n Spagna no, all’estero sì. Il governo di Madrid iscriverà nel suo Registro Civile tutti i bambini nati da una «madre in affitto» in Paesi – come gli Usa, la Russia, la Gran Bretagna o l’Ucraina – dove questa pratica è legale. Per il ministero della Giustizia l’obiettivo è fare ordine fra i casi di bimbi spagnoli venuti a mondo ricorrendo all’“affitto” della gestante al di fuori dai confini nazionali.
Ma il Foro della Famiglia avverte: questo passo può “aprire le porte” ad una futura legalizzazione delle “madri in affitto” anche nel Paese iberico. La decisione del governo di José Luis Rodriguez Zapatero preannuncia nuove polemiche in un terreno spinoso. La legge spagnola è chiara: secondo l’attuale legislazione nazionale, è “madre” solo la persona che dà alla luce un figlio. Lo sancisce la stessa Legge di riproduzione assistita, riformata nel 2006 dall’attuale esecutivo socialista. La norma, fra l’altro, considera “nullo” qualsiasi tipo di contratto (a pagamento o meno) che regoli la gestazione di una donna a favore di altri. Il ministero della Giustizia ha promulgato un decreto – apparso ieri sulla Gazzetta Ufficiale (il Boe spagnolo) – che permette ai piccoli venuti alla luce all’estero tramite una “madre in affitto”, di essere iscritti nel Registro Civile, purché uno dei due progenitori sia spagnolo e la mamma rinunci alla filiazione. La novità riguarda in modo particolare le coppie omosessuali. Finora poteva essere riconosciuto come genitore solo il padre biologico, mentre il partner – al di là del sesso (dato che in Spagna è stato regolarizzato il matrimonio gay) – doveva ricorrere all’adozione del bimbo. Da ora in poi, dunque, entrambi i partner (a prescindere dal sesso) potranno registrarsi come progenitori del bambino.
La notizia ricorda una vicenda recente. Una coppia omosessuale di Valencia si era rivolta ad una “madre in affitto” in California per avere due gemelli. Una volta in Spagna, dopo una lunga storia burocratico-giudiziaria, un tribunale valenciano ha annullato l’iscrizione nel Registro Civile dei due uomini come “progenitori” dei due piccoli. La decisione del ministero della Giustizia è stata accolta con grande soddisfazione dalla Federazione nazionale dei gay, dei transessuali e delle lesbiche: la normativa risponderebbe ad una domanda sociale e metterebbe fine ad una «chiara discriminazione», sostiene l’organizzazione. Ma per una buona fetta dell’opinione pubblica spagnola si tratta dell’ennesimo “strappo” di Zapatero in un ambito – quello familiare – che richiede sensibilità e cautela. Per Benigno Blanco, presidente del Foro della Famiglia, le conseguenze del regolamento saranno molteplici. In primis si rischia di «incentivare» la ricerca di «madri in affitto» all’estero. Ma non solo. «Ben presto qualcuno comincerà a chiedersi perché si può fare all’estero e non in Spagna, e alla fine verrà legalizzato» anche qui, ha detto Blanco al quotidiano Abc.
La nuova legge garantisce al piccolo il diritto di conoscere la madre biologica: il nome della donna verrà riportato nella sentenza giudiziaria del Paese d’origine, che dovrà essere presentata come condizione iniziale per l’iscrizione nel Registro spagnolo. L’atto giudiziario deve riconoscere che la madre gestante è d’accordo.
Ma il Foro della Famiglia avverte: questo passo può “aprire le porte” ad una futura legalizzazione delle “madri in affitto” anche nel Paese iberico. La decisione del governo di José Luis Rodriguez Zapatero preannuncia nuove polemiche in un terreno spinoso. La legge spagnola è chiara: secondo l’attuale legislazione nazionale, è “madre” solo la persona che dà alla luce un figlio. Lo sancisce la stessa Legge di riproduzione assistita, riformata nel 2006 dall’attuale esecutivo socialista. La norma, fra l’altro, considera “nullo” qualsiasi tipo di contratto (a pagamento o meno) che regoli la gestazione di una donna a favore di altri. Il ministero della Giustizia ha promulgato un decreto – apparso ieri sulla Gazzetta Ufficiale (il Boe spagnolo) – che permette ai piccoli venuti alla luce all’estero tramite una “madre in affitto”, di essere iscritti nel Registro Civile, purché uno dei due progenitori sia spagnolo e la mamma rinunci alla filiazione. La novità riguarda in modo particolare le coppie omosessuali. Finora poteva essere riconosciuto come genitore solo il padre biologico, mentre il partner – al di là del sesso (dato che in Spagna è stato regolarizzato il matrimonio gay) – doveva ricorrere all’adozione del bimbo. Da ora in poi, dunque, entrambi i partner (a prescindere dal sesso) potranno registrarsi come progenitori del bambino.
La notizia ricorda una vicenda recente. Una coppia omosessuale di Valencia si era rivolta ad una “madre in affitto” in California per avere due gemelli. Una volta in Spagna, dopo una lunga storia burocratico-giudiziaria, un tribunale valenciano ha annullato l’iscrizione nel Registro Civile dei due uomini come “progenitori” dei due piccoli. La decisione del ministero della Giustizia è stata accolta con grande soddisfazione dalla Federazione nazionale dei gay, dei transessuali e delle lesbiche: la normativa risponderebbe ad una domanda sociale e metterebbe fine ad una «chiara discriminazione», sostiene l’organizzazione. Ma per una buona fetta dell’opinione pubblica spagnola si tratta dell’ennesimo “strappo” di Zapatero in un ambito – quello familiare – che richiede sensibilità e cautela. Per Benigno Blanco, presidente del Foro della Famiglia, le conseguenze del regolamento saranno molteplici. In primis si rischia di «incentivare» la ricerca di «madri in affitto» all’estero. Ma non solo. «Ben presto qualcuno comincerà a chiedersi perché si può fare all’estero e non in Spagna, e alla fine verrà legalizzato» anche qui, ha detto Blanco al quotidiano Abc.
La nuova legge garantisce al piccolo il diritto di conoscere la madre biologica: il nome della donna verrà riportato nella sentenza giudiziaria del Paese d’origine, che dovrà essere presentata come condizione iniziale per l’iscrizione nel Registro spagnolo. L’atto giudiziario deve riconoscere che la madre gestante è d’accordo.
Michela Coricelli