di Nicola Gori Da quello nero delle benedettine a quello con la croce delle visitandine. Cambia l'abito ma non il senso della presenza delle religiose che si alternano periodicamente nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano. Dall'ottobre scorso è il turno delle figlie di san Francesco di Sales e di santa Giovanna Francesca de Chantal. Trascorreranno tre anni al servizio diretto del Papa. Sei monache spagnole e una italiana vivranno questa esperienza spirituale all'ombra del cupolone. Un evento che capita in un momento particolare per l'intero ordine della visitazione, prossimo a celebrare, nel 2010, il IV centenario della fondazione. Abbiamo chiesto alla superiora suor María Begoña Sancho Herreros, già responsabile del monastero di Burgos, di parlarci del significato di questa nuova esperienza.
Per tre anni svolgerete la vostra missione in Vaticano. Come state vivendo questa esperienza?
Abbiamo accolto questo incarico come un dono singolare del Signore. Siamo consapevoli di non essere preparate per un'esperienza tanto speciale. Trattandosi poi di un dono di Dio, chiederemo a Lui stesso di sostenerci.
Ci sforziamo anche di mettere in pratica quello che dice il nostro fondatore san Francesco di Sales: "Che tutta la nostra vita e i nostri esercizi siano per unirci a Dio e per aiutare con le nostre preghiere e i buoni esempi la santa Chiesa e la salvezza del prossimo". Vivere tutto ciò in profondità è la preparazione migliore per questa missione che ci è stata affidata.
L'eredità di san Francesco di Sales e di santa Giovanna Francesca de Chantal continua a essere attuale?
Direi che il loro carisma è molto attuale. San Francesco di Sales è un santo dei nostri tempi. La sua dottrina è ideale per il momento che stiamo vivendo. Nei suoi scritti, diretti e semplici, invita alla santità ogni persona, qualsiasi vocazione abbia. Scrisse l'Introduzione alla vita devota, per insegnare come la santità deve essere vissuta, in modo naturale, nelle occupazioni abituali, cercando di rendere la virtù attraente per quanti ci circondano. San Francesco continua a ripeterci che la santità è alla portata di tutti. Il santo vescovo è anche il dottore dell'amore. Nel suo Trattato dell'amor di Dio è delineato un programma di perfezione per tutti coloro che si sentono attratti dall'amore verso Dio e che hanno sperimentato che anche Dio è pieno d'amore per l'uomo.
La nostra cofondatrice, santa Giovanna Francesca de Chantal, è un modello per tutti gli stati di vita poiché ha vissuto in prima persona diverse esperienze: nubile, coniugata, vedova, religiosa e infine fondatrice. È impressionante vedere come nei diversi momenti della sua esistenza abbia saputo essere una donna forte, affrontare le difficoltà con lo sguardo fisso sul Signore. Per questo la sua vita e la sua dottrina sono attuali ancora oggi.
Qual è il vostro carisma particolare?
San Francesco di Sales sentì che il Signore gli chiedeva una fondazione aperta a tutti, ma che riservasse un'attenzione particolare all'accoglienza di quanti avevano una salute fragile e non potevano entrare in altri ordini, che nelle loro regole prevedevano stili di vita molto austeri. Voleva che si supplisse alle penitenze esteriori con la rinuncia interiore. Egli scriveva: "Desidero dare a Dio figlie di preghiera, tanto interiori da essere ritenute degne di adorare Dio in spirito e verità". "Lo spirito della visitazione - faceva notare - è di profonda umiltà verso Dio e grande dolcezza verso il prossimo". E ancora: "Uno spirito che non pone l'accento sull'austerità esteriore; le sorelle devono supplire a essa con la rinuncia interiore e con grande semplicità e gioia nella via comune". Riguardo al nostro ordine, il fondatore affermava: "La congregazione non pretende altro che formare anime umili" e "la caratteristica delle figlie della visitazione è di vedere in tutto la volontà di Dio e di seguirla". Fa parte del nostro carisma anche la spiritualità del Cuore di Gesù. San Francesco di Sales ci ha lasciato come stemma dell'ordine il Cuore di Gesù circondato da una corona di spine. Diceva una frase molto bella al riguardo: "Vorrei cambiare la corona di spine del Cuore di Gesù con una corona formata con il cuore di tutti gli uomini". Santa Margherita Maria, anche lei religiosa della visitazione, fu la confidente del Cuore di Gesù. Diceva: "A noi figlie della visitazione è stata concessa la grazia di onorare la vita nascosta del cuore di Gesù e, poiché Egli si è rivelato a noi, vuole che noi lo manifestiamo e lo offriamo agli altri".
Quale sarà la vostra missione nel monastero vaticano?
Pregare e sacrificarci per la Chiesa e per il Papa nello spirito della visitazione, con la nostra vita semplice e comunitaria di preghiera, di lavoro, di momenti di ricreazione. Il tutto unito al sacrificio di Cristo offerto per la Chiesa e per il Pontefice. Ci occuperemo anche di alcuni lavori per la persona del Papa, come la cura degli abiti.
Può descriverci una giornata tipo trascorsa nel monastero?
La nostra vita è scandita dai momenti liturgici, dalla preghiera comunitaria e personale, dal lavoro e dal riposo. Cominciamo la mattina alle 5.20 con la sveglia, poi alle 5.55 andiamo in coro per la preghiera. Alle 6.55 recitiamo le lodi e alle 7.15 partecipiamo alla messa. Alle 8 facciamo colazione, e poi ci dedichiamo al lavoro. Alle 9 di nuovo in coro per l'ora Terza e quindi lavoro. Alle 11.15 recitiamo l'Ufficio delle letture e dalle 11.45 alle 12 pausa libera prima di recitare l'ora Sesta. Alle 12.15 pranziamo e ci prendiamo un momento per stare insieme in tutto relax. Alle 13.50 un breve momento chiamato "obbedienza" per eventuali comunicazioni alla comunità da parte della superiora. Alle 14.05 ci rechiamo in cappella per adorare Gesù presente nel tabernacolo. Questo momento è detto visita. Seguono poi la recita dell'ora Nona, l'esame di coscienza e il lavoro. Alle 16.15 vi è la lettura spirituale, seguita alle 16.45 dalla merenda. Alle 17 meditiamo alcuni temi spirituali e alle 18 c'è l'esposizione del Santissimo Sacramento e la preghiera. Alle 18.30 ci rechiamo in coro per la recita dei Vespri. Dopo un quarto d'ora libero, alle 19.15 ci ritroviamo insieme per recitare il rosario. La cena è alle 19.45, seguita alle 20.15 dalla ricreazione. Di nuovo il momento di "obbedienza" per eventuali comunicazioni alla comunità da parte della superiora. La compieta alle 21.15 conclude la giornata.
Qual è il vostro contributo all'Anno sacerdotale?
La Chiesa ha invitato le donne in generale, e noi religiose in particolare, a sentirsi "madri spirituali dei sacerdoti". Essere madre significa prendersi cura e pregare per loro. Accoglierli quando vengono a chiederci preghiere o a raccontarci le loro difficoltà. Ogni giorno recitiamo una preghiera per i sacerdoti: per quelli santi, per quelli meno ferventi, per quanti soffrono o sono tentati, per quelli che ci aiutano con la loro vita esemplare, amministrandoci i sacramenti. Ma, soprattutto, cerchiamo di vivere in unione spirituale con tutti i sacerdoti, aiutandoli con le nostre preghiere e i nostri sacrifici.
Qual è stata la sua esperienza di claustrale in Spagna?
Sono religiosa da trent'anni e quindi è un po' difficile riassumere la mia esperienza in poche parole. Posso dire che la mia vita è stata ed è una ricerca di Dio e allo stesso tempo un incontro con Lui. Quando ho sentito la vocazione mi sono ribellata contro il Signore perché i miei piani non coincidevano con i suoi. Non mi sentivo portata per la vita religiosa, ma sapevo chiaramente che Dio ha sempre ragione e che era inutile lottare contro di Lui. Così mi sono arresa e la mia riluttanza è sparita, tanto che a volte penso: "Di quante grazie mi sarei privata se avessi detto no a Dio". Sono entrata nell'ordine della visitazione spinta dal mio amore per il Cuore di Gesù, dal mio desiderio di amarlo e di consolarlo. Mi sentivo innamorata di Dio e, soprattutto, Dio mi aveva cercato assiduamente come un vero amante. Sono trascorsi così i miei primi anni. A mano a mano che passa il tempo sento una grande nostalgia di Dio. Sento nel profondo che ancora non lo conosco, che il suo Cuore è un abisso impenetrabile, tanto profondo da non riuscire a comprenderlo. Ammiro i santi con la loro conoscenza di Dio e vedo che io sono tanto lontana. Cerco nella Sacra Scrittura e dico con il profeta Geremia: "Quando le trovavo (le tue parole) le divoravo...".
Certo, conosco con la mente e con il cuore l'essenza di Dio: ossia l'amore. L'ho sperimentato tante volte, soprattutto nelle mie miserie, nella mia povertà. Egli agisce sempre con amore, poiché l'amore è la sua essenza. Mi conforta sapere che le mie preghiere e i miei sacrifici recano beneficio alla Chiesa e al mondo, che Dio si serve di essi per avvicinare gli uomini al suo cuore, che il dono più grande che posso fare al Signore, ciò che più lo aggrada, è che le persone lo conoscano e lo amino per poter essere felici.
Lei era già stata superiora di una comunità?
Sono stata superiora del monastero della visitazione di Burgos in Spagna per alcuni anni. Nel periodo in cui ho guidato la comunità, ho avuto la possibilità di conoscere un po' di più le persone. Arricchisce vedere l'azione di Dio nel prossimo. Molte volte guardiamo gli altri solo dall'esterno, senza conoscere quanto avviene nel loro intimo. Ogni persona è veramente un dono di Dio. Essa è posta lungo il nostro cammino perché abbiamo bisogno di lei per andare avanti, anche se non sempre ci è gradita. Scoprire ciò è una grazia.
Infine, vorrei dire una parola sul mio legame con la Vergine. Mi sento così povera che è per me una necessità ricorrere a Maria. Sono come colui che lotta per ottenere qualcosa senza riuscirci e ricorre alle persone influenti. Così io ricorro alla Vergine. Molti anni fa ho fatto un patto con lei, offrendole tutto ciò che avevo affinché lo presentasse al Signore e gli chiedesse ciò di cui sa che ho bisogno. Sono nelle sue mani e in questo momento in cui inizia nella mia vita una nuova tappa l'affido a lei, affinché mi renda sempre docile alla volontà del Signore.
(©L'Osservatore Romano - 2 dicembre 2009 )