di Marco Zucchetti
Tratto da Il Giornale del 16 dicembre 2009
PRETI RIBELLI. Tutti in difesa, tutti in trincea. Il clero basco alza le barricate contro il nuovo vescovo inviato dalla Chiesa spagnola su in Euskal Herria. Iniziativa senza precedenti per il clero basco, storicamente vicino alle istanze di irredentismo dei nazionalisti. Sono ben 85 - su un totale di 110 sacerdoti - i preti che hanno firmato un documento per «dissociarsi» dalla nomina del nuovo vescovo di San Sebastian, monsignor Josè Ignacio Munilla Aguirre, messo a capo della diocesi della città basca da Papa Benedetto XVI nello scorso novembre.
POLITICA E FEDE. Nonostante la sua relativamente giovane età (è nato proprio a San Sebastian nel 1961), Munilla Aguirre è un teologo considerato particolarmente «conservatore». Oltre ad insegnare il catechismo su Radio Maria España, è anche editorialista del quotidiano conservatore ABC. Ecco perché al clero della provincia autonoma di Guipuzkoa il nuovo porporato non piace granché. «Non è in alcun modo la persona idonea per assumere la carica di vescovo e di pastore della nostra diocesi», spiegano con durezza i parroci.
PROVOCAZIONE? In realtà qualcuno parla di chiaro intento «contenitivo» da parte della Chiesa spagnola. La forte vena autonomista e le simpatie nazionaliste del clero basco, infatti, non sono viste di buon occhio in un periodo in cui la rottura tra Madrid e le frange più radicali dell'indipendentismo è netta. Il fatto che Munilla sia un uomo del presidente della Conferenza episcopale spagnola, l'arcivescovo di Madrid Antonio Maria Rouco Varela, sembra testimoniare questa esigenza. La sua fama, secondo El Mundo, è quella di «militante fino al midollo, che non si arrende davanti a nulla e nessuno». E il fatto che in una recente intervista abbia affermato che il lavoro della Chiesa deve tendere a neutralizzare la società basca, che soffre di un «eccesso di policizzazione», ecco che l'equazione è pronta. E subito arriva la protesta, del clero e persino dei moderati del Partito nazionalista basco, che denuncia un nuovo tentativo di «spagnolizzazione forzata» dell'identità basca, anche sul piano del cattolicesimo.