DISCERNERE
Uno sguardo profetico sugli eventi
Ci convertiremo al darwinismo quando ce ne daranno prova scientifica, almeno una
I creazionisti […] non possono sostenere
che il racconto biblico sia provato
scientificamente, emulando così
gli evoluzionisti dogmatici che credono
che la loro teoria sia scientificamente
provata”. Nel cuore del proprio
ponderoso libro, “Charles Darwin oltre
le colonne d’Ercole. Protagonisti,
fatti, idee e strategie del dibattito sulle
origini e sull’evoluzione” (Gribaudi,
Milano 2009), lo afferma Mihael Georgiev.
Nato a Sofia, Georgiev ha lasciato
la Bulgaria nel 1971 e, dopo aver
studiato negli Stati Uniti, si è accasato
in Italia. Laureato in Medicina e
chirurgia alla Sapienza di Roma, dal
2006 è membro del Centro di malattie
vascolari dell’Università di Ferrara.
Autore di testi medici e scientifici, dal
2002 è vicepresidente dell’Associazione
italiana studi sulle origini
(www.origini.info). Il bello però è che,
personalmente parlando, Georgiev
creazionista lo è davvero, giacché
prende sul serio quella fede che definisce
l’Altissimo “creatore del cielo e
della terra”. Ma, al tempo. Georgiev
non è un “concordista”. Anzi. Protestante,
scrupoloso lettore (come pochi,
magari pure tra i cattolici) del magistero
cattolico in materia, sin dai dibattiti
coevi a Darwin su Civiltà Cattolica
e dintorni, stigmatizza il confondere
scienza e fede. Certo, pensa che
le due percorrano tratti di strada comuni,
ma si guarda bene dal saltare di
palo in frasca. Il suo librone si configura
così come una navigazione attraverso
quanto scientifico lo è, e lo è sul
serio, e quanto invece non lo è, altrettanto
sul serio. In primis il creazionismo
(un turpiloquio pensato per denigrare
chi la fede, fortuna sua, ce l’ha)
e l’evoluzionismo talebano; quindi
quanto Darwin disse ma pure non disse,
cosa di Darwin han fatto darwinisti
e neodarwinisti, quel che al naturalista
obbiettano i critici di ieri e di oggi;
poi il dibattito tra filosofia e scienza
dai greci al Rinascimento passando
pure, ovvio, per le dispute medioevali,
l’incontro fra ragione e Rivelazione
così come lo scontro fra un altro tipo
di ragione e fede; infine le coordinate
del cosiddetto progetto intelligente,
quelle vere, mica le caricature che
vengono messe in bocca ai suoi sostenitori.
Giunto all’ultima pagina, il lettore
ne sa più di prima (perdonate la
banalità, ma oramai, con certi libri
che si pubblicano, questo “minimo
sindacale” non è più un diritto acquisito)
e pure si convince: il darwinismo
sarà pure affascinante, ma quando ce
ne mostreranno una prova evidente
che sia una, e a norma di metodo
scientifico, induttivo, empirico, sperimentale,
positivo, galileiano e laico,
allora ci convertiremo. Una summula,
quella di Georgiev, da appaiare al superlativo
(e tecnico e noioso quanto è
sacrosantamente giusto sia un libro di
biologia generale) “Trattato critico
sull’evoluzione. Certezza dei fatti e diversità
delle interpretazioni”, curato
da due quadrati scienziati tedeschi,
Reinhard Junker e Siegfried Scherer,
alla testa di un pool di una ventina di
specialisti, uscito in italiano nel 2007
da Gribaudi in una versione curata da
Fernando De Angelis. Buon rincalzo
lo dà del resto Ferdinando Catalano,
fisico messinese e ricercatore di ottica
oftalmica, docente di Optometria
all’Università del Molise. Il suo “La vita
e il respiro e ogni cosa. Termodinamica
e abiogenesi” (Aracne, Roma
2009) spende, nel sottotitolo, un parolone
più noto come “generazione
spontanea”: la pretesa che dal nulla
venga qualcosa, Dio a parte, dall’inanimato
l’animato, dalla materia inerte
la vita. Un’idea su cui il darwinismo si
fonda, e pour cause, ma che nessuno
ha mai dimostrato, anzi semmai sbugiardato:
Francesco Redi e Lazzaro
Spallanzani fra Sei e Settecento, e
Louis Pasteur nell’Ottocento. Ricorda
peraltro Catalano che, nonostante la
graniticità con cui la “chiesa evoluzionista”
cerca di accreditarsi oggi, al
momento esistono ben 13 diverse e
contrastanti ipotesi sull’origine della
vita sulla Terra: epperò tutti a dare
addosso per esempio al povero “principio
antropico”, quello che, misurazioni
scientifiche alla mano, mostra
come questo nostro strano e fantastico
pianeta stia lì piroettante da tempo
nell’universo, con le sue piante, i suoi
animali, i suoi uomini, atei o credenti,
la scienza e le illazioni, ma questo grazie
a una serie delicatissima di costanti
e di dettagli finemente cesellati
e in sereno equilibrio, ché se uno solo
variasse di un soffio verrebbe già tutto.
Quasi un pianeta privilegiato a misura
di uomo, di cui, fino a prova contraria,
non vi è pari nell’universo.
Marco Respinti
Il Foglio 29 dic. 2009