DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Ratzinger vs Nietzsche e le “minoranze creative”

Mercoledì 29 Settembre 2010 17:07

È soltanto superando gli obsoleti cliché moralistici, che si potrà scoprire la vera natura del cristianesimo nell'incontro con Cristo e nella pienezza dell'Amore

di Vincenzo Barcellona

Friedrich Nietzsche (1844-1900), considerato tra i più originali pensatori occidentali di ogni tempo, continua ancora oggi ad esercitare un'enorme influenza sul pensiero filosofico e non solo.

Nietzsche rientra a pieno titolo nell'evoluzione culturale descritta per comprendere quale sia stato il percorso storico di distacco dell’uomo dalla religiosità (leggi La difficoltà attuale a capire il cristianesimo), anzi probabilmente rappresenta la tappa finale, o se preferiamo, quella in cui il distacco diventa “l’uccisione di Dio”. Di quel punto di vista troviamo conferma, ulteriore arricchimento ed evidenze storicamente più attuali in ciò che ha scritto Josef Ratzinger, prima da cardinale e poi da Papa.

Ratzinger, divenuto pontefice, cita Nietzsche, in riferimento alla sessualità, nell’enciclica Deus caritas est. Infatti dopo un'attenta disamina filologica dei termini che hanno dato origine alla parola amore – eros(amore tra uomo e donna ), agape (amore nel senso più ampio del termine), filia (amore di amicizia) – Benedetto XVI si esprime così: “Nella critica al cristianesimo che si è sviluppata con crescente radicalità a partire dall’illuminismo, questa novità [la messa in disparte della parola eros, n.d.r.] è stata valutata in modo assolutamente negativo. Il cristianesimo, secondo Friedrich Nietzsche avrebbe dato da bere del veleno all’eros, che pur non morendone ne avrebbe tratto una spinta a degenerare in vizio [cfr. Jenseits von Gut und Böse, IV, 168]. Con ciò il filosofo tedesco esprimeva una percezione molto diffusa: la Chiesa con i suoi comandamenti e divieti non ci rende forse amara la cosa più bella della vita? Non innalza forse cartelli di divieto proprio là dove la gioia, predisposta per noi dal Creatore, ci offre una felicità che ci fa pregustare qualcosa di Divino?”.
Dopo aver tratteggiato come l’eros sia stato concepito nelle epoche passate – come ebbrezza divina o come culto della fertilità, in una prospettiva principalmente corporea, pur con l’aspettativa di un contatto con il divino della natura – Benedetto XVI, sempre nella stessa enciclica, ci ricorda come esso possa trovare la sua vera grandezza quando la persona, che in realtà è creatura unitaria, ama con il corpo e, contemporaneamente, anche con l’anima. Non si ha l’“avvelenamento” della sessualità ma la sua apertura verso una forma di amore più grande e completa che può, proprio per questo, aprire l’uomo alla realtà di Dio.

Qualche anno prima, da cardinale, Ratzinger, affrontando il tema del rapporto dell’uomo contemporaneo con la religiosità aveva scritto: “...la fede cristiana oggi stenta a raggiungere, con il suo grande messaggio, gli uomini in Europa... Vedo due cause principali. La prima è stata introdotta da Nietzsche quando disse: Finché non si percepisce la morale del cristianesimo come crimine capitale contro la vita, i suoi difensori avranno sempre gioco facile” (1).

Il Cristianesimo ha dunque per Nietzsche un valore assolutamente negativo. Egli nella morale cristiana (da lui definita "morale dei vinti") vede una sorta di negazione della vita. Quella cristiana è la religione dei deboli, degli schiavi, di coloro che rinunciano a vivere nel senso pieno del termine ed individua nella stessa storia dell'Occidente un lungo processo di decadenza dell'uomo che ha rinunciato alla vera essenza vitale della natura umana; il vero destino dell'uomo è invece l'affermazione della propria libertà (volontà di potenza). Ma è davvero così? Una vita all’insegna dei valori cristiani è una vita di pura rinuncia? È una vita in cui non si possono vivere pienamente le potenzialità dell’esistenza? Aderendo al cristianesimo che “sembra limiti l’uomo in tutto, che guasti la sua gioia di vivere , che limiti la sua libertà così preziosa e lo conduca non al largo... ma nell’angustia, nello stretto” (2) non si è più veramente liberi?
Ratzinger ci sorprende perché non è con argomentazioni teologiche o filosofiche che controbatte le tesi del filosofo, di estrema attualità in quanto costituiscono oggi un orientamento per molti e fanno parte del senso comunemente accettato. Infatti, per ciò che riguarda questa critica più generale al cristianesimo, Ratzinger afferma che esso può ricevere nuova linfa solo se vi saranno uomini e donne che mostrino agli altri con il loro esempio che è possibile una vita “in tutta la sua e libertà”, che sperimenta l’amore come apertura alla grandezza della vita. È questo il compito delle minoranze creative cioè di quei credenti che in questa contingenza storica accettano la sfida di essere “lievito”, facendo vedere agli altri come si possa vivere dei grandi valori della tradizione cristiana, presentando questo modello di vita in modo convincente e infondendo il coraggio di viverlo. Probabilmente la Chiesa ha proposto nel passato modelli di vita che erano più incentrati sul moralismo piuttosto che sull’incontro con Cristo: solo da questo incontro può prendere forma la nuova vita del credente. Il vero cristianesimo, anche se impegnativo, è gioioso perché nella conoscenza di Cristo si è trovata “la perla preziosa (cfr Mt 13,45 sgg.) che dà valore a tutta la vita, facendo sì che tutti gli imperativi cristiani non siano più zavorre che immobilizzano l’ uomo, ma piuttosto ali che lo portano in alto” (3).

(1) J.Ratzinger – M.Pera, Senza radici, Mondadori, Milano, 2004, p.113
(2) Ibidem
(3) Ibidem, p. 109


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