La Civiltà Cattolica n. 3843 7-21 agosto 2010
Ombre, luci e motivi di speranza del cattolicesimo in Francia. Gli effetti pastorali e sociologicamente rilevanti della visita di Benedetto XVI in terra francese, che ha mostrato lo stato sostanzialmente vitale della Chiesa a livello popolare
di Giandomenico Mucci s.i.
La cultura moderna è stata profondamente segnata dal progetto di liberare l'uomo occidentale attraverso la negazione e il superamento dei dogmi cristiani: l'ateismo come principio di liberazione umana. La filosofia idealistica tedesca ha elaborato il concetto di alienazione. Per riportare l'uomo a se stesso, bisogna sottrarlo a ciò che lo aliena, a ciò che lo porta fuori dal mondo, ossia innanzitutto alla superstizione religiosa.
Dopo Hegel, gli intellettuali europei, non il popolo, non potranno più dirsi cristiani, così come, dopo Voltaire e Rousseau, gli stessi intellettuali non avevano più potuto accettare un principio di autorità non sottoposto al vaglio della raison. È stato in Francia che si è scardinato il vecchio ordine politico e sociale. È stato in Francia, con Voltaire e gli enciclopedisti, che è cominciata la guerra contro la Chiesa, continuata con mezzi meno violenti, per opportunismo politico, dal liberalismo del secolo seguente (1)
Il secolo XX è stata un'epoca di tali sanguinose tragedie da spegnere di volta in volta, e definitivamente, i miraggi del passato: i lumi della raison, la fede nella filosofia, la fiducia nella storia che avrebbe dovuto dare un senso alla vita. Non a caso, oggi c'è chi parla di devastazione: termine non inadeguato alla cultura del nichilismo e dei «pensieri deboli, pietosamente moralizzanti, minimi» (2).
E la Francia cattolica?
Che cosa ha significato questa mutazione epocale per la Chiesa francese? È una domanda abituale da parte di quei cattolici italiani che sono consapevoli dell'immenso patrimonio di santità, di idee, di arte e di cultura nato in terra francese e diventato patrimonio della Chiesa universale. Ci si affida solitamente alle indagini so-ciologiche. In Italia sono molto seguite quelle dirette da Daniele Hervieu-Léger, direttrice dell'École des hautes études en sciences sociales di Parigi. Ma qualche suo collega italiano, come Luca Diotallevi, professore di Sociologia all'Università di Roma Tre, avanza dubbi sui modelli e le premesse della ricercatrice francese e sulla sua capacità di confrontarsi con l'odierna letteratura scientifica sociologica (3).
Comunque, il lettore ordinario di tali studi si ritrae con la penosa impressione che lo stato della vita di fede nei Paesi di antica cristianità sia pressoché catastrofico e irrecuperabile. È l'impressione derivante dalle fredde percentuali statistiche. Per quanto riguarda la Francia, si ha «la sensazione di un muro che crolla», come ha detto il card. Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione (4).
Alcuni dati possono servire da campioni di una situazione. Nel 1948 i sacerdoti francesi superavano le 42.000 unità. Nel 2007 erano meno di 20.000 e l'età media era superiore ai 60 anni. Nel 1996 i seminaristi francesi erano 1.050. Oggi sono 741. Nel 2002 soltanto 116 giovani sono entrati in seminario. Nel 2008 sono stati 139. Nel 2007, in 50 diocesi francesi non ci sono state ordinazioni sacerdotali e in 24 diocesi soltanto una. La regione di Leon e Quimper, in Bretagna, era chiamata una volta terre des prètres.
Ancora negli anni Sessanta del secolo scorso, le diocesi della Bretagna avevano più di 1.000 sacerdoti e ne offrivano altrettanti ai tenitori di missione nel mondo. Oggi, il clero bretone conta 307 sacerdoti, in maggioranza già ultrasessantenni, con una media di cinque seminaristi per diocesi. E in tutta la Francia le parrocchie sono ormai accorpate, servite da parroci itineranti. Soprattutto in campagna le chiese sono vuote. Ordini e Congregazioni religiose, un tempo celebri e fiorenti, mancano di vocazioni (5).
Sta allora per finire la Chiesa in Francia? C'è chi lo pensa, e sono soprattutto intellettuali. È certamente un fenomeno preoccupante il calo della frequenza alle liturgie e degli esercizi più semplici della vita cristiana. Ma l'osservatore deve anche tener conto di quanto avviene nelle grandi parrocchie popolari e in quelle delle aree suburbane.
Il padre Jean-Miguel Garrigues, domenicano, che vive in Francia, dice: «C'è un popolo che ha una fede molto semplice e spesso rimane fuori anche dalle organizzazioni parrocchiali: frequenta i luoghi di pellegrinaggio, s'innamora dei santi francesi, entra in chiesa per una preghiera, ma poi magari non partecipa alle messe e non ascolta le omelie, le trova troppo complicate. Forse la Chiesa francese negli ultimi decenni ha sacrificato questo cristianesimo popolare, quando tutti cercavano il "cristianesimo adulto"» (6).
Sono osservazioni che riguardano anche i molti immigrati che fanno parte della società francese. Ci sono poi le comunità create dai nuovi movimenti. C'è chi li considera come la vera risposta cristiana alla decristianizzazione e c'è chi, più criticamente e obiettivamente, attribuisce loro un ruolo assai ridotto nella vita della Chiesa.
Degna di nota è l'opinione che Rèmi Brague, professore di Filosofia medievale alla Sorbona, esprime con forza sull'idea che ci si fa, anche all'estero, della crisi della Chiesa in Francia: «Quello che dicono i gruppi di pressione viene presentato come la voce della Chiesa e del popolo cristiano. I discorsi e le parole d'ordine di queste lobby continuano a imperversare sui media con una specie di gioco dello specchio: i media non interpellano altro che i rappresentanti di questi gruppi di pressione, che a loro volta rispondono secondo il copione già predisposto per loro nel racconto mediatico della realtà. La realtà effettuale delle cose è forse più grave di quello che dicono certi gruppi di pressione, ma allo stesso tempo è meno grave di come talvolta la descrivono i media» (7)
Il viaggio del Papa
Ciò che siamo venuti finora dicendo ha trovato un conferma, da molti probabilmente imprevedibile e insperata, nel viaggio che il Santo Padre ha compiuto in Francia nel settembre 2008. È stata l'occasione per avere un'immagine della Chiesa francese, viva, non condizionata dai media, non guardata con il filtro più o meno interessato degli intellettuali. Le Parisien, Le Monde, Le Figaro, che non sono giornali ecclesiastici, Liberation, che è un foglio spesso anticlericale, hanno dovuto registrare con stupore sia l'interesse suscitato dalla parola del Papa sia le folle accorse ad ascoltarla (8).
Partecipando alla Messa celebrata da Benedetto XVI sulla Esplanade des Invalides, il card. Barbarin, e con lui i commentatori televisivi, sono stati sorpresi dal silenzio e dallo spirito di interiorità che caratterizzava quell'assemblea di quasi 300.000 fedeli: famiglie con i figli, giovani, venuti dalla regione parigina e da altre regioni, gente venuta non per vedere il Papa, ma per pregare in una Messa insieme con il Papa. A Parigi e a Lourdes (9).
«Il fervore e la vitalità della gioventù cristiana sono apparsi impressionanti e i credenti effettivi sono senza dubbio dieci volte superiori a ciò che indicano le statistiche, come dimostrano tutti i viaggi di un Papa, qualunque sia il suo nome», ha scritto in quei giorni Henri Hude, direttore del Centre d'Éthique al Centre de Recherches de l'Académie militaire de Saint-Cyr (10).
Si può, quindi, serenamente condividere il giudizio del card. Andre Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi: «A quelli che dicevano che i cattolici di Francia non erano in comunione col Papa è bastato guardare la folla che si assiepava al suo passaggio. In quella occasione è apparsa una realtà che abitualmente non si avverte. Bisogna valutare questo segnale. C'è tanta gente, comprese famiglie giovani, che vive in maniera semplice la propria fede in seno alla Chiesa cattolica. Un evento si può organizzare. Si può riempire Notre-Dame con 3.000 persone. Non è difficile. Si può riempire il sagrato davanti alla cattedrale con 10.000 persone. È un po' più difficile ma ci si può arrivare. Alla Messa all'Esplanade des Invalides erano almeno 250.000. Avrebbero potuto rimanere con più comodità a casa, visto che la Messa come tutte le celebrazioni e gli incontri di quei giorni era trasmessa in televisione. Ecco, una cosa così non si fabbrica» (11)
Eppure il Papa ha parlato contro corrente. All'Eliseo, all'Institut, alle folle, con semplicità e rigore di argomentazioni, ha parlato di cose oggi abitualmente taciute, senza condannare nessuno e tutti esortando a una vita che tanto si fa nobile quanto si avvicina all'amore di Dio. Ha parlato degli idoli che umiliano uomini e giovani; il desiderio del potere, il denaro, la superbia del sapere, la schiavitù della droga, la violenza sui deboli e la loro umiliazione, l'uccisione delle vite nascenti, ciò che deforma la persona umana (12). E certamente il popolo cristiano si sarà riconosciuto nel suo pastore. Presteranno ascolto i professionisti e i custodi della laicité?
Rèmi Brague non si fa illusioni. In Francia, come in Italia, la classe intellettuale non ha superato la diffidenza verso la Chiesa. Nella cultura francese non agiscono più i Mauriac, i Claudel, i Malégue, i Gilson, i Maritain, i Mounier. Non mancano uomini come Rene Girard e Jean-Lue Marion e c'è chi crede alla possibilità del dialogo tra Voltaire e Pascal (13). Ma forse Claude Lévi-Strauss ha un seguito maggiore (14).
Lo storico Max Gallo, accademico di Francia, dopo essere stato testimone dell'accoglienza che i francesi hanno riservato a Benedetto XVI, ha dichiarato: «Merita una particolare riflessione anche la persistenza di un anticlericalismo, di un anticattolicesimo ancora forti ed espressi in nome della laicità, come se il mondo non fosse cambiato, la Francia non fosse cambiata, la Chiesa non fosse cambiata. Come se le ideologie secolari che trasformavano la politica in una sorta di religione non fossero crollate.
Davanti a simili manifestazioni, se si chiudono per un attimo gli occhi, ci si potrebbe credere tornati al 1901. In ogni caso, si tratta di anticlericalismo e di anticattolicesimo molto marcati. Per fare un esempio, si tratta di ambienti pronti a inchinarsi di getto con grande benevolenza al momento della visita del Dalai Lama in Francia. Ma noto la discrezione con cui questi stessi ambienti, che invocano in modo costante i diritti umani, evocano i crimini commessi contro i cristiani in tutto il mondo» (15).
La laicità secondo Sarkozy
Questa problematica s'intreccia con i ricorrenti dibattiti, non soltanto in Francia, sulla laicità: dibattiti che si sono riaccesi dopo i discorsi del presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, al Laterano e all'Eliseo, quest'ultimo in occasione della visita pontificia. Già non molti anni or sono, quando era ministro dell'Interno e dei culti, Sarkozy aveva voluto una Commissione, formata da professori universitari, magistrati e avvocati, per affrontare giuridicamente le relazioni tra i culti e i poteri pubblici e ripensare criticamente la separazione tra lo Stato e le varie confessioni.
Alla Commissione, che lavorò tra il novembre 2005 e il settembre 2006, Sarkozy aveva dato due indicazioni: ribadire il principio della laicità ed emendare le leggi sull'esercizio dei culti in rapporto ai poteri dello Stato. Cioè: riaffermare la laicità costituzionale che rispetta credenze e diversità religiose e, insieme, tener conto delle esigenze dei membri delle confessioni insediatesi recentemente in Francia, penalizzate parzialmente dalla legge del 1905 che riservava i vantaggi alle confessioni tradizionali (16).
Per quanto riguarda la Chiesa, Sarkozy, divenuto ormai capo dello Stato, ribadiva, nel suo discorso al Laterano, che la Francia deve valorizzare e difendere la laicità, ma accettando le sue radici cristiane. «Mi auguro profondamente l'avvento di una laicità positiva, cioè di una laicità che, pur vegliando alla libertà di pensare, a quella di credere o non credere, non considera che le religioni sono un pericolo, ma piuttosto un punto a favore.
Non si tratta di modificare i grandi equilibri della legge del 1905. I francesi non lo auspicano e le religioni non lo chiedono. Si tratta, in compenso, di cercare il dialogo con le grandi religioni di Francia e di avere come principio quello di agevolare la vita quotidiana delle grandi correnti spirituali piuttosto che di cercare di complicarla a loro».
E ha aggiunto: «Vorrei anche dire che, se esiste incontestabilmente una morale umana indipendente dalla morale religiosa, la Repubblica ha interesse a che esista anche una riflessione morale ispirata alle convinzioni religiose. Anzitutto perché la morale laica rischia sempre di esaurirsi o di trasformarsi in fanatismo quando non è appoggiata a una speranza che colma l'aspirazione all'infinito. Poi e soprattutto perché una morale sprovvista di legami con il trascendente è maggiormente esposta alle contingenze storiche e in definitiva all'arrendevolezza» (17).
Come è stata accolta in Francia questa laicità positiva? Le opinioni di due saggisti ci sembrano indicative di una persuasione diffusa. La laicite, come è stata finora intesa, non voleva essere il mezzo per distinguere potere civile e potere religioso. Ambiva, invece, a unificare i due poteri sotto il pensiero illuminista eretto a filosofia dello Stato, per sradicare il cattolicesimo e per attribuire allo Stato il monopolio dell'educazione, della formazione dei costumi e delle leggi. La Repubblica si autoconcepiva come una comunità nazionale cementata da una fede filosofica tendenzialmente intollerante.
Su questa realtà secolare, il progetto Sarkozy, la sua laicità positiva, si configura come relativizzazione dell'illuminismo, contestazione della sua pretesa di essere quasi la religione di Stato. L'illuminismo è declassato a una delle forze spirituali che agiscono nella società francese, la filosofia razionalista è destabilizzata. Pertanto si ritiene da alcuni che la Chiesa in Francia abbia recuperato un diritto sulla raison, avendo con ciò stesso il riconoscimento di fatto che l'uomo è animal religiosum. Non è poco in un Paese che, per tanta parte della sua storia, è stato lo stendardo dell'irreligiosità (18).
Secondo Jean Baubérot, presidente onorario della Ecole pratique des hautes études di Parigi, la laicità positiva, che assume in sé le radici cristiane della Francia, è la versione semplicistica del modello americano di religione civile con il quale Sarkozy sostituisce la religione repubblicana. Lo storico ammette che la laicità, in Francia, è stata enfatizzata: da indipendenza dello Stato da ogni culto e clero per realizzare la libertà di tutti i culti e l'uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge si è trasformata in rifiuto di qualsiasi espressione della religione nella sfera pubblica: è diventata la laicité a la francaise.
Per Baubérot, in questa evoluzione ha giocato la sua parte il nazionalismo francese. «La Francia è stata una grande potenza, mentre ora è una potenza media e questo spinge i francesi alla eterna ricerca di una qualche loro specificità, di situazioni in cui sono i soli a pensare come pensano, una ricerca di "eccezione"» (19).
Soltanto il futuro mostrerà quanto il progetto Sarkozy sarà stato veramente recepito e quanta influenza potrà avere sui dibattiti in corso sulla famiglia, la bioetica, la politica, il riconoscimento pubblico della dimensione costitutivamente religiosa dell'essere umano. E quanto se ne avvantaggerà la Francia cattolica.
Note
1) Cfr E. GALLI DELLA LOGGIA, Intervista sulla destra, Bari, Laterza, 1994, 8-10; B.CROCE, Storia d'Europa nel secolo decimonono, ivi, 19723, 26 s.
2) B.-H. LÉVY, «Benny Lévy, l’anti-nichilista», in Corriere della Sera, 1 giugno 2009, 29.
3) Cfr L. FAZZINI, «La Chiesa e la sfida del moderno», in Avvenire, 19 giugno 2008,30.
4) Cfr G. VALENTE, «Le luci di Lione», in 30 Giorni, 2009, n. 1/2, 23.
5) Cfr ID., «Se tutto diventa semplice come una preghiera», ivi, 29 e 31.
6) Ivi, 26.
7) Cfr G. VALENTE, «Battezzati. Non militanti», in 30 giorni, cit., 27.
8) Cfr D. ZAPPALA, «TV e giornali. Benedetto sugli scudi», in Avvenire, 14 settembre 2008, 3.
9) Cfr G. VALENTE, «Le luci di Lione», cit., 21.
10) H. HUDE, «Cambia la laicità repubblicana», in II Sole 24 Ore, 16 settembre 2008,16.
11) Cfr G. VALENTE, «La Chiesa è sua. Per questo è semplice ricominciare», in 30 Giorni, 2009, n. 4, 30 s.
12) Cfr C. CARDIA, «Bisogno nuovo dopo il fallimento degli idoli», in Avvenire, 17 settembre 2008, 1.
13) Cfr R. SCRUTON, «Apologia del sacro contro i "nuovi atei"», in Vita e Pensiero 90 (2007) 24-32; P MANENT, «Tra Voltaire e Pascal dialogo ancora possibile?», ivi, 35-40; J.-L. MARION, «Fede e ragione, dialogo ancora possibile?», ivi, 89 (2006) 73-80.
14) Cfr L. SCARAFFIA, «Lévi-Strauss, il trionfo del "pensiero selvaggio"», ivi, 91 (2008) 123-128.
15) Cfr D. ZAPPALA, «Gallo: una scossa alla vecchia Francia», in Avvenire, 14 settembre 2008, 3.
16) Cfr E margiotta BROGLIO, «La Francia laica prepara un "concordato" con l'Isiam», in Corriere della Sera, 10 ottobre 2006, 38.
17) N. SARKOZY, «Si può essere laici e cristiani», in Il Foglio quotidiano, 22 dicembre 2007,1.
18) Cfr H. HUDE, «Cambia la laicità repubblicana», cit.
19) Cfr G. BOSETTI, «Tutti i laici del mondo», in la Repubblica, 5 novembre 2008, 49.
Dopo Hegel, gli intellettuali europei, non il popolo, non potranno più dirsi cristiani, così come, dopo Voltaire e Rousseau, gli stessi intellettuali non avevano più potuto accettare un principio di autorità non sottoposto al vaglio della raison. È stato in Francia che si è scardinato il vecchio ordine politico e sociale. È stato in Francia, con Voltaire e gli enciclopedisti, che è cominciata la guerra contro la Chiesa, continuata con mezzi meno violenti, per opportunismo politico, dal liberalismo del secolo seguente (1)
Il secolo XX è stata un'epoca di tali sanguinose tragedie da spegnere di volta in volta, e definitivamente, i miraggi del passato: i lumi della raison, la fede nella filosofia, la fiducia nella storia che avrebbe dovuto dare un senso alla vita. Non a caso, oggi c'è chi parla di devastazione: termine non inadeguato alla cultura del nichilismo e dei «pensieri deboli, pietosamente moralizzanti, minimi» (2).
E la Francia cattolica?
Che cosa ha significato questa mutazione epocale per la Chiesa francese? È una domanda abituale da parte di quei cattolici italiani che sono consapevoli dell'immenso patrimonio di santità, di idee, di arte e di cultura nato in terra francese e diventato patrimonio della Chiesa universale. Ci si affida solitamente alle indagini so-ciologiche. In Italia sono molto seguite quelle dirette da Daniele Hervieu-Léger, direttrice dell'École des hautes études en sciences sociales di Parigi. Ma qualche suo collega italiano, come Luca Diotallevi, professore di Sociologia all'Università di Roma Tre, avanza dubbi sui modelli e le premesse della ricercatrice francese e sulla sua capacità di confrontarsi con l'odierna letteratura scientifica sociologica (3).
Comunque, il lettore ordinario di tali studi si ritrae con la penosa impressione che lo stato della vita di fede nei Paesi di antica cristianità sia pressoché catastrofico e irrecuperabile. È l'impressione derivante dalle fredde percentuali statistiche. Per quanto riguarda la Francia, si ha «la sensazione di un muro che crolla», come ha detto il card. Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione (4).
Alcuni dati possono servire da campioni di una situazione. Nel 1948 i sacerdoti francesi superavano le 42.000 unità. Nel 2007 erano meno di 20.000 e l'età media era superiore ai 60 anni. Nel 1996 i seminaristi francesi erano 1.050. Oggi sono 741. Nel 2002 soltanto 116 giovani sono entrati in seminario. Nel 2008 sono stati 139. Nel 2007, in 50 diocesi francesi non ci sono state ordinazioni sacerdotali e in 24 diocesi soltanto una. La regione di Leon e Quimper, in Bretagna, era chiamata una volta terre des prètres.
Ancora negli anni Sessanta del secolo scorso, le diocesi della Bretagna avevano più di 1.000 sacerdoti e ne offrivano altrettanti ai tenitori di missione nel mondo. Oggi, il clero bretone conta 307 sacerdoti, in maggioranza già ultrasessantenni, con una media di cinque seminaristi per diocesi. E in tutta la Francia le parrocchie sono ormai accorpate, servite da parroci itineranti. Soprattutto in campagna le chiese sono vuote. Ordini e Congregazioni religiose, un tempo celebri e fiorenti, mancano di vocazioni (5).
Sta allora per finire la Chiesa in Francia? C'è chi lo pensa, e sono soprattutto intellettuali. È certamente un fenomeno preoccupante il calo della frequenza alle liturgie e degli esercizi più semplici della vita cristiana. Ma l'osservatore deve anche tener conto di quanto avviene nelle grandi parrocchie popolari e in quelle delle aree suburbane.
Il padre Jean-Miguel Garrigues, domenicano, che vive in Francia, dice: «C'è un popolo che ha una fede molto semplice e spesso rimane fuori anche dalle organizzazioni parrocchiali: frequenta i luoghi di pellegrinaggio, s'innamora dei santi francesi, entra in chiesa per una preghiera, ma poi magari non partecipa alle messe e non ascolta le omelie, le trova troppo complicate. Forse la Chiesa francese negli ultimi decenni ha sacrificato questo cristianesimo popolare, quando tutti cercavano il "cristianesimo adulto"» (6).
Sono osservazioni che riguardano anche i molti immigrati che fanno parte della società francese. Ci sono poi le comunità create dai nuovi movimenti. C'è chi li considera come la vera risposta cristiana alla decristianizzazione e c'è chi, più criticamente e obiettivamente, attribuisce loro un ruolo assai ridotto nella vita della Chiesa.
Degna di nota è l'opinione che Rèmi Brague, professore di Filosofia medievale alla Sorbona, esprime con forza sull'idea che ci si fa, anche all'estero, della crisi della Chiesa in Francia: «Quello che dicono i gruppi di pressione viene presentato come la voce della Chiesa e del popolo cristiano. I discorsi e le parole d'ordine di queste lobby continuano a imperversare sui media con una specie di gioco dello specchio: i media non interpellano altro che i rappresentanti di questi gruppi di pressione, che a loro volta rispondono secondo il copione già predisposto per loro nel racconto mediatico della realtà. La realtà effettuale delle cose è forse più grave di quello che dicono certi gruppi di pressione, ma allo stesso tempo è meno grave di come talvolta la descrivono i media» (7)
Il viaggio del Papa
Ciò che siamo venuti finora dicendo ha trovato un conferma, da molti probabilmente imprevedibile e insperata, nel viaggio che il Santo Padre ha compiuto in Francia nel settembre 2008. È stata l'occasione per avere un'immagine della Chiesa francese, viva, non condizionata dai media, non guardata con il filtro più o meno interessato degli intellettuali. Le Parisien, Le Monde, Le Figaro, che non sono giornali ecclesiastici, Liberation, che è un foglio spesso anticlericale, hanno dovuto registrare con stupore sia l'interesse suscitato dalla parola del Papa sia le folle accorse ad ascoltarla (8).
Partecipando alla Messa celebrata da Benedetto XVI sulla Esplanade des Invalides, il card. Barbarin, e con lui i commentatori televisivi, sono stati sorpresi dal silenzio e dallo spirito di interiorità che caratterizzava quell'assemblea di quasi 300.000 fedeli: famiglie con i figli, giovani, venuti dalla regione parigina e da altre regioni, gente venuta non per vedere il Papa, ma per pregare in una Messa insieme con il Papa. A Parigi e a Lourdes (9).
«Il fervore e la vitalità della gioventù cristiana sono apparsi impressionanti e i credenti effettivi sono senza dubbio dieci volte superiori a ciò che indicano le statistiche, come dimostrano tutti i viaggi di un Papa, qualunque sia il suo nome», ha scritto in quei giorni Henri Hude, direttore del Centre d'Éthique al Centre de Recherches de l'Académie militaire de Saint-Cyr (10).
Si può, quindi, serenamente condividere il giudizio del card. Andre Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi: «A quelli che dicevano che i cattolici di Francia non erano in comunione col Papa è bastato guardare la folla che si assiepava al suo passaggio. In quella occasione è apparsa una realtà che abitualmente non si avverte. Bisogna valutare questo segnale. C'è tanta gente, comprese famiglie giovani, che vive in maniera semplice la propria fede in seno alla Chiesa cattolica. Un evento si può organizzare. Si può riempire Notre-Dame con 3.000 persone. Non è difficile. Si può riempire il sagrato davanti alla cattedrale con 10.000 persone. È un po' più difficile ma ci si può arrivare. Alla Messa all'Esplanade des Invalides erano almeno 250.000. Avrebbero potuto rimanere con più comodità a casa, visto che la Messa come tutte le celebrazioni e gli incontri di quei giorni era trasmessa in televisione. Ecco, una cosa così non si fabbrica» (11)
Eppure il Papa ha parlato contro corrente. All'Eliseo, all'Institut, alle folle, con semplicità e rigore di argomentazioni, ha parlato di cose oggi abitualmente taciute, senza condannare nessuno e tutti esortando a una vita che tanto si fa nobile quanto si avvicina all'amore di Dio. Ha parlato degli idoli che umiliano uomini e giovani; il desiderio del potere, il denaro, la superbia del sapere, la schiavitù della droga, la violenza sui deboli e la loro umiliazione, l'uccisione delle vite nascenti, ciò che deforma la persona umana (12). E certamente il popolo cristiano si sarà riconosciuto nel suo pastore. Presteranno ascolto i professionisti e i custodi della laicité?
Rèmi Brague non si fa illusioni. In Francia, come in Italia, la classe intellettuale non ha superato la diffidenza verso la Chiesa. Nella cultura francese non agiscono più i Mauriac, i Claudel, i Malégue, i Gilson, i Maritain, i Mounier. Non mancano uomini come Rene Girard e Jean-Lue Marion e c'è chi crede alla possibilità del dialogo tra Voltaire e Pascal (13). Ma forse Claude Lévi-Strauss ha un seguito maggiore (14).
Lo storico Max Gallo, accademico di Francia, dopo essere stato testimone dell'accoglienza che i francesi hanno riservato a Benedetto XVI, ha dichiarato: «Merita una particolare riflessione anche la persistenza di un anticlericalismo, di un anticattolicesimo ancora forti ed espressi in nome della laicità, come se il mondo non fosse cambiato, la Francia non fosse cambiata, la Chiesa non fosse cambiata. Come se le ideologie secolari che trasformavano la politica in una sorta di religione non fossero crollate.
Davanti a simili manifestazioni, se si chiudono per un attimo gli occhi, ci si potrebbe credere tornati al 1901. In ogni caso, si tratta di anticlericalismo e di anticattolicesimo molto marcati. Per fare un esempio, si tratta di ambienti pronti a inchinarsi di getto con grande benevolenza al momento della visita del Dalai Lama in Francia. Ma noto la discrezione con cui questi stessi ambienti, che invocano in modo costante i diritti umani, evocano i crimini commessi contro i cristiani in tutto il mondo» (15).
La laicità secondo Sarkozy
Questa problematica s'intreccia con i ricorrenti dibattiti, non soltanto in Francia, sulla laicità: dibattiti che si sono riaccesi dopo i discorsi del presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, al Laterano e all'Eliseo, quest'ultimo in occasione della visita pontificia. Già non molti anni or sono, quando era ministro dell'Interno e dei culti, Sarkozy aveva voluto una Commissione, formata da professori universitari, magistrati e avvocati, per affrontare giuridicamente le relazioni tra i culti e i poteri pubblici e ripensare criticamente la separazione tra lo Stato e le varie confessioni.
Alla Commissione, che lavorò tra il novembre 2005 e il settembre 2006, Sarkozy aveva dato due indicazioni: ribadire il principio della laicità ed emendare le leggi sull'esercizio dei culti in rapporto ai poteri dello Stato. Cioè: riaffermare la laicità costituzionale che rispetta credenze e diversità religiose e, insieme, tener conto delle esigenze dei membri delle confessioni insediatesi recentemente in Francia, penalizzate parzialmente dalla legge del 1905 che riservava i vantaggi alle confessioni tradizionali (16).
Per quanto riguarda la Chiesa, Sarkozy, divenuto ormai capo dello Stato, ribadiva, nel suo discorso al Laterano, che la Francia deve valorizzare e difendere la laicità, ma accettando le sue radici cristiane. «Mi auguro profondamente l'avvento di una laicità positiva, cioè di una laicità che, pur vegliando alla libertà di pensare, a quella di credere o non credere, non considera che le religioni sono un pericolo, ma piuttosto un punto a favore.
Non si tratta di modificare i grandi equilibri della legge del 1905. I francesi non lo auspicano e le religioni non lo chiedono. Si tratta, in compenso, di cercare il dialogo con le grandi religioni di Francia e di avere come principio quello di agevolare la vita quotidiana delle grandi correnti spirituali piuttosto che di cercare di complicarla a loro».
E ha aggiunto: «Vorrei anche dire che, se esiste incontestabilmente una morale umana indipendente dalla morale religiosa, la Repubblica ha interesse a che esista anche una riflessione morale ispirata alle convinzioni religiose. Anzitutto perché la morale laica rischia sempre di esaurirsi o di trasformarsi in fanatismo quando non è appoggiata a una speranza che colma l'aspirazione all'infinito. Poi e soprattutto perché una morale sprovvista di legami con il trascendente è maggiormente esposta alle contingenze storiche e in definitiva all'arrendevolezza» (17).
Come è stata accolta in Francia questa laicità positiva? Le opinioni di due saggisti ci sembrano indicative di una persuasione diffusa. La laicite, come è stata finora intesa, non voleva essere il mezzo per distinguere potere civile e potere religioso. Ambiva, invece, a unificare i due poteri sotto il pensiero illuminista eretto a filosofia dello Stato, per sradicare il cattolicesimo e per attribuire allo Stato il monopolio dell'educazione, della formazione dei costumi e delle leggi. La Repubblica si autoconcepiva come una comunità nazionale cementata da una fede filosofica tendenzialmente intollerante.
Su questa realtà secolare, il progetto Sarkozy, la sua laicità positiva, si configura come relativizzazione dell'illuminismo, contestazione della sua pretesa di essere quasi la religione di Stato. L'illuminismo è declassato a una delle forze spirituali che agiscono nella società francese, la filosofia razionalista è destabilizzata. Pertanto si ritiene da alcuni che la Chiesa in Francia abbia recuperato un diritto sulla raison, avendo con ciò stesso il riconoscimento di fatto che l'uomo è animal religiosum. Non è poco in un Paese che, per tanta parte della sua storia, è stato lo stendardo dell'irreligiosità (18).
Secondo Jean Baubérot, presidente onorario della Ecole pratique des hautes études di Parigi, la laicità positiva, che assume in sé le radici cristiane della Francia, è la versione semplicistica del modello americano di religione civile con il quale Sarkozy sostituisce la religione repubblicana. Lo storico ammette che la laicità, in Francia, è stata enfatizzata: da indipendenza dello Stato da ogni culto e clero per realizzare la libertà di tutti i culti e l'uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge si è trasformata in rifiuto di qualsiasi espressione della religione nella sfera pubblica: è diventata la laicité a la francaise.
Per Baubérot, in questa evoluzione ha giocato la sua parte il nazionalismo francese. «La Francia è stata una grande potenza, mentre ora è una potenza media e questo spinge i francesi alla eterna ricerca di una qualche loro specificità, di situazioni in cui sono i soli a pensare come pensano, una ricerca di "eccezione"» (19).
Soltanto il futuro mostrerà quanto il progetto Sarkozy sarà stato veramente recepito e quanta influenza potrà avere sui dibattiti in corso sulla famiglia, la bioetica, la politica, il riconoscimento pubblico della dimensione costitutivamente religiosa dell'essere umano. E quanto se ne avvantaggerà la Francia cattolica.
Note
1) Cfr E. GALLI DELLA LOGGIA, Intervista sulla destra, Bari, Laterza, 1994, 8-10; B.CROCE, Storia d'Europa nel secolo decimonono, ivi, 19723, 26 s.
2) B.-H. LÉVY, «Benny Lévy, l’anti-nichilista», in Corriere della Sera, 1 giugno 2009, 29.
3) Cfr L. FAZZINI, «La Chiesa e la sfida del moderno», in Avvenire, 19 giugno 2008,30.
4) Cfr G. VALENTE, «Le luci di Lione», in 30 Giorni, 2009, n. 1/2, 23.
5) Cfr ID., «Se tutto diventa semplice come una preghiera», ivi, 29 e 31.
6) Ivi, 26.
7) Cfr G. VALENTE, «Battezzati. Non militanti», in 30 giorni, cit., 27.
8) Cfr D. ZAPPALA, «TV e giornali. Benedetto sugli scudi», in Avvenire, 14 settembre 2008, 3.
9) Cfr G. VALENTE, «Le luci di Lione», cit., 21.
10) H. HUDE, «Cambia la laicità repubblicana», in II Sole 24 Ore, 16 settembre 2008,16.
11) Cfr G. VALENTE, «La Chiesa è sua. Per questo è semplice ricominciare», in 30 Giorni, 2009, n. 4, 30 s.
12) Cfr C. CARDIA, «Bisogno nuovo dopo il fallimento degli idoli», in Avvenire, 17 settembre 2008, 1.
13) Cfr R. SCRUTON, «Apologia del sacro contro i "nuovi atei"», in Vita e Pensiero 90 (2007) 24-32; P MANENT, «Tra Voltaire e Pascal dialogo ancora possibile?», ivi, 35-40; J.-L. MARION, «Fede e ragione, dialogo ancora possibile?», ivi, 89 (2006) 73-80.
14) Cfr L. SCARAFFIA, «Lévi-Strauss, il trionfo del "pensiero selvaggio"», ivi, 91 (2008) 123-128.
15) Cfr D. ZAPPALA, «Gallo: una scossa alla vecchia Francia», in Avvenire, 14 settembre 2008, 3.
16) Cfr E margiotta BROGLIO, «La Francia laica prepara un "concordato" con l'Isiam», in Corriere della Sera, 10 ottobre 2006, 38.
17) N. SARKOZY, «Si può essere laici e cristiani», in Il Foglio quotidiano, 22 dicembre 2007,1.
18) Cfr H. HUDE, «Cambia la laicità repubblicana», cit.
19) Cfr G. BOSETTI, «Tutti i laici del mondo», in la Repubblica, 5 novembre 2008, 49.