Ha detto ieri al sinodo sul medio oriente Raboula Antoine Beylouni, vescovo libanese siro-cattolico: “Il Corano permette al musulmano di nascondere la verità al cristiano e di parlare e agire in contrasto con ciò che pensa e crede. Il Corano dà al musulmano il diritto di giudicare i cristiani e di ucciderli con la jihad (guerra santa). Ordina di imporre la religione con la forza, con la spada. Per questo i musulmani non riconoscono la libertà religiosa, né per loro né per gli altri. Non stupisce vedere tutti i paesi arabi e musulmani rifiutarsi di applicare integralmente i diritti umani sanciti dalle Nazioni Unite”.
Ratisbona docet. Questo Corano nel film francese che ha vinto l’anno scorso a Cannes (“Des hommes et des dieux”), che ha spopolato ai botteghini, che ieri è uscito in Italia, non si legge. Il precetto evangelico di amare il nemico, ciò che significa conoscerlo e riconoscerlo, è trasformato in quel racconto irenista, bello e manipolatorio, nella sordina al cristianesimo, religione che porta sulle sue spalle il senso di colpa dell’occidente ex coloniale e realizza un martirio di civiltà muto, senza significato: la carità al servizio della menzogna compassionevole, invece che della verità. Dal fragile cattolicesimo francese arriva un messaggio di successo, mainstream: la seconda morte degli otto benedettini sgozzati dagli islamisti in Algeria.
Per un film abilmente manipolatorio, per un vescovo pieno di saggezza, un sinodo equivoco. Anche se non sono state le sole, si sono sentite levarsi alte, nella Roma sinodale di queste settimane, voci ecclesiali radicalmente anti-sioniste e anti-israeliane. Legittime, senz’altro, come le repliche che ospitiamo. Israele è una ferita storica, come ogni altro stato realizzando una violenza originaria nel suo costituirsi. L’occupazione è l’occupazione, e ha le sue tristi leggi. Ma le parole pace e democrazia, tolleranza e compassione, hanno un senso solo in Israele, l’unico paese dove i cristiani sono davvero liberi. Ciò che non è nel mondo arabo-musulmano, o peggio iraniano, che circonda e minaccia questo paese in una logica divenuta di puro annientamento dopo l’ondata di islamizzazione radicale dell’ultimo quarto di secolo scorso.
L’islamismo politico sa chi è il proprio nemico: ebrei e crociati. Evangelicamente e biblicamente Israele è un segno di contraddizione che contiene storicamente quel che l’ebraismo, “radice della fede cristiana” secondo Ratzinger, contiene in termini di teologia della storia: il genio religioso di Roma dovrebbe saperlo intercettare e riconoscere per tale, questo segno. La speranza è che le conclusioni del sinodo, proceduralmente complesse, siano più prudenti e coraggiose del suo svolgimento.
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