DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Ogni giorno negli Stati Uniti circa duemilasettecento uomini vanno in depressione post partum. Senza partorire.

Hanno diritto al baby blues
in nome della parità e non se lo negano.
Mal di testa, ansia, problemi del
sonno (anche se ad allattare la notte
ci pensa la madre), perdita totale del
senso dell’umorismo, irritabilità, problemi
con l’alcol. I nuovi padri sono
depressi, ha scritto il New York Times.
Spaventati, travolti, assonnati,
nervosi, annoiati. “Noi usciamo molto
con gli amici, andiamo a cena e a
teatro – ha detto allo psichiatra
un padre
devastato – ora
penso che sia tutto
finito”. Prima
era felicissimo, ha
passato nove mesi
in uno stato perenne
di eccitazione
all’idea di
diventare finalmente
padre,
dopo più di un
anno di tentativi,
ma non aveva davvero realizzato che
avrebbe dovuto rinunciare, per un
po’, a qualche sushi bar, così quando
si è accorto che il piccolo aveva bisogno
anche di attenzioni (non gli bastava
nascere), è crollato. Ora hanno
paura che si uccida. Lei, che ha partorito
con difficoltà, allatta, non dorme,
deve dimagrire, porta la pancera,
ha botte ormonali mostruose, deve
anche vegliare sul marito, coccolarlo,
controllare che non beva troppo, organizzargli
dei party, improvvisare
degli spogliarelli per fargli accettare
la paternità. Perché sul sito dei padri
depressi, www.postpartummen.com
(sottotitolo: non siete più soli), c’è
scritto che una delle cause del baby
blues è il sentirsi trascurati dalla moglie
ed esclusi dal legame mammapiccolo.
Gelosi. Infatti un altro sintomo
dell’elenco è questo: “Stressarsi
al lavoro e arrabbiarsi con la moglie”
(è un sintomo di molti elenchi). Lei
però non deve cadere nell’errore di
urlargli: “Manco avessi partorito”, ma
deve comprendere la difficoltà del
momento e, mentre culla il piccolo
con le coliche e aspetta che i punti
del cesareo smettano di tirare, deve
ritagliare uno spazio di coppia, una
cena a lume di candela nell’unica ora
in cui il neonato finge di dormire, insomma
trovare un modo gentile per
proporre al postpartumman, trasformato
da futuro padre estatico in essere
rancoroso e cupo, di farsi vedere
da un medico, oppure di trovarsi un
diversivo. Pare che gli uomini siano
felici di potere finalmente parlare di
un problema che sembrava riguardare
solo le donne. E’ una gran fortuna
che tutti abbiano le stesse opportunità
di disagio, ed è giusto che venga
riconosciuto anche ai padri lo stravolgimento
che porta una nascita, in termini
di occhiaie e di fatica. Si auspica
quindi che vengano approfonditi
al più presto gli studi sulla sindrome
premestruale maschile.

Annalena Benini

Il Foglio 10 dic. 2009