DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Unità d'Italia, un bene costato tanto male. Il giudizio sulle guerre risorgimentali

di Francesco D’Agostino
Tratto da Avvenire del 6 ottobre 2010

Arriva nelle edicole una nuova edizio ne di un classico della storiografia risorgi mentale. L’editore mette in copertina un’immagine d’epoca, riferibile alla san guinosa battaglia di Solfe rino, che vide una rovinosa sconfitta degli austriaci. Scelta non priva di ragioni: il Ri sorgimento ha un carattere fortemente mili tare e giustamente la storiografia usa come espressione consolidata quella di 'guerre di indipendenza' (se ne annoverano tre, cui potrebbe aggiungersi la Spedizione dei Mil le, e non dimentichiamoci che in passato c’era ancora qualcuno che qualificava in questo modo anche la prima guerra mondiale, con esclusivo riferimen to, ovviamente, al nostro Paese). Militarmente queste guerre non sono state particolarmente gloriose; simbolicamen te però hanno attivato sentimenti profondi, che hanno pervaso più di una generazione di i taliani, e hanno dato una nuova legittima­zione al 'mestiere delle armi' (basti pensare ai focosi libretti di diverse opere liriche ri sorgimentali e – esempio estremo – alla zin gara Preziosilla, nella verdiana 'La Forza del Destino', che canta come ritornello «è bella la guerra, evviva la guerra», cui tutto il coro risponde: «Morte ai tedeschi! Flagel d’Italia eterno e de figlioli suoi»).

Sappiamo come il fascismo seppe approfit tare di questi entusiasmi romantici, per con solidarsi ideologicamente nella mente degli italiani. Una mossa scorretta? Probabilmen te, anzi quasi certamente sì; sta di fatto, però, che se non è possibile ridurre il Risor gimento ad una serie di eventi esclusiva mente militari, bisogna pur riconoscere che questi eventi sono stati determinanti per l’unificazione del Paese. Lo dimostrano a sufficienza le innumerevoli statue, poste nelle piazze di tantissime città italiane, di Garibaldi come «generale» e di Vittorio E manuele come re, rappresentanto non inco ronato, ma in divisa e armato. Insomma, l’u nità è stata realizzata grazie a guerre, a bat taglie, a sacrifici di vite umane, anche se non solo attraverso di essi.

Per gli italiani e in particolare per quelli che hanno a cuore l’unità del Paese (come il sot toscritto), questo punto è cruciale, dolente mente cruciale. La Costituzione italiana (ar ticolo 11) dichiara che l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle con troversie internazionali. Dovremmo conclu dere che il Risorgimento sia stato «incostitu zionale»? È un’affermazione che fa sorridere, ma non possiamo metterla da parte, dicen do semplicemente che è ridicola e anacroni stica (è evidente che lo è). Quella della guer ra è una piaga, prima ancora che un proble ma, e nessun giustificazionismo può essere usato per esaltare le guerre del passato (an che di un passato ben più remoto di quello risorgimentale) e in particolare le guerre di aggressione (e le guerre di indipendenza fu rono tutte formalmente guerre di aggressio ne, come capì Pio IX, dopo i primi frainten dimenti, perdendo il favore popolare di cui all’inizio il suo pontificato aveva goduto).

Come si esce da questa difficoltà? Non certo vituperando il processo risorgimentale: sa rebbe sciocco. Se ne esce distinguendo. Di stinguendo l’unificazione dell’Italia, un fatto storico non solo inevitabile, ma irreversibile, dalle modalità con cui fu concretamente realizzata. In quanto militari, queste moda lità vanno ritenute in linea di principio inac cettabili, così come è inaccettabile qualsiasi guerra (se non forse in casi del tutto estremi, come quelli di alcune guerre di autentica di fesa contro un’aggressione ingiusta e rovi nosa). Dalle modalità militari risorgimentali è però scaturito un effetto prezioso (l’unità del Paese). Non ce ne dobbiamo meraviglia re: Dio riesce a produrre il bene anche dal male. A noi spetta, dopo aver distinto il bene dal male (non cedendo quindi all’opinione che in qualche caso la guerra sia «bella», co me canta Preziosilla), riconoscere nell’unifi cazione del nostro Paese un bene, non per come essa si sia realizzata, ma per il fatto che realizzandosi ha consolidato la consi stenza dell’identità italiana: una comune i dentità spirituale e religiosa, prima e più che politica, giuridica e sociale.