DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Il Barocco infinito di Caravaggio


DA N APOLI G IORGIO A GNISOLA
obiettivo di Nicola Spinosa, curatore della grande rassegna

L’
Ritorno al Barocco, da Cara­vaggio a Vanvitelli, aperta in sei stori­che sedi museali di Napoli, esorbita da un semplice, sia pure articolato, pro­getto espositivo. L’idea dello studioso ( che con l’evento lascia, dopo venti­cinque anni, la direzione della soprin­tendenza) è di delineare una identità partenopea in una prospettiva artisti­ca oltre che storico­sociale, guardando a ritroso, ma leggen­do anche il presente, a partire dalla civiltà barocca, di cui la ca­pitale del Regno del­le due Sicilie è stata grande interprete: i­dentità specchiata in un seducente af­fresco della città, che «nel suo essere e apparire – scrive Spinosa – fin dal Sei­cento, è segnata da continui e interminabili contrasti o da costanti e inalienabili contraddizioni, tra luci ed ombre, vizi e virtù, fatti e mi­sfatti, feroce individualismo e diffusa solidarietà, in un’alternanza o combi­nazione perenne di momenti e situa­zioni di altissima civiltà e moderna cul­tura » . Napoli rinviene nel Barocco, scrive Spinosa, il luogo simbolico del­la sua rappresentazione, quasi testi­moniando un « gran teatro del mon­do », tra natura e artificio, storia e mi­to, realtà e fantasia, in cui protagoni­sti e comparse si alternano e si confon­dono in occasioni e situazioni comu­ni e diverse, tra gioie e dolori, diffusa spensieratezza e profonda riflessione. L’ampia rassegna, distribuita con cin­quecento opere in sei esposizioni te­matiche (allestite, oltre che alla Reggia di Capodimonte, a Castel Sant’Elmo, a San Martino, al Museo Duca di Marti­na nel parco della Floridiana, a Villa Pi­gnatelli e a Palazzo Reale) e 51 itinera­ri nei luoghi barocchi della Regione, prolungata nella stessa vita cittadina, come avventura esplorativa da intra­prendere nell’interminabile tracciato di chiese conventi palazzi collegiate, si configura come ampio progetto teso a ricompattare, dunque, una fisionomia culturale della città, ricollegandosi ai grandi progetti espositivi del passato, a partire da quelli promossi da Raf­faello Causa, «Civiltà del Settecento» e «Civiltà del Seicento», più volte espor­tati in Europa e negli Stati Uniti, che fecero riscoprire Napoli nel mondo e che segnarono per la stessa città un punto di svolta e di rinnovato fervore culturale.
L’evento espositivo vuole altresì docu­mentare i progressi conoscitivi degli ultimi trent’anni, dal 1979 al 2009, «su aspetti, momenti e 'generi' che carat­terizzarono la stagione del Barocco, con una scansione degli studi artico­lata in tre momenti: l’arrivo di Cara­vaggio a Napoli nel 1606, la presenza in città di Luigi Vanvitelli e Ferdinan­do Fuga (1750), la partenza di Carlo di Borbone per la Spagna (1759).
È Capodimonte l’ « epicentro » delle mostre. Vi si espongono cronologica­mente, per soggetto o per generi, una selezione di opere dei maggiori prota­gonisti della pittura tra primo Seicen­to e metà Settecento: del naturalismo caravaggesco (da Battistello Caraccio­lo a Ribera) o delle tendenze classici­ste (da Massimo Stanzione ad Andrea Vaccaio), sviluppate in chiave barocca (con opere da Mattia Preti a Luca Gior­dano, a Francesco Solimena a Paolo de Matteis) o rococò (da Giacomo del Po a Francesco De Mura).
Castel Sant’Elmo, l’altro importante centro espositivo del polo museale na­poletano, ospita una mostra di dipin­ti, sculture ed arredi, provenienti da chiese e musei della città e restaurati negli ultimi anni.
Nella Certosa di San Martino, da cui, come è noto, è possibile ammirare scorci indimenticabili del golfo parte­nopeo, sono esposte alcune tra le più belle vedute napoletane di pittori ita­liani e stranieri, da Didier Barra a Ga­spare Vanvitelli, a Antonio Joli, e ritratti di personaggi maggiori della storia na­poletana, da Masaniello a Tanucci.
Le arti decorative sono tradizional­mente in mostra nella casa-museo del Duca di Martina, mentre a Villa Pigna­telli viene presentata un’ampia sele­zione di nature morte (nature «in po­sa ») di artisti di area prima naturalisti­ca e poi barocca, da Recco a Ruoppo­lo,
a Realfonso. Gli «itinerari barocchi», in un interes­sante collegamento tra centro e peri­ferie ( che tuttavia rischia di sottoli­neare un napolicentrismo che non tro­va rispondenza nell’ampiezza e so­prattutto nella varietà delle risorse ar­tistiche della regione) riguardano luo- ghi molto noti: dalla Reggia di Portici a quella di Caserta, all’abbazia di Lo­reto a Mercogliano, alla certosa di San Lorenzo a Padula: luoghi che testimo­niano le tante declinazione del baroc­co meridionale, che nel Sud della pe­nisola si è protratto oltre i limiti della cronologia storica più accreditata, con soluzioni di grande interesse anche sotto il profilo storico-sociale, oltre che artistico. Completano il quadro delle i­niziative concerti, proposte didattiche, approfondimenti tematici, interventi di studio e di ricer­ca.
Gli allestimenti so­no concepiti più sull’onda di asso­nanze emozionali e sensitive, nel segno di una suggestione barocca, piuttosto che nel solco di un rigoroso, scientifi­co percorso esposi­tivo: una scelta che Spinosa ha difeso con energia nel corso della confe­renza inaugurale della rassegna. Un pregio o un limite?

Napoli, varie sedi

RITORNO AL BAROCCO

Da Caravaggio a Vanvitelli

Fino all’11 aprile