DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Quando un telefono ci separa dal mondo. La foto del velista che scrive messaggi e non vede lo spettacolo di una balena Come la tecnologia ci sta cambiando

di Danilo Mainardi
Corsera 8 febbraio 2014

La chat che impegna così intensamente
lo skipper chino
sul suo smartphone pare proprio
gli abbia «silenziato» il
cervello. E, sia chiaro, non c’è
alcun biasimo o critica in questo
— non mi permetterei —
ma semplicemente una constatazione
scientifica che nasce da
esperimenti noti che aiutano a
spiegare quanto è accaduto.
Ma andiamo con ordine.
Siamo in California. Una barca
a vela, a poche miglia da Redondo
beach, sta solcando le
acque. A bordo uno skipper seduto
a prua, gli occhi sullo
schermo dello smartphone tra
le sue mani. Nulla di strano,
una normale postura e una
normale attività che ormai ci
appartiene e che ci troviamo ad
assumere ovunque siamo e
ovunque — a volte pericolosamente
— andiamo.
Siamo però lungo le coste
californiane, importante rotta
di migrazione di grandi cetacei,
di diverse specie di balene,
che si muovono stagionalmente
da nord a sud a scopo riproduttivo
e alimentare. C’è un turismo
che è fiorito intorno a
questo, perché moltissime persone
si recano in quelle acque
per avvistare quegli straordinari
mammiferi marini. Ed eccone
uno affiorare, lì, a fianco di
quella barca.
L’enorme groppone grigio di
una balena si staglia sulla fiancata
bianca della barca. E possiamo
immaginare — e ci pare
quasi di sentire — il frastuono
sordo delle masse d’acqua, i
gorgoglii, i soffi, gli sbattimenti
di quel grande corpo.
Lo skipper è lì immobile.
Non vede nulla, non sente nulla,
non si accorge di nulla. Il fotografo
Eric Smith immortala
la scena e la passa ai social
network. E tutto il mondo
guarda, commenta, sorride, si
scandalizza, mi piace, non mi
piace….
Eppure è un fenomeno che
accade al cervello. Anche al nostro
cervello, di 1.500 grammi,
fatto di milioni di cellule nervose,
densamente impacchettate
e di fittissime connessioni
neuronali. Si chiama tecnicamente
«filtrazione degli stimoli
» ovvero la soppressione di
percettività di certi stimoli per
concentrare tutta l’attenzione a
favore di altri.
Un esempio di una sperimentazione
condotta sul gatto
ci aiuta a capire. Un gatto posto
davanti ad un metronomo sente
il regolare ticchettio dell’apparecchio
come rileva il tracciato
di un elettrodo che gli è
stato applicato dietro l’orecchio.
Se si mostra all’animale
un topolino, il ticchettio non è
più percepito, il tracciato diviene
piatto. Lo stimolo evocato
da un possibile boccone ha «silenziato
» ogni altro stimolo,
catturando totalmente ed
esclusivamente l’attenzione del
gatto.
Può darsi che per quello
skipper la presenza di una balena
a fianco della sua barca sia
un fatto accaduto molte volte.
Ma non credo, e comunque è
uno spettacolo troppo grandioso
l’emersione di un mammifero
marino, lì a pochi metri.
Era irrinunciabile quella chat e
il suo cervello ha «filtrato»
ogni altro stimolo.
Del resto, se penso a quante
persone mi capita di vedere in
giro per Venezia — dove vivo —
chine sui loro smartphone
mentre il vaporetto sfila in canal
grande davanti allo splendore
dei palazzi sull’acqua…




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