DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Come si fa ad essere dei bravi genitori? Basta chiedere agli amici di forum

28 Ottobre 2009

Se un papà e una mamma, richiedono un aiuto specialistico, perché la figlia di 19 anni non ha ancora avuto storie lunghe, dunque, non ha ancora il fidanzato da presentare a casa; oppure se non si riesce a poter dire ad un figlio che bisogna spendere meno, o che sta sbagliando, oppure se non ci si può opporre ad un desiderio di un figlio senza chiedere una consulenza specifica vuol dire che i genitori sono in difficoltà. Hanno paura di sbagliare, quindi, chi se lo può permettere, va dallo specialista di turno: psicologo, psichiatra, coach e chi più ne ha più ne metta! Per chi non è avvezzo a queste figure, o non può spendere, ci sono i blog. In particolare per le mamme. Si scambiano consigli, cercano sostegno, ascolto, aspettano l’idea giusta da un’altra mamma.

In questi contatti non c’è solo la condivisione che sostituisce la vecchia chiacchiera intorno al tè o in ufficio. Non c’ è solo il bisogno di solidarietà, di cameratismo. In queste ricerche c’è qualcosa di diverso. Non è soltanto una spiegabilissima solitudine materna, che un po’ tutte le donne sperimentano; non è solo la sana condivisione di emozioni, esperienze nuove, di curiosità e di ricerca di comprensione o di compagnia; c’è a mio avviso nella trama profonda di questi comportamenti una grande sfiducia nelle proprie capacità, rispetto al ruolo genitoriale. Anche per i papà, che escono meno allo scoperto. Forse per i ritmi di lavoro o per una minore propensione alla condivisione di argomenti intimi, ma anche loro, magari attraverso le compagne, si informano di cosa fanno o dicono gli altri o si appoggiano alle loro scelte, delegando. Anche loro diffidano di se stessi, delle loro capacità ad essere e a fare i padri.

Sembra che essere genitori non sia più un fatto naturale; una crescita di se stessi insieme ai propri figli. Una ricerca continua di comportamenti, di emozioni e pensieri che si modulano di volta in volta senza neanche accorgersi del passaggio del tempo. Si è tutti protagonisti in un’ evoluzione continua, che si sviluppa nell’ interagire familiare, dove tutti i componenti, sono chiamati anche se non lo vogliono ad essere in relazione.

Serpeggia un forte senso di inadeguatezza, nelle consultazioni con gli specialisti, nei blog, nei colloqui con gli insegnanti. Sembra che la domanda che permea le conversazioni dei genitori, sia sempre la stessa: come si fa a fare i genitori? Ad affrontare i capricci dei più piccoli, le crisi e le richieste dei più grandi, a far si che mangino, che rispettino le regole, che facciano i compiti, che accettino i limiti, che non siano violenti, che abbiano autostima, che insieme all’indicibile e a volte controverso amore per i figli si riesca anche ad essere guida significativa? Queste domande, i genitori di oggi, nella maggioranza dei casi le rivolgono all’esterno e non a se stessi. E’ come se si fosse deciso che sicuramente, altri, all’esterno del nucleo familiare possano avere la risposta giusta. Perché? Mi viene da ipotizzare la paura dell’errore, innanzitutto; ma forse anche un delirio di onnipotenza del tipo: voglio un figlio/ a perfetto, che sappia tutto e abbia tutto, quindi più mi informo, più apprendo, più sarò vicino alla certezza che andrà tutto bene e che sarà perfetto. Ma anche in questo caso non si parte da se stessi e non si guarda al figlio reale. In questo modo, si svaluta sia il genitore che il figlio, si guarda a qualcosa che potrebbe esserci ma non c’è, un’illusione.

Proliferano manuali, libri e corsi sulla genitorialità. Mi domando, ma i ragazzi che ci guardano, come potranno cercare soluzioni e proposte dentro se stessi? Come potranno capire che la conoscenza di se stessi e la consapevolezza di ciò che si prova e si pensa saranno alla base dei loro comportamenti? Come potranno fare scelte che davvero li rappresentino se vedono che mamma e papà anche per dire un no si devono fare forza consultandosi sul comportamento da avere con loro? Che di fronte alla loro frustrazione o al loro dolore preferiscono non vedere o far trovare la soluzione ad un altro? Che deve rassicurare e trovare subito un’ idea che faccia stare bene tutti, pena la ricerca continua del miglior consigliere che coinciderà con chi ha dato la soluzione, a mo’ di ricetta: sicura, precisa, chiara da eseguire e veloce.

Non c’è più la capacità di attendere e sopportare le inevitabili difficoltà, gli immancabili dolori e le struggenti malinconie che la vita nel suo svolgersi propone. Non c’è più la forza che permette di tollerare l’attesa dei passaggi, dei cambiamenti. Si vuole tutto e subito. Quindi sarà tutto fittizio, illusorio e foriero di probabili comportamenti deludenti. Sembra che per essere genitori si debbano fare i compiti, sembrerebbe un lavoro tutto da imparare, ma non dovrebbe essere piuttosto anche un moto dell’anima e del pensiero che sottende ai comportamenti di un padre e di una madre? E non soltanto competenze da acquisire e da tramutare in comportamenti consequenziali? E’ evidente che non voglio dire che non debba esserci condivisione o richiesta di consulenza, lì dove serve; ma sicuramente penso che va ritrovata la misura, il buon senso, e il coraggio di prendersi la responsabilità di educare i propri figli, accettando di sopportare, quando accade, la frustrazione dell’errore.


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