Roma. La vita del teologo domenicano
Edward Schillebeeckx, nato ad Anversa,
in Belgio, formatosi a Lovanio, a Le Saulchoir
e alla Sorbona, e morto a Nimega,
in Olanda, alla vigilia di questo Natale
all’età di 95 anni, è stata caratterizzata da
un prima e un dopo. Il prima sono gli anni
precedenti il Concilio Vaticano II. Il
dopo quelli successivi. Prima egli fa suo
una sorta di “tomismo aperto” caratterizzato
dall’assunzione di un metodo storico
in grado di ricostruire l’evoluzione
storica delle affermazioni dogmatiche.
Dopo si muove in un altro senso, ovvero
nella convinzione che nella teologia cattolica
sia assente una chiara dottrina ermeneutica
che consenta di superare definitivamente
le diverse posizioni inerenti
all’evoluzione del dogma cristiano. E’
qui, in questa seconda fase, che Schillebeeckx
scatena vivaci polemiche per l’arditezza
delle sue posizioni teologiche
tanto che viene accusato di negare la risurrezione
di Cristo come un fatto oggettivo
della fede.
Ma andiamo con ordine. E raccontiamo
come un suo amico, Joseph Ratzinger,
visse questa svolta. E, in qualche
modo, fu costretto a distanziarsi dal pensiero
del teologo domenicano. E’ spiegando,
infatti, come e perché Ratzinger
si distanziò da Edward Schillebeeckx
che si capisce e si comprende un po’ meglio
chi fu lo stesso Schillebeeckx. Si era
negli anni del Concilio. E’ noto che Papa
Giovanni voleva un’assise che durasse
pochi mesi. Un Concilio nel quale sostanzialmente
si dovevano approvare i
testi scritti e redatti dall’allora Sant’Uffizio
guidato dal cardinale Alfredo Ottaviani,
soprannominato “il carabiniere
della fede” in quanto rigoroso difensore
della tradizione. Ma le cose andarono diversamente.
In molti fecero capire a Giovanni
XXIII che la chiesa necessitava di
un rinnovamento più ampio che implicasse
anche una riforma radicale, in
senso liberale, dell’ormai antico
Sant’Uffizio. Tra gli altri, promotore di
questa necessità era il cardinale tedesco
Josef Frings il quale, è cosa nota, si faceva
aiutare nella stesura dei suoi testi dal
giovane teologo bavarese Joseph Ratzinger.
E’ per questo motivo, per la spinta
che inconfutabilmente diede al Concilio
lo stesso Ratzinger, che in molti successivamente
si sono domandati perché il
teologo bavarese prese le distanze da altri
fautori del cosiddetto rinnovamento
conciliare. Perché Ratzinger, che pur
collaborò a far sì che il Concilio fosse un
qualcosa di più ampio di quanto Ottaviani
voleva e sperava, si è poi distanziato
da molti colleghi che come lui spinsero
per un Concilio di vera riforma della
chiesa e, tra questi, da coloro che insieme
a lui in quegli anni fondarono la rivista
Concilium? Perché fino all’inizio del
Vaticano II teologi come Antonie van
den Boogaard, Paul Brand, Yves Congar,
Hans Küng, Johann Baptist Metz, Karl
Rahner e Edward Schillebeeckx erano
in sostanziale sintonia con Ratzinger e
successivamente meno? E’ rispondendo
a questa domanda che si comprende la
vita del grande teologo domenicano
scomparso in questi giorni.
Nuovo catechismo olandese
Dice al Foglio Vittorio Messori che
mentre scriveva con Ratzinger “Rapporto
sulla fede” fu lo stesso teologo tedesco a
spiegargli il perché della presa di distanza
da Schillebeeckx e dagli altri della rivista
Concilium: “Ratzinger mi disse che
non fu lui a cambiare, ma cambiarono loro.
Ratzinger voleva un Concilio in continuità
con la tradizione passata. Gli altri si
misero a promuovere una linea di rottura
col passato. Ma non nel nome di questa
rottura l’allora teologo bavarese aveva
spinto perché il Concilio lavorasse più
diffusamente di quanto lo stesso Giovanni
XXIII all’inizio aveva pensato dovesse
lavorare”. Probabilmente non si capisce
Schillebeeckx se non si parte da qui. Dalla
svolta che lo portò a interpretare i lavori
conciliari secondo l’ermeneutica della
rottura e della discontinuità. A motivo
di questa svolta Schillebeeckx è oggi ricordato
anche e soprattutto per queste
cose: entrò presto in conflitto col Vaticano
per i suoi libri su Gesù e fu convocato
a Roma dalla congregazione per la Dottrina
della fede per spiegare le sue teorie
che negavano la resurrezione di Cristo in
quanto fatto oggettivo. Fu Schillebeeckx,
precedentemente, a introdurre i teologi
olandesi alla Nouvelle Theologie. Negli
anni 60 ispirò il “Nuovo catechismo olandese”
nel quale vi sono affermazioni ambigue
sul peccato, la redenzione, l’eucarestia,
la verginità della Madonna, il ruolo
della chiesa e del Papa.
Paolo Rodari
Il Foglio 29 dic. 2009