del giusto prezzo, e l’esigenza spirituale della caritas.
Nel corso del Medioevo la Chiesa ha senza dubbio contribuito a ria bilitare, a determinate condizioni, i professionisti del denaro favorendo la comparsa di una visione positiva della ricchezza presso la ristretta é lite dei cosiddetti preumanisti della fine del XIV e del XV secolo. Se il de naro ha progressivamente cessato di essere maledetto e infernale, per tutto il Medioevo esso è rimasto tuttavia quanto meno sospetto. Mi è sembrato infine necessario preci sare, sulla scia di importanti storici, che il capitalismo non è nato nel Medioevo e nemmeno si può con siderare quest’epoca precapitalisti ca: la penuria di metallo pregiato e la frammentazione dei mercati hanno impedito che si creassero le condizioni adatte. Quella «grande rivoluzione» che Paolo Prodi collo ca nel Medioevo, a mio parere sba gliando, si verificò soltanto nei se coli XVI e XVII. Nel Medioevo né il denaro né il potere economico so no arrivati a emanciparsi dal siste ma globale di valori proprio della religione e della società cristiana.
La creatività del Medioevo è altrove.
«Se il denaro ha cessato progressivamente di essere maledetto e infernale, per tutta l’Età di Mezzo esso è rimasto tuttavia quanto meno sospetto»

«Avvenire» del 15 ottobre 2010