DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Non siamo parenti di gorilla e scimpanzé: invalidata la teoria. Rinvenuto in Etiopia lo scheletro di Ardi, la nostra più antica progenitrice

Il ritrovamento di Ardi, dal sito del National Geographic: traduzione integrale dell’articolo Oldest “Human” Skeleton Found–Disproves “Missing Link” (01/10/2009) , con i collegamenti alle immagini.

Qui la mappa della regione dei ritrovamenti (Reuters).

Riassunto per chi ha fretta

Un equipe di scienziati ha annunciato la scoperta, in Etiopia, dello scheletro di un’ominide più antica di Lucy. E’ lo scheletro più antico finora rinvenuto. L’ominide è chiamata Ardi, abbreviazione della specie a cui appartiene, Ardipithecus ramidus.

La scoperta risale al 1992 e riguarda i fossili di molti individui, il che è già una rarità. I resti sono molto delicati, perciò ci sono voluti anni per ripulirli e ricomporre lo scheletro.

Ardi presenta caratteristiche particolari che invalidano la teoria dell’anello mancante, secondo cui l’uomo discenderebbe direttamente da un primate simile a uno scimpanzé. Questo non lede la teoria dell’evoluzione ma diventa inutile studiare le scimmie antropomorfe per capire la biologia e il comportamento dell’uomo.

Il ritrovamento permette di avanzare nuove ipotesi sul perché gli ominidi divennero bipedi.

Le immagini sono meravigliose.


Trovato il più antico scheletro “umano”: sconfessa la teoria dell’“anello mancante”

Jamie Shreeve, Science editor, National Geographic magazine
Updated 6:44 p.m. ET, October 1, 2009

Fatti da parte, Lucy. E dì addio all’anello mancante.

Alcuni scienziati hanno annunciato oggi la scoperta del più antico scheletro fossile di un antenato dell’uomo. Il ritrovamento svela che i nostri progenitori vissero uno stadio evolutivo finora sconosciuto, oltre un milione di anni prima di Lucy, l’esemplare-icona dei progenitori umani che camminò sulla Terra 3,2 milioni di anni fa.

Pezzo forte di un tesoro di nuovi fossili, lo scheletro – attribuito ad una specie chiamata Ardipithecus ramidus – apparteneva ad una femmina di 110 libbre (50 chilogrammi), dotata di una piccola scatola cranica, soprannominata Ardi. (Immagini di Ardipithecus ramidus).

Il fossile manda in pensione la teoria, popolare sin dai tempi di Darwin, che alla radice della famiglia umana si sarebbe prima o poi trovato un anello mancante simile allo scimpanzé, una via di mezzo, nell’aspetto, tra l’uomo e le scimmie antropomorfe di oggi. In effetti, la nuova prova suggerisce che lo studio dell’anatomia e del comportamento degli scimpanzé – a lungo utilizzato per inferire la natura dei primissimi antenati dell’uomo – sia perlopiù irrilevante per comprendere le nostre origini.
(Cronologia interattiva: come la scoperta dell’Ardipithecus ramidus cambia la teoria dell’evoluzione umana).

Ardi invece mostra una mescolanza inattesa di caratteristiche evolute e di tratti primitivi tipici di primati molto più antichi e diversi dagli scimpanzé e dai gorilla (interattivo: le fattezze di Ardi).

Stando così le cose, lo scheletro apre uno spiraglio sul possibile aspetto dell’ultimo antenato comune a uomini e scimmie di oggi.

Annunciata in una conferenza stampa congiunta in Washington (D.C.) e Addis Abeba (Etiopia), l’analisi delle ossa dell’Ardipithecus ramidus sarà pubblicata domani, in una raccolta di documenti, in un numero speciale della rivista Science, con una valanga di materiale di supporto pubblicato online.

“Questo ritrovamento è di gran lunga più importante di quello di Lucy”, ha detto Alan Walker, un paleontologo dell’Università Statale della Pennsylvania, il quale non ha preso parte alla ricerca. “Esso mostra che l’ultimo antenato comune con gli scimpanzé non aveva l’aspetto di uno scimpanzé o di un uomo né di una buffa via di mezzo”. (Articolo collegato: Trovato il più antico fossile di Homo sapiens, secondo gli esperti [11 giugno 2003])

Ardi e la sua famiglia

I fossili di Ardipithecus ramidus sono stati rinvenuti nel desolato deserto di Afar, in Etiopia, in una località chiamata Aramis, nella regione del Awash centrale, distante solo 46 miglia (74 km) da dove fu scoperta Lucy, Australopithecus afarensis, nel 1974. La datazione radiometrica dei due strati di ceneri vulcaniche tra cui erano inseriti i resti fossili ha rivelato che Ardi visse 4,4 milioni di anni fa.

Esistono fossili di ominidi più antichi, tra cui un teschio proveniente dal Ciad e vecchio di almeno 6 milioni di anni e alcuni resti frammentari, leggermente più recenti, provenienti dal Kenya e da aree vicine all’Awash centrale. Per quanto importanti, tuttavia, nessuno di questi fossili è neanche lontanamente illuminante quanto i resti appena presentati che, oltre allo scheletro incompleto di Ardi, comprendono ossa di almeno altri 36 individui.

“All’improvviso trovi dita delle mani e dei piedi e braccia e gambe e teste e denti”, ha detto Tim White dell’Università di California – Berkeley, codirettore dei lavori insieme a Berhane Asfaw, paleoantropologo e già direttore del Museo nazionale di Etiopia, e a Giday WoldeGabriel, geologo al Laboratorio di Los Alamos, Nuovo Messico.

“Questo ci consente di fare qualcosa che è impossibile con esemplari isolati”, ha detto White. “Permette di studiare la biologia”.

(Articolo collegato: Riscoprire l’Ardipithecus)

Ardi si muoveva in uno strano modo

La sorpresa maggiore riguardo alla biologia dell’Ardipithecus è il suo inconsueto modo di muoversi.

Tutti gli ominidi noti finora – appartenenti alla nostra linea evolutiva – camminavano su due gambe, come noi. Invece i piedi, il bacino, le gambe e le mani di Ardi suggeriscono che ella fosse bipede sul terreno ma quadrupede nel muoversi sugli alberi.

Il suo grosso alluce, per esempio, diverge dal piede come quello di una scimmia, la posizione migliore per afferrare i rami degli alberi. Diversamente dallo scimpanzé, tuttavia, l’alluce dell’Ardipithecus ha un piccolo osso speciale all’interno di un tendine ereditato da più primitivi antenati, che mantiene più rigido l’alluce divergente. Insieme a modifiche delle altre dita, l’osso avrebbe aiutato Ardi a camminare da bipede sul terreno, anche se con meno efficienza degli ominidi successivi come Lucy. L’osso si perse nella linea evolutiva di scimpanzé e gorilla.

Secondo i ricercatori, il bacino mostra un analogo mosaico di caratteristiche. Le larghe ossa sporgenti del bacino superiore erano sistemate in maniera che Ardi potesse camminare a due gambe senza dondolarsi come uno scimpanzé. Ma la parte inferiore del bacino era costruita come quella di una scimmia, per ospitare robusti muscoli posteriori usati per arrampicarsi.

Anche sugli alberi, Ardi non era affatto simile alle scimmie di oggi, dicono i ricercatori.

Scimpanzé e gorilla odierni hanno sviluppato un’anatomia delle membra atta a scalare verticalmente i tronchi degli alberi, appendersi ai rami e dondolarsi e camminare al suolo sulle nocche.

Mentre questi comportamenti richiedono ossa del polso molto rigide, per fare un esempio, le ossa del polso e le nocche dell’Ardipithecus erano assai flessibili. Di conseguenza Ardi probabilmente camminava appoggiandosi sulle palme mentre si aggirava tra gli alberi – più come certe primitive scimmie fossili che come scimpanzé e gorilla.

“Quello che Ardi ci racconta è che c’è stato nella nostra evoluzione un vasto stadio intermedio di cui nessuno sapeva niente”, ha detto Owen Lovejoy, anatomo alla Kent State University in Ohio, il quale ha analizzato le ossa di Ardi dal collo in giù. “Questo cambia ogni cosa”.

Contro ogni probabilità, Ardi viene alla luce

I primi, frammentari esemplari di Ardipithecus furono rinvenuti ad Aramis nel 1992 e rivelati al pubblico nel 1994. Lo scheletro presentato oggi fu scoperto nello stesso anno e riportato alla luce, insieme alle ossa degli altri individui, nel corso delle tre stagioni di scavo seguenti. Ma ci sono voluti 15 anni prima che la squadra di ricerca potesse analizzare completamente e rendere pubblico lo scheletro, perché i fossili erano in pessime condizioni.

Dopo la morte di Ardi, i suoi resti furono apparentemente calpestati nel fango da ippopotami e altri erbivori di passaggio. Milioni di anni più tardi, l’erosione riportò alla superficie le ossa infrante e sformate. Esse erano così fragili che si polverizzavano al tocco. Per salvare i preziosi frammenti, White e colleghi portarono via i fossili insieme alle rocce circostanti. Poi, in un laboratorio in Addis Abeba, i ricercatori rimossero cautamente le ossa dalla matrice rocciosa usando un ago e osservando il lavoro al microsopio, procedendo “per millimetri e frazioni di millimetro”, come hanno detto su Science. Questo solo procedimento ha richiesto molti anni.

I pezzi del cranio infranto furono poi rilevati e riprodotti con la tomografia computerizzata e rimessi insieme digitalmente da Gen Suwa, paleoantropologo dell’Università di Tokio.

Infine, la squadra di ricerca ha recuperato oltre 125 pezzi dello scheletro, inclusa buona parte dei piedi e quasi per intero le mani – una vera rarità tra i fossili di ominidi di qualunque periodo, tanto più se così antichi.

“Trovare questo scheletro è stato più che fortuna”, ha detto White. “Era contro ogni probabilità”.

Il mondo di Ardi

La squadra trovò anche i fossili di circa 6.000 animali e altri esemplari che ci offrono un ritratto del mondo in cui Ardi viveva: una foresta umida assai diversa dal territorio siccitoso di oggi. Oltre a specie di antilopi e scimmie tipiche delle foreste, i depositi contenevano uccelli della foresta e semi di fichi e palme.

I segni di usura e gli isotopi trovati nei denti degli ominidi suggeriscono una dieta che comprendeva frutta fresca e secca e altri cibi tipici delle foreste.

Se White e la sua squadra hanno ragione nel pensare che Ardi camminasse eretta e si arrampicasse sugli alberi, la prova ambientale parrebbe stroncare l’“ipotesi savana” – un’annosa teoria secondo cui i nostri antenati cominciarono a camminare eretti perché vivevano nella prateria.

Sesso in cambio di cibo

Alcuni ricercatori, tuttavia, non sono convinti che l’Ardipithecus fosse tanto versatile.
“Questo è uno scheletro affascinante ma, a giudicare da quanto ci presentano, le prove che fosse bipede sono perlomeno limitate”, ha detto William Jurgens, anatomo alla Stony Brook University nello Stato di New York.

“I grandi alluci divergenti sono associati all’atto di afferrare e questo ha uno degli alluci più divergenti che si possa immaginare”, ha detto Jurgens. “Perché un animale totalmente adattato a spostare il proprio peso sugli alberi con gli arti anteriori dovrebbe scegliere di camminare a due gambe sul terreno?”

Una risposta provocatoria a questa domanda – proposta inizialmente da Lovejoy nei primi anni ’80 e ora precisata alla luce delle scoperte sull’Ardipithecus – attribuisce l’origine dell’andatura bipede a un altro segno distintivo dell’essere umano: il sesso monogamico.

Quasi tutte le scimmie, antropomorfe e non, soprattutto i maschi, hanno lunghi canini superiori – armi formidabili nelle lotte per l’accoppiamento.

L’Ardipithecus invece sembra aver già imboccato il sentiero evolutivo specificamente umano, secondo i ricercatori, con canini di taglia ridotta e sensibilmente “femminilizzati” in forma di corto e spesso diamante. Maschi e femmine sono anche simili nelle dimensioni corporee.

Lovejoy vede queste variazioni come parte di una svolta unica nel comportamento sociale: invece di combattere per avere le femmine, un Ardipithecus maschio avrebbe procurato il cibo ad una “femmina-obiettivo” – e alla sua prole – in cambio della sua lealtà sessuale.

Per fare la sua parte, un maschio aveva bisogno di avere le mani libere per portare a casa il cibo. Diventare bipede può essere stato per l’Ardipithecus un modo poco efficiente di andare in giro ma fare la sua parte nel contratto “sesso in cambio di cibo” sarebbe stato un modo eccellente per avere più discendenti. E nell’evoluzione, naturalmente, avere più discendenti è lo scopo del gioco (anche: I primi uomini cominciarono a camminare per il sesso?)

Duemila anni dopo l’Ardipithecus, comparve nella regione un’altra specie, chiamata Australopithecus anamensis. Secondo i più, quella specie presto evolse nell’Australopithecus afarensis, con una scatola cranica leggermente più grande e una totale dedizione alla vita da bipede. In seguito arrivò il primo Homo, con una scatola cranica ancora più grande e l’abitudine di costruire strumenti.

Forse i primitivi Ardipithecus subirono un mutamento accelerato nei 200.000 anni che intercorrono tra loro e gli Australopithecus – e sono gli antenati di tutti gli ominidi successivi? Oppure l’Ardipithecus era una specie relitta, che ha portato con sé il suo bizzarro mosaico di caratteristiche primitive ed evolute finché non si è estinta?

Il codirettore della ricerca White non vede nulla nello scheletro “che lo escluderebbe da una linea evolutiva ancestrale”. Ma ha detto che occorrerebbero più fossili per risolvere definitivamente la questione.

Jurgens di Stony Brook ha aggiunto: “Queste scoperte sono incredibilmente importanti e, dato lo stato di conservazione delle ossa, quello che essi hanno fatto lo definirei eroico. Ma è solo l’inizio della storia”.

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Qualcuno in Italia ha inizialmente annunciato la scoperta, venerdì, dicendo che era stato trovato l’anello mancante. Forse aveva letto male l’agenzia.

Ma ancor più mi sconcerta che c’è chi continua a pensare e scrivere “non è ancora l’anello mancante” (e già l’uso di questa forma implica “ma prima o poi lo troveremo”, anche se poi non aggiungesse che “ci porta molto più vicino ad esso“). Forse gli sfugge che “disproves” vuol dire altro? E il contenuto? Se Ardi ci dovesse portare più vicini all’anello mancante, perché NG dovrebbe scrivere il contrario? Che siano creazionisti? E perché secondo il dott. Lovejoy “Questo cambia tutto”? Creazionista pure lui?

Misteri della stampa.