DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Il caso Giovanni Paolo II. Nella fama di santità di Papa Wojtyla sono presenti la considerazione dei fedeli e il riconoscimento dell'azione di Dio


La "innegabile e costante pressione dei fedeli e dei mass-media" sulla "sollecita conclusione" della causa per la beatificazione di Giovanni Paolo II "non ha disturbato il procedimento". Al contrario, "ha permesso di agire con aumentata attenzione nel vaglio delle testimonianze e degli eventi". È quanto sottolinea il cardinale prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi in un intervento - che pubblichiamo quasi integralmente - tenuto il 1° aprile scorso, vigilia del sesto anniversario della morte di Papa Wojty?a, presso la Pontificia Università della Santa Croce sul tema "Sensus fidei e beatificazioni. Il caso di Giovanni Paolo II".

di ANGELO AMATO

La dinamicità del sensus fidei si attua e trova la sua legittimazione nell'ambito dell'intero corpo ecclesiale, incluso il magistero. C'è una innegabile e necessaria osmosi tra l'intuito della fede da parte dei fedeli e la sua maturazione e formazione da parte del magistero. Il sensus fidei cristiano e cattolico non è al di fuori o al di sopra della comunione ecclesiale, non è la forma fidei del soggetto non magisteriale della Chiesa, né una riappropriazione "dal basso" della fede cattolica. Appartiene, anzi, all'essenza della nozione teologica del sensus fidei il riconoscimento del magistero autorevole, come dono alla comprensione della verità e alla comunione nella Chiesa. Se, da una parte, il magistero della Chiesa ha bisogno dello stimolo, dell'esperienza e della testimonianza del sensus fidei dei fedeli, d'altro canto, anche il sensus fidelium ha bisogno del ministero di verità e di garanzia apostolica del magistero. Il sensus fidei unisce non divide, accomunando nell'unica coscienza di fede tutti i battezzati, qualunque sia il loro ufficio nella Chiesa. Il sensus fidei ha trovato in questi ultimi secoli alcune concretizzazioni nella promulgazione, per esempio, dei due dogmi mariani dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, nel 1854, e della sua gloriosa Assunzione, nel 1950. La secolare intuizione spirituale della Chiesa circa la verità dell'assenza di peccato originale in Maria e circa la sua glorificazione celeste in corpo e anima è stata confermata dal magistero solenne e infallibile del Papa.
Il sensus fidei è poi particolarmente presente nei processi di beatificazione e di canonizzazione. I fedeli, infatti, sono dotati dalla grazia divina di un'innegabile percezione spirituale nell'individuare e nel riconoscere nell'esistenza concreta di alcuni battezzati l'esercizio eroico delle virtù cristiane. La beata madre Teresa di Calcutta o san Pio da Pietrelcina, già in vita erano ammirati, seguiti e imitati per la loro santità. "Sono vissuti santamente", "Sono morti in concetto o in odore di santità" sono espressioni tipiche della coscienza di fede dei battezzati nei confronti di alcuni testimoni eminenti delle virtù della fede, della speranza e della carità. Nei processi di riconoscimento della vita santa dei fedeli il sensus fidei dà origine alla cosiddetta fama sanctitatis (o fama martyrii, per i martiri) e alla fama signorum. Non si può iniziare un processo se non si dà una diffusa, genuina e spontanea fama di santità.
Stando a Papa Benedetto XIV (1740-1758), riconosciuto come il Magister in questo campo, la fama sanctitatis è l'opinione diffusa tra i fedeli sull'integrità di vita e sulla pratica delle virtù cristiane, esercitate in modo continuo e al di sopra del comune modo di operare degli altri buoni cristiani. Alla fama sanctitatis appartiene anche la fama signorum e cioè la convinzione di ottenere grazie e favori celesti, mediante l'invocazione e l'intercessione di un servo di Dio morto in concetto di santità.
Il Magister aggiunge due altre precisazioni. La prima chiarisce che si può parlare di fama sanctitatis, quando la vita e le azioni di un servo di Dio possono essere proposte ad altri come esempio da imitare. La seconda precisazione riguarda la diffusione di questa fama. Se essa esiste solo in una parte esigua e non nella maggior parte del popolo di Dio si dovrebbe parlare di diceria piuttosto che di fama ("non fama, sed rumor"). In ogni caso, la qualifica più importante del concetto di fama sanctitatis è l'eccellenza delle virtù vissute e percepite come tali dai fedeli. Ciò significa che il servo di Dio, vivendo eroicamente - e cioè in modo superiore alla comune bontà degli altri fedeli - suscita stupore, ammirazione, imitazione e incoraggiamento per richiedere la sua intercessione presso Dio Trinità. Non si tratta del riconoscimento dell'intelligenza di un battezzato nel campo della teologia o delle scienze umane o della sua azione caritativa. Né basta dire che si tratta di un "buon sacerdote" o di un "buon padre di famiglia". È indispensabile, invece, considerarlo più propriamente come un "santo sacerdote" o un "santo padre di famiglia". Si tratta di percepirlo come immagine di Cristo, come autentico interprete delle beatitudini evangeliche. Inoltre, non si deve valutare un singolo atto, anche significativo, di carità, ma un atteggiamento costante - un habitus - di carità, come espressione di una continua comunione di grazia con Dio Trinità.
La fama di santità deve essere spontanea e non causata da una propaganda esasperata. Tale spontaneità è segno della grazia dello Spirito Santo, che fa nascere nei cuori dei fedeli una particolare ammirazione verso un servo di Dio. A tale proposito, nel processo canonico, si raccolgono, soprattutto per la cause recenti, testimonianze preferibilmente de visu, che depongono a favore della fama sanctitatis motivandola con la personale conoscenza e narrazione di fatti, di detti, di comportamenti e di azioni particolarmente eloquenti del servo di Dio. È quindi necessario raccogliere le testimonianze di coloro che scientia propria hanno constatato l'esercizio eroico delle virtù da parte di un servo di Dio. La fama sanctitatis, o l'opinione comune che i fedeli hanno della santità di un servo di Dio, è solo il primo passo, anche se indispensabile, per iniziare un processo di beatificazione. Di per sé, da sola, la fama sanctitatis non dice ancora che si tratta di effettiva santità. A scanso di errori, la sua autenticità sarà vagliata ed eventualmente riconosciuta nel corso di un lungo e articolato iter, sia in sede di inchiesta diocesana, sia in sede di procedimento romano, che prevede l'intervento di storici, teologi e pastori della Chiesa.
Come si vede, la fama sanctitatis non proviene primariamente dalla gerarchia ma dai fedeli. È il popolo di Dio, nelle sue diverse componenti, il protagonista della fama sanctitatis. In questo campo la vox populi è di fondamentale importanza. La fama sanctitatis è un fenomeno storico-sociologico ed ecclesiale concreto, che germina spontaneamente nel popolo di Dio. È un dato non provocato intenzionalmente, ma sorto "al di fuori" del servo di Dio, causato dalla sua vita e dalle sue opere sante. La fama sanctitatis, per esempio, si manifesta nella visita alla tomba del servo di Dio, nella preghiera personale e comunitaria - non liturgica - a lui indirizzata, nella diffusione delle sue biografie e dei suoi scritti. In conclusione, nel corso di un processo di beatificazione, c'è anzitutto una vox populi, che esprime la venerazione verso persone che sono vissute e morte santamente. Spesso questa vox populi è accompagnata anche dalla vox Dei e cioè da quelle grazie, favori celesti e anche veri e propri miracoli, ottenuti per intercessione di un servo di Dio. Infine, c'è la vox Ecclesiae che, dopo aver esaminato e valutato positivamente sia l'eroicità delle virtù sia l'autenticità del miracolo, procede alla beatificazione e poi alla canonizzazione.
Questo concetto teologico pieno di sensus fidei, inteso sia come fama sanctitatis sia come fama signorum, è emerso prepotentemente nel caso della preparazione del processo di beatificazione di Giovanni Paolo II. Da una parte, infatti, a partire dal giorno della morte, il 2 aprile del 2005, il popolo di Dio ha subito gridato alla santità del Papa defunto. Dopo le esequie solenni, quando la salma del Papa veniva portata nelle grotte vaticane, in piazza San Pietro si innalzarono spontanei alcuni striscioni con la scritta "Santo Subito", accolti prontamente e con entusiasmo dalla folla, che ne iniziò a scandire il grido. "Santo Subito" esprimeva il sentimento diffuso tra i fedeli di tutto il mondo.
I pastori della Chiesa furono pronti a raccogliere con gioia e immediatezza questa invocazione spontanea. Il 3 maggio 2005, il vicario di Roma, il cardinale Camillo Ruini, presentò al cardinale José Saraiva Martins, allora prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, la richiesta della diocesi di Roma di costituirsi attore della causa di beatificazione e canonizzazione del Pontefice, aggiungendo anche la domanda di dispensa ex toto dal termine stabilito di cinque anni dalla morte per l'apertura dell'inchiesta diocesana. Il 9 maggio 2005, il neo eletto Papa Benedetto XVI accolse benevolmente la richiesta di dispensa. Qualche giorno dopo, il 13 maggio, durante l'incontro col clero romano nella basilica Lateranense, lo stesso Pontefice ne diede notizia, che fu accolta dall'assemblea con un fragoroso applauso.
Fu l'inizio di un iter che, ponendosi in una corsia preferenziale, sgombra cioè da ostacoli di altri processi, ha avuto uno svolgimento sollecito, ma condotto con estrema accuratezza e professionalità. L'invocazione del popolo di Dio era stata raccolta, ma la millenaria prudenza della Chiesa suggeriva di obbedire meticolosamente alle norme emanate dallo stesso Giovanni Paolo II nel 1983, con la costituzione apostolica Divinus perfectionis magister. "Santo Subito" sì, ma soprattutto "Santo sicuro". Un'incauta frettolosità non doveva pregiudicare l'accuratezza del procedimento.
Il vicariato di Roma, quindi, si assunse il compito di accertare l'esistenza della fama di santità e cioè dell'opinione diffusa tra i fedeli circa la purità e l'integrità del servo di Dio Giovanni Paolo II e circa le virtù da lui praticate in grado eroico. Si dimostrò, inoltre, che tale fama non era procurata artificiosamente, ma era spontanea, stabile, molto diffusa tra persone degne di fede e presente nella quasi totalità del popolo di Dio. Certificò anche la fama dei segni e cioè l'opinione corrente tra i fedeli circa le grazie e i favori ricevuti da Dio mediante l'intercessione del servo di Dio. Del resto, per un riscontro empirico della fama sanctitatis et signorum di Papa Giovanni Paolo II, è sufficiente sostare un poco in piazza San Pietro, in qualsiasi giorno dell'anno, per vedere la fila interminabile di fedeli che si recano in pellegrinaggio alla sua tomba nelle grotte vaticane. Ciò a confermare che la sua fama di santità è una communis opinio, e cioè un'opinione diffusa tra i fedeli nei confronti della bontà di un servo di Dio, testimone eroico ed esemplare della sequela Christi.
Nella fama di santità di Giovanni Paolo II vediamo presenti chiaramente le due dimensioni che la costituiscono: quella dal basso, che proviene dalla considerazione che i fedeli hanno della straordinarietà delle sue virtù; e quella dall'alto, che consiste nella grazia di Dio, che rende possibile l'esercizio eroico delle virtù teologali della fede, della speranza e della carità. La sua santità è, infatti, frutto sia della grazia sia dell'impegno umano nella assidua scelta del bene.
La corposa Positio in più volumi, preparata dalla postulazione e curata dalla Congregazione delle Cause dei Santi, contiene una biografia critica e documentata, l'esposizione dell'eroicità delle singole virtù teologali e cardinali, la dimostrazione della sua fama di santità, gli interrogatori dei testimoni. La fama di santità e di segni di Giovanni Paolo II è provata da moltissimi testimoni de visu, dalla venerazione della tomba, dalle segnalazioni di favori spirituali e materiali ricevuti, dalle invocazioni e dalle preghiere a lui elevate, e, infine, da veri e propri eventi straordinari, i quali costituiscono una testimonianza e una conferma "dall'alto" di tale fama.
Il vaglio delle testimonianze è stato particolarmente delicato e ha meritato un attento discernimento. Un elemento, per esempio, della fama di santità di un servo di Dio è la sua ortodossia cattolica, soprattutto in materia di fede e di morale, che deve essere presente nelle sue parole, nei suoi atteggiamenti, nei suoi scritti. Da questo punto di vista il magistero di Papa Giovanni Paolo II costituisce un capitolo di notevole importanza per la fede cattolica, per la trattazione illuminante che egli fa dei più rilevanti problemi che incontra la proclamazione attuale del Vangelo. Il suo magistero, infatti, costituisce un ricchissimo patrimonio di inculturazione del Vangelo nel mondo contemporaneo.
I testimoni convocati hanno motivato l'eroismo delle sue virtù teologali, della fede, della speranza e della carità. Tale eroicità conferisce al Pontefice una perfezione che supera le forze della natura umana, a significare che le virtù non sono solo sforzo umano ma dono di grazia di Dio e conseguenza della sua efficacia nel cuore di chi non oppone ostacoli, ma anzi collabora con essa.
L'esame delle virtù, compiuti in vari passaggi dai teologi e poi dai padri della Congregazione delle Cause dei Santi, si concluse, il 19 dicembre 2009, con l'autorizzazione del Santo Padre Benedetto XVI alla promulgazione del decreto sull'eroicità delle virtù. Da quel momento Giovanni Paolo II fu dichiarato venerabile. Ma il momento culmine della sua fama di santità è stato il sigillo divino del miracolo. Per Papa Giovanni Paolo II la postulazione presentò il caso della guarigione di una religiosa francese, suor Marie Simon Pierre Normand, nata a Cambrai nel 1961. Nel 1981 ottenne il diploma di ausiliaria puericultrice. Fu in seguito accolta fra le Piccole sorelle della maternità cattolica, emettendo la professione dei voti il 6 agosto 1985. Nel 1988, durante l'esame per il brevetto di "primo soccorso", avvertì che la mano sinistra tremava - è mancina. Attribuì l'episodio all'emozione del momento. Nel 1990 incominciò a notare stanchezza e dimagrimento e per un anno interruppe gli studi infermieristici. Li riprese nel maggio 1991, ottenendo il diploma di infermiera nel 1992. Nel suo lavoro a poco a poco avvertì forti disturbi e dolori sia alla mano sinistra sia alla gamba, con difficoltà di scrittura e di deambulazione. Il neurologo, che la visitò nell'agosto del 2001, emise la diagnosi di sindrome parkinsoniana a prevalente espressione sinistra, ovvero di parkinson giovanile. Visitata da specialisti, le fu riservato un trattamento antiparkinsoniano, che produsse un lieve ma temporaneo miglioramento della sintomatologia. La malattia ebbe, però, subito una recrudescenza, per cui la paziente fu visitata da un illustre neurologo, che confermò la diagnosi parkinsoniana. Tuttavia, la malata continuava ad aggravarsi. Finalmente, il primo pomeriggio del 2 giugno 2005, l'inferma chiese alla madre generale, in visita canonica, di essere esonerata, per impossibilità fisica, dall'ufficio. La madre la esortò a resistere, sperando nell'aiuto del defunto Pontefice. A tal proposito pregò e fece pregare. Quella sera la suora si addormentò e riposò tranquilla fino all'alba. Al risveglio, con sua grande sorpresa, non avvertiva più né dolori né irrigidimenti. Si sentiva guarita. Sospese la terapia farmacologica antiparkinsoniana e il 7 giugno si recò dal neurologo, che l'aveva seguita da anni. Il medico constatò la scomparsa di tutti i sintomi del morbo, confermando altre due volte le buone condizioni della paziente, il 15 luglio e il 30 novembre 2005. Altri specialisti riconobbero, inoltre, che la religiosa era esente da ogni patologia psichiatrica e da ogni tendenza di tipo affabulatorio o dissimulatorio. La storia clinica della paziente e numerosi esami successivi confermaronono la natura fisica della sintomatologia.
Per quanto riguarda l'aspetto teologico, e cioè la valutazione dei tempi e delle modalità della richiesta di intercessione al servo di Dio, è stato accertato che le consorelle della sanata, invitate della madre generale, avevano cominciato a invocare l'aiuto del Papa "santo" già a maggio del 2005, intensificando la preghiera la sera del 2 giugno 2005. E proprio il mattino del giorno dopo, suor Marie Simon Pierre si sentì del tutto guarita.
Dopo il meticoloso esame scientifico dell'evento e dopo aver constatato che l'invocazione univoca al servo di Dio aveva preceduto la guarigione improvvisa e duratura della suora, il Santo Padre Benedetto XVI autorizzò la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto sul miracolo, il 14 gennaio 2011.
Così il diffuso sensus fidei circa la fama sanctitatis et signorum di Papa Giovanni Paolo II è stato ufficialmente legittimato dal magistero, dopo un accurato processo di verifica. Lo stesso giorno, 14 gennaio, fu anche resa nota la data della solenne beatificazione, 1° maggio 2011, in piazza San Pietro. La innegabile e costante pressione dei fedeli e dei mass-media sulla sollecita conclusione della causa - contrariamente a quanto si possa pensare - non ne ha disturbato il procedimento. Anzi ha permesso di agire con aumentata attenzione nel vaglio delle testimonianze e degli eventi. È così che la Chiesa "santa" cerca di raggiungere l'indispensabile certezza morale su eventi e persone, che rendono splendente il suo volto di Sposa di Cristo, il tutto santo.
La beatificazione di Giovanni Paolo II apre la porta alla sua canonizzazione, che, come si sa, esige un ulteriore intervento dall'alto. Ovviamente il processo sul miracolo per la canonizzazione avrà bisogno di tempo. Ma non si deve considerare tempo vuoto il periodo che va dalla beatificazione alla canonizzazione. Si tratta, invece, di un tempo pieno, durante il quale i fedeli sono invitati a conoscere meglio la vita santa del beato e a imitarne le virtù. È cioè un tempo propizio, per ricordare a tutti le promesse battesimali e per confermare la fedeltà a Cristo e al suo Vangelo di verità e di vita, sull'esempio e a imitazione di Papa Giovanni Paolo II.



(©L'Osservatore Romano 4-5 aprile 2011)