DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Natale? No «festa delle luci» Genitori in rivolta a Cremona

Gelmini: non si aiuta l’integrazione • Zaia: harakiri culturale • Polemiche per la scelta di una scuola di proporre una festa alternativa • La diocesi: la vera luce sarebbe quella di Gesù
di Filippo Gilardi
Tratto da Avvenire del 13 dicembre 2009

Per gli alunni della scuola Manzoni, il Natale resta fuori dalla porta e tra i genitori montano le proteste. Nel­la scuola elementare del centro di Cre­mona, infatti, da 15 anni ormai la nasci­ta di Gesù Bambino è diventata «La festa delle luci». Una decisione che ha subito provocato, tra gli altri, l’intervento del ministro Gelmini: «Non si crea integra­zione e non la si aiuta – ha detto – eli­minando la nostra storia e la nostra i­dentità». E il ministro Zaia ha rincarato la dose: «Un altro harakiri culturale per­pretato sulla pelle dei bambini da un fin­to educatore». Spiega Eriberto Mazzotti, l’insegnate promotore dell’iniziativa: «Siamo una scuola interculturale. Abbiamo pensato alla Festa delle luci per non ur­tare le altre cul­ture e anche le famiglie laiche, senza comun­que rinnegare il Natale». In effet­ti, nei corridoi della Manzoni, sono allestiti i presepi prepara­ti dalle inse­gnanti di religio­ne e anche nella festa di lunedì prossimo, oltre ai lumini che saranno di­sposti in cerchio dai bambini nel simbo­lo della pace, tra i canti preparati nelle classi ci sarà anche qualche nota fami­liare, come «Tu scendi dalle stelle», mi­schiato però alle hit natalizie in lingua inglese e al «Funga Alfa» (la storia di uno straniero accolto in un villaggio a brac­cia aperte), canto del folkolore ghanese che caratterizzerà l’edizione 2009 delle «luci». Di tutto un po’, insomma. Ma que­st’anno non pochi genitori ha sollevato la domanda: perché camuffare il nome e il senso stesso del Natale? Una do­manda a cui gli insegnanti promotori ri­spondono alzando i vessilli dell’inter­cultura. Pur senza convincere del tutto anche chi, all’interno stesso della scuo­la, avanza qualche riserva: «Quando 13 anni fa sono arrivata in questa scuola ­racconta la maestra Caterina Lorusso - la festa era già organizzata in questo modo e non è mai cambiata. Però mi chiedo. Che cosa festeggiamo davvero? Perché ci scambiamo gli auguri? E siamo sicuri che questa sia vera intercultura? Io credo che l’accoglienza debba piuttosto partire dal­l’incontro tra punti di vista diversi, in par­ticolare con l’identità della nostra cultu­ra». Pensiero condiviso anche dall’assessore alle Politiche educative del comune lom­bardo, Jane Alquati : «Il crocifisso, il pre­sepe e il Natale siano simboli importan­tissimi. La simbologia e la nostra identità sono elementi di crescita che vanno sal­vaguardati. E certamente far crescere i nostri figli in un ambiente asettico non è la strada giusta».

Dubbi anche per don Claudio Anselmi, responsabile dell’ufficio di pastorale sco­lastica della diocesi di Cremona: «Strano che sotto il nome di una festa delle luci si neghi quella che è la luce per eccel­lenza. Si tratta - osserva - di rispettare il diritto dei bambini e dei ragazzi a cono­scere la storia del nostro Paese e il dato culturale che rappresenta per noi la tra­dizione cristiana. E non può urtare, per­ché la nascita di Gesù è un fatto oggetti­vo che anche le culture diverse dalla no­stra riconoscono». Inoltre, aggiunge An­selmi, «la tradizione del Natale cristiano porta valori universali, come l’acco­glienza, il rispetto delle persone, la ricer­ca della pace. Non può essere inquinan­te o fastidioso». Tant’è vero - ricorda an­cora il sacerdote cremonese - che «se­condo i dati negli ultimi anni, dopo le crociate contro i presepi, nel panorama generale scuole italiane i toni della pole­mica si sono abbassati». Restano tuttavia «equivoci» come quello della Manzoni dove i bambini disegnano un abete con la stella in cima, i genitori distribuisco­no biscotti con barba finta e berretto ros­so, ma si nasconde che il Natale è la fe­sta di una nascita che ha cambiato la sto­ria: «Casi - conclude don Anselmi - che stimolano tutti noi a vigilare sulle offer­te formative delle nostre scuole».