DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Quando la censura è puro amore. Internet, la porta sull'abisso e il cammino battesimale

"E scopriamo che l’habitat che ci creiamo noi stessi ha le sue cicatrici; ferite che stanno ad indicare che qualcosa non è a posto. Anche qui nelle nostre vite personali e nelle nostre comunità possiamo incontrare un veleno che minaccia di corrodere ciò che è buono, riplasmare ciò che siamo e distorcere lo scopo per il quale siamo stati creati. L’abuso di alcool e di droghe, l’esaltazione della violenza e il degrado sessuale, presentati spesso dalla televisione e da internet come divertimento. Mi domando come potrebbe uno che fosse posto faccia a faccia con persone che soffrono realmente violenza e sfruttamento sessuale spiegare che queste tragedie, riprodotte in forma virtuale, sono da considerare semplicemente come "divertimento". Vi è anche qualcosa di sinistro che sgorga dal fatto che libertà e tolleranza sono così spesso separate dalla verità. Questo è alimentato dall’idea, oggi ampiamente diffusa, che non vi sia una verità assoluta a guidare le nostre vite. Il relativismo, dando valore in pratica indiscriminatamente a tutto, ha reso l’"esperienza" importante più di tutto. In realtà, le esperienze, staccate da ogni considerazione di ciò che è buono o vero, possono condurre non ad una genuina libertà, bensì ad una confusione morale o intellettuale, ad un indebolimento dei principi, alla perdita dell’autostima e persino alla disperazione. La vita non è un semplice succedersi di fatti e di esperienze, per quanto utili molti di tali eventi possano essere". È una ricerca del vero, del bene e del bello. Proprio per tale fine compiamo le nostre scelte, esercitiamo la nostra libertà e in questo, cioè nella verità, nel bene e nel bello, troviamo felicità e gioia. Non lasciatevi ingannare da quanti vedono in voi semplicemente dei consumatori in un mercato di possibilità indifferenziate, dove la scelta in se stessa diviene il bene, la novità si contrabbanda come bellezza, l’esperienza soggettiva soppianta la verità. Cristo offre di più! Anzi, offre tutto! Solo lui, che è la Verità, può essere la Via e pertanto anche la Vita. Così la "via" che gli Apostoli recarono sino ai confini della terra è la vita in Cristo. È la vita della Chiesa. E l’ingresso in questa vita, nella via cristiana, è il Battesimo. Nel giorno del Battesimo Dio vi ha introdotto nella sua santità (cfr 2 Pt 1,4). Siete stati adottati quali figli e figlie del Padre e siete stati incorporati in Cristo. Siete divenuti abitazione del suo Spirito (cfr 1 Cor 6,19). Il Battesimo non è un compimento né una ricompensa: è una grazia, è opera di Dio. Perciò, verso la fine del rito del Battesimo, il sacerdote si è rivolto ai vostri genitori e ai partecipanti, e chiamandovi per nome ha detto: "Sei diventato nuova creatura" (Rito del Battesimo, 99)".


No alla censura. Un grido s'alza fiero a destra, a sinistra, al centro. Globalizzazione del diritto di espressione e altre amenità del genere post-sessantottino. Colpisce l'attenzione spasmodica per la rete registrata in queste ore. Eppure qualcosa non quadra. Internet sembra esser diventato un totem di libertà, inattaccabile. E' la rivoluzione moderna che ha dilaniato frontiere e ha fatto del mondo un fazzoletto, ci si dice. Vero, ma si dimentica troppo in fretta che, comunque, di realtà virtuale si tratta. E che non vì è distinzione, il Web abbatte ogni frontiera, comprese quelle del lecito e dell'illecito. Ne parlava ieri il Papa, circa la legge naturale e la sua figlia più nobile, l'equità che resiste alla "tirannia del principe" e difende la vita, il matrimonio, la giustizia.

Ma già scriveva Blaise Pascal: "È vero che ci sono leggi naturali, ma la ragione corrotta ha tutto corrotto". Se crollano le frontiere dell'equità, della sacralità della vita e della persona umana, allora le conseguenze sono tragiche. Su adulti, ragazzi e bambini. Perchè non si può parlare di regole? Perchè si sbatte subito in faccia la parola censura a tagliar corto ogni discussione? Il caso del ferimento di Berlusconi è solo un piccolo squarcio a mostrare quel che si deposita nella rete. Si inscenano proteste e indignazioni per la mercificazione del corpo della donna e si tace della pornografia a portata di mouse che avvelena occhi, mente e cuore di milioni di persone. E di ragazzi. E di bambini. Nessuno che prenda di peso questa situazione tragica. Chiunque, in questo istante, può accendersi il computer, e con due clic entrare nel letame avvelenato della pornografia più estrema. Sono detestabili e pericolosi gli incitamenti all'odio e alla morte dei politici come di qualunque persona. Ma di questa finestra costantemente aperta sulla pornografia, capace di azzerare la purezza e di graffiare l'anima con conseguenze irreparabili, di questo non se ne parla.

Facebook e i social network che fanno delle persone dei pupazzi cangianti abito ad ogni occasione sono già un macigno sul cuore. La loro subdola perversione è invasiva, stordisce le personalità, cancella la capacità di relazione, trasforma in ipocriti permanenti i frequentatori. E poco importa che prelati alti e bassi abbiano un aperto un loro profilo. Pensiamo ai giovani indifesi che vivono appesi alla propria pagina, al blog, alla catena di amici, all'espressione della faccetta che risponderà alla propria foto o al proprio soliloquio, come pesci muti impigliati nelle maglie di una rete che stringe sino a soffocare.

Ma soprattutto pensiamo ai giovani, ai bambini mandati al macello della pornografia gratuita. Che ne sarà di loro, dei loro sentimenti, dei loro amori, delle loro famiglie, dei loro figli? Che ne sarà se la fonte dei loro sguardi, dei loro pensieri sarà avvelenata da immagini demoniache che uccidono, accidenti se uccidono, la gioia, la semplicità, la spontaneità.

Censura? Sarebbe ancora poco. Sarebbero da polverizzare siti e industrie che vi sono dietro, commercio assassino di anime e corpi. Ma nessuno dirà mai una parola, l'indignazione un tanto al chilo è riservata all'istante modaiolo. E non è indignazione, è anch'essa un ibrido virtuale. Statene certi, nessuna regola vera arriverà mai, nessuna censura, e la morte continuerà ad essere a disposizione di tutti. Come le sigarette che impacchettano tatuate di teschi e di avvisi da raggelare. Ti vendono la morte, ma ti avvertono che potresti morire. Come i siti pornografici che ti invitano a non entrare se non sei maggiorenne. E con questo ecco pronto il disclaimer, declinata ogni responsabilità, della tua reale sorte non importa a nessuno. Importano i denari, come i trenta che costò la vita dell'Autore della Vita.

"E scopriamo che l’habitat che ci creiamo noi stessi ha le sue cicatrici; ferite che stanno ad indicare che qualcosa non è a posto. Anche qui nelle nostre vite personali e nelle nostre comunità possiamo incontrare un veleno che minaccia di corrodere ciò che è buono, riplasmare ciò che siamo e distorcere lo scopo per il quale siamo stati creati. L’abuso di alcool e di droghe, l’esaltazione della violenza e il degrado sessuale, presentati spesso dalla televisione e da internet come divertimento. Mi domando come potrebbe uno che fosse posto faccia a faccia con persone che soffrono realmente violenza e sfruttamento sessuale spiegare che queste tragedie, riprodotte in forma virtuale, sono da considerare semplicemente come "divertimento". Vi è anche qualcosa di sinistro che sgorga dal fatto che libertà e tolleranza sono così spesso separate dalla verità. Questo è alimentato dall’idea, oggi ampiamente diffusa, che non vi sia una verità assoluta a guidare le nostre vite. Il relativismo, dando valore in pratica indiscriminatamente a tutto, ha reso l’"esperienza" importante più di tutto. In realtà, le esperienze, staccate da ogni considerazione di ciò che è buono o vero, possono condurre non ad una genuina libertà, bensì ad una confusione morale o intellettuale, ad un indebolimento dei principi, alla perdita dell’autostima e persino alla disperazione. La vita non è un semplice succedersi di fatti e di esperienze, per quanto utili molti di tali eventi possano essere. È una ricerca del vero, del bene e del bello. Proprio per tale fine compiamo le nostre scelte, esercitiamo la nostra libertà e in questo, cioè nella verità, nel bene e nel bello, troviamo felicità e gioia. Non lasciatevi ingannare da quanti vedono in voi semplicemente dei consumatori in un mercato di possibilità indifferenziate, dove la scelta in se stessa diviene il bene, la novità si contrabbanda come bellezza, l’esperienza soggettiva soppianta la verità. Cristo offre di più! Anzi, offre tutto! Solo lui, che è la Verità, può essere la Via e pertanto anche la Vita. Così la "via" che gli Apostoli recarono sino ai confini della terra è la vita in Cristo. È la vita della Chiesa. E l’ingresso in questa vita, nella via cristiana, è il Battesimo. Nel giorno del Battesimo Dio vi ha introdotto nella sua santità (cfr 2 Pt 1,4). Siete stati adottati quali figli e figlie del Padre e siete stati incorporati in Cristo. Siete divenuti abitazione del suo Spirito (cfr 1 Cor 6,19). Il Battesimo non è un compimento né una ricompensa: è una grazia, è opera di Dio. Perciò, verso la fine del rito del Battesimo, il sacerdote si è rivolto ai vostri genitori e ai partecipanti, e chiamandovi per nome ha detto: "Sei diventato nuova creatura" (Rito del Battesimo, 99)".

Il Papa, con le parole che pronunciò a Sydney, ci indica il cammino per difenderci, anzi, molto di più, per vivere pienamente nella "ricerca del vero, del bene e del bello". E così compiere "le nostre scelte", esercitando "la nostra libertà e in questo, cioè nella verità, nel bene e nel bello", trovare "felicità e gioia". Ed il cammino, ci disse il Papa, non può che essere battesimale, alle radici della nostra elezione, della Vita vera. "Cristo offre di più! Anzi, offre tutto! Solo lui, che è la Verità, può essere la Via e pertanto anche la Vita. Così la "via" che gli Apostoli recarono sino ai confini della terra è la vita in Cristo. È la vita della Chiesa. E l’ingresso in questa vita, nella via cristiana, è il Battesimo". Il Battesimo al centro del combattimento, la Grazia da gestare in noi attraverso la Chiesa, in un cammino serio di conversione che conduca alla fede adulta. Essa è la fonte della nostra gioia, e quella dei nostri figli. Infatti "Nel giorno del Battesimo Dio vi ha introdotto nella sua santità (cfr 2 Pt 1,4). Siete stati adottati quali figli e figlie del Padre e siete stati incorporati in Cristo. Siete divenuti abitazione del suo Spirito (cfr 1 Cor 6,19). Il Battesimo non è un compimento né una ricompensa: è una grazia, è opera di Dio". Per questo è necessario un luogo dove questa Grazia possa crescere e dar frutto, e con esso vita e gioia vera.

Non possiamo abbandonare i nostri figli dinnanzi ad uno schermo gravido di veleno. Non possiamo farlo neanche noi adulti. Occorre aggrapparci a Cristo, camminare con Lui nella Chiesa, e non aver paura. Difendere la santità donataci è l'unica possibilità di vita che ci è data. Altrimenti è morte.

Non ci resta che attrezzarci, che autocensurarci, e lottare, combattere la buona battaglia della fede. E chiedere aiuto alla moglie, al marito, ai genitori, alla Chiesa, alla comunità di fratelli che cammina con noi. Essere fedeli all'ascolto dela parola e assidui ai sacramenti. E chiedere al Signore lo zelo per la Sua casa, perchè non diventi una spelonca di ladri. Occorre rovesciare i tavoli dei cambiavalute, pulire e ripulire,senza paura. E vietare, sì vietare anche se sembra che ormai ovunque sia vietato vietare. Proibire per amore, strappare dalla rete avvelenata, a volte con santa violenza. Difendere i nostri figli dal drago che irrompe, silenzioso, tra le nostre mura. Accettando guerre in famiglia, ribellioni e bombe atomiche. E aiutare a usare internet con sapienza, perdendo le ore accanto alle persone amate. Basta un istante, un minuto e la frittata è fatta. E questo è amore vero, serio e adulto che impone, a volte, censure senza sconti, lucchetti e sentinelle armate alle porte dell'abisso.

Antonello Iapicca Pbro



PER APPROFONDIRE


Web, altre regole non sono necessarie

La Rete non è stata né causa né strumento della violenza di domenica

Lanciarsi contro Internet perché qualcuno scaglia un souvenir appuntito al presidente del Consiglio appare bizzarro. La Rete non è stata né causa né strumento della violenza di domenica. E’ stato però il teatro delle conseguenze. Brutte. La crudeltà di chi festeggia il dolore altrui. La vigliaccheria di chi sparla e non firma. L’irresponsabilità di chi incita alla violenza — una tragedia che l’Italia ha conosciuto e non ha dimenticato. È arrivato il momento di mettere regole a Internet? Prima di rispondere, è bene che qualcuno si prenda la briga di capire — e poi di spiegare — a cosa le stiamo mettendo. La sensazione è che molti, tra quanti oggi maledicono Facebook e accusano Twitter, non siano mai entrati in un social network, non abbiamo mai inviato un tweet né cliccato il pulsante «pubblica» di un blog.

Vedremo cosa proporrà il ministro Maroni al Consiglio dei ministri, domani. «Misure delicate che riguardano terreni come la libertà di espressione sul Web e quella di manifestazione», ha anticipato. Speriamo non sia una norma inapplicabile come l’abolizione dell’anonimato (non ci sono riusciti i cinesi, che di censura se ne intendono); e neppure un decreto contro generici «siti estremisti». Cosa vuol dire, infatti, «estremista»? A giudicare dal dibattito (?) alla Camera di ieri, infatti, molti deputati definirebbero così l’homepage dei colleghi che non la pensano come loro. Non c’è bisogno, forse, di norme nuove. Ingiurie, minacce, apologia di reato, istigazione e delinquere: nel codice penale ci sono già, come ha scritto ieri Stella sul Corriere , e dovrebbero bastare. A meno di considerare la Rete come uno stadio virtuale: una zona franca dove comandano gli ultras, e tutto è lecito.

Per anni abbiamo difeso Internet distinguendo tra il mezzo e il messaggio (se qualcuno ci offende al telefono, non diamo la colpa al telefono; se qualcuno delira su Internet, perché prendersela con Internet?). Oggi — bisogna ammetterlo — le cose sono cambiate. Le interazioni del web 2.0 (blog, forum, chat, Wikipedia, YouTube, Facebook, Myspace, Twitter, eBay...) hanno creato un mondo. Internet non è più, come negli anni 90, un binario su cui viaggiano insieme il bene e il male (la solidarietà e la pedofilia, l’amicizia e la xenofobia). Luca Sofri lo ha spiegato ieri su wittgenstein. it : «Quando il mezzo ha una potenza quantitativa straordinaria, questa si riverbera sulla qualità delle cose e determina cambiamenti. Limitarsi a definirlo 'neutro' non è sufficiente».

Ci sono, poi, alcune caratteristiche italiane. Internet raccoglie giovani umori anti-berlusconiani che, in tv, non arriveranno mai; e sui giornali non hanno più (o ancora) voglia di arrivare. Alcuni legittimi e articolati; altri aggressivi e sgangherati. Ma è curioso notare come umori simili appaiano nei siti d’informazione, nei blog e nei social networks internazionali. I commenti, dopo l’aggressione di piazza Duomo, sono divisi quanto in Italia, se non peggio. Conduco Italians da 11 anni, conosco gli umori che girano nella Rete. So che esiste un cuore oscuro di Internet, ma ho imparato ad apprezzarne l’anima chiara e pulita. La Rete è il luogo dove qualcuno strilla «Ecce (d)uomo!», credendo d’essere spiritoso; ma dove Sabina Guzzanti, che spiritosa è davvero, ha messo frasi di buon senso nel suo blog. Facebook è il posto dove il gruppo «fan di Massimo Tartaglia» contava 68 mila iscritti, il giorno dopo l’aggressione; ma ora è sparito e altri gruppi che inneggiano allo squilibrato armato di souvenir sono rimasti senza amministratore. Lo stesso è accaduto ai gruppi farlocchi che, dopo aver cambiato nome, inneggiavano a Berlusconi. Chiusi. Twitter, che qualche giorno fa ha esordito anche in italiano, è il luogo dove si trovano centinaia di rimandi interessanti e commenti fulminanti in molte lingue. Quelli volgari e violenti basta non seguirli più (unfollow). Morale? Anche gli imbecilli hanno facoltà a esprimere la propria opinione, e in questi giorni — bisogna dire — se ne sono avvalsi. Basta non insultare, diffamare o minacciare. Per chi commette questi reati, ci sono la polizia postale e i magistrati. Vogliamo combattere gli eccessi di Internet? Benissimo: rendiamo più efficaci e rapidi i tribunali. Ma forse è meglio non dirle queste cose, in Italia. Appena si parla di giustizia, infatti, molti insultano e minacciano. Non in Rete: in Parlamento.

Beppe Severgnini

Corriere della sera


“sesso” è tra le parole più ricercate dai bambini, in Brasile come in Europa

Nel corso di un mio recente viaggio per un’esperienza di volontariato in Brasile, ho avuto modo di confrontarmi con colleghi ricercatori sul rapporto internet e minori, anche in relazione al convegno al quale sono stato invitato a partecipare quale relatore alla Casa della gioventù di Belém (Parà).

Ebbene: sono risultati innumerevoli i punti di contatto, a conferma della globalizzazione in atto, in merito a quanto studiamo in Europa e in America Latina. Ad esempio, qui come là, i minorenni ricercano in internet nei motori di ricerca soprattutto le parole sesso e pornografia.

La conferma giunge dal sondaggio condotto da Symantec Corpnn che ha individuato tra i principali termini di ricerca di bambini e adolescenti in varie parti del mondo proprio le suddette parole. Tali termini sono ricercati soprattutto su Youtube, Google, Facebook e MySpace.

Secondo il pedagogista José Maria Cerutti Novaes “detta curiosità spesso appare quando è stimolata al di là del normale interesse, sia per aver ascoltato osservazioni di adulti sia per aver visto o sentito qualcosa in un altro modo”.

La ricerca rivela anche che i genitori sono poco attenti a ciò che fanno i loro figli su Internet. I bambini non dovrebbero passare ore e ore davanti al computer, senza limiti. Abbiamo bisogno di favorire il dialogo e stabilire un rapporto di fiducia monitorando soprattutto i siti nei quali si entra in conversazione.
L’elenco con le cento parole più ricercate è stato fatto dopo che Symantec ha stimato 3,5 milioni di ricerche effettuate da OnlineFamily di Norton.
Non dimentichiamo, poi, che MSN e le chat room sono linee aperte, ahimé, alla pedofilia e ciò al di là dei servizi offerti

E’ quindi stato accertato in America latina, che internet è anche una grande porta aperta a una serie di crimini on-line e a violenze commesse da adolescenti e contro gli stessi.
I dati da noi studiati sono quelli del Centro per la prevenzione dei crimini elettronici (Nurecel) del Brasile il cui Stato ha indicato che il numero di reati commessi per via elettronica, come internet o cellulari, cresce di circa il 20% ogni anno. Inoltre, la partecipazione degli adolescenti in casi di reati contro la classe e gli insegnanti attraverso internet è circa il 30% del totale dei crimini analizzati in rete.

Anche nel Sud America è, purtroppo grazie a internet, che registriamo la maggior parte dei casi di pedofilia. Chat e programmi come MSN e Skype sono nella lista dei più usati dagli adulti per eseguire la scansione della rete in cerca di minorenni.

E’ evidente che rispetto a uno strumento mondiale occorre che, anche in virtù della Convenzione per i diritti del fanciullo, l’Onu possa adottare azioni forti a tutela e protezione dei minorenni di tutto il mondo contro persone senza scrupoli.

Daniele Damele

http://periodicoitaliano.info/


Sesso e Internet, la nuova dipendenza

Ore e ore davanti a un computer. Inseguono immagini sempre più hard, ogni giorno si affina la ricerca e si spostano in avanti le lancette dell’orologio. è questa una sintesi della vita dei dipendenti dal cyber porno. Di uomini, ma anche di tante donne, che gettano via intere giornate, vittime di una nuova forma di addiction (ossessione, compulsione, mania); una patologia che interessa sempre più persone in tutto il mondo.
Come si manifesta. “All’inizio era solo un passatempo”, spiega Vincenzo Punzi autore del libro Io, pornodipendente: sedotto da internet. “Poi le cose sono cambiate: ero diventato prigioniero di quel rito, di quelle immagini. Del resto Internet è “generoso” in tal senso: è possibile girare ore per siti porno e in maniera del tutto gratuita e soddisfare ogni desiderio seppur in manier virtuale”. Tra alti e bassi, ricadute e resurrezioni, Punzi ha dato vita all’associazione “No alla porno dipendenza” e ha creato, sfruttando proprio Internet, un gruppo online di auto aiuto (per l’indirizzo vedi box) che conta più di tremila iscritti.
Il virtuale che diventa reale, le immagini hard che rapiscono non solo il tempo di chi ne diventa dipendente ma anche l’anima, tirandosi dietro mariti, mogli, fidanzati e fidanzate. “Spesso sono proprio i partner di chi è affetto da questa patologia a chiamarci”, racconta Giuseppe Lavenia, docente di psicologia clinica e del lavoro all’Università degli Studi di Chieti, responsabile dell’area “Nuove Dipendenze” del Centro Studi e Ricerche Nostos, a Senigallia (Ancona), un centro che si occupa di incontri individuali o di coppia dedicati alla dipendenza dal porno online. Trecento le persone che ogni anno oltrepassano la porta dell’ambulatorio gestito da Lavenia: “Molti provengono dal Centro-Nord, ma non tutti quelli che si rivolgono al nostro centro intraprendono un percorso di psicoterapia”.
All’argomento Giuseppe Lavenia ha dedicato una interessante ricerca sul cybersex addiction che comprende sia la dipendenza dalle chat erotiche che dalla pornografìa online. Realizzato in Internet point di tutta Italia, “lo studio è stato effettuato su 500 soggetti di età compresa tra i 17 e i 66 anni”, spiega Lavenia: “Ne è emerso che il 4 per cento degli intervistati è dipendente dalle chat mentre il 6 dal porno online”. Tra i numeri raccolti emerge, inoltre, che le donne sono più “interessate” alle chat a sfondo sessuale mentre gli uomini sono maggiormente attratti da materiale hard, da siti porno.
Percorsi per uscirne. Ossessionati dal sesso, frustrati nella ricerca di una via d’uscita, sofferenti, espulsi volontariamente dal mondo reale, depressi, i cyber porno, a differenza di chi soffre di altre manie compulsive, non spendono denaro ma ogni giorno davanti al computer gettano via un pezzo di vita.
Per Cesare Guerreschi che da vent’anni si occupa, come psicoterapeuta, di nuove dipendenze e ha fondato la Siipac, la Società italiana di intervento sulle patologie compulsive, “la strada da percorrere per uscirne è prima di tutto di ammettere che è diventato un problema e voler affrontare un percorso, anche di condivisione, facendosi aiutare da un programma terapeutico ad hoc, possibilmente di tipo integrato: psicoterapia e farmaci poiché il più delle volte si tratta di soggetti depressi”.

Anna Rita Cillis, www.repubblica.it, 30 gennaio 2009


GLI UTENTI DI INTERNET SONO SEMPRE PIU’ SOLITARI E SESSUALMENTE DEPRAVATI

Ebbene sembra proprio che, dopo la dipendenza e l'asocialità, ora Internet provoca anche pesanti manie sessuali. Stavolta tocca alle rigorose analisi sui comportamenti degli utenti online diffuse dagli esperti.

Per maggior precisione, le risultanze del "primo sondaggio mondiale in stile 'click-and-tell' su sesso e Internet", condotto ultimamente dal noto sito.

Basandosi sulle risposte a tale sondaggio, il numero di marzo del periodico scientifico statunitense Sexual Addiction and Compulsion: The Journal of Treatment and Prevention, pubblicherà un articolo dal titolo significativo: "Donne, gay e altri gruppi 'sessualmente poco stabili' sono particolarmente a rischio di contrarre dipendenza sessuale via Internet."

In altri termini, le varie aree sex-oriented - dai siti porno all' erotica letteraria alle chat room - possono spingere certi individui verso una compulsione sessuale impossibile da controllare. Con annessi problemi relazionali nella vita quotidiana, comportamenti distruttivi e seri pericoli di assuefazione.

Come spiega l'autore dello studio, il professor Alvin Cooper del Marital Services and Sexuality Centre di San José, California: "Otto su dieci visitatori abituali di siti a contenuto sessuale sono a rischio di sviluppare problemi con i colleghi sul posto di lavoro, e gran parte di costoro non soffrivano di dipendenza sessuale prima di navigare online."

Il professor Cooper parla di "compulsivi del cybersex" che avrebbero bisogno di assistenza e procedure di disintossicazione, come accade per alcolizzati o eroinomani. L'inevitabile corollario è quello di rivolgersi, per chi teme di essere sulla "strada che porta all'autodistruzione", all'aiuto di gruppi quali Sex and Love Addicts Anonymous, alle sessioni terapeutiche con gli esperti o quantomeno alle valutazioni online in stile self-help.


Svezia. Internet e sesso, alle donne piace il click.

I siti a luci rosse si tingono di rosa. Sono sempre di più le svedesi che si connettono ad internet per scopi sessuali.

Navigare in cerca di contenuti erotici è una delle dieci attività web che si sta sviluppando più velocemente in Svezia, e pare proprio che a contribuire alla crescita di questo fenomeno siano soprattutto le signorine.

Da quanto emerge da un recente studio effettuato dal World Internet Institute, con sede in Svezia, quasi un navigatore su cinque, il 17%, si è connesso per visitare siti con contenuto sessuale.

“Non è così sorprendente che navigare in internet con scopi legati al sesso sia un fenomeno in ascesa. L’attitudine verso il sesso in una società si misura anche nella confidenza e nella sincerità che le persone hanno nei suoi confronti. E allo stesso modo funziona il rapporto con internet. Infatti sono sempre di più i servizi offerti oggigiorno”, spiega Janne Elvelid, CEO del World Internet Institute.

Dal 2003 ad oggi gli svedesi che sono andati online per visitare siti a carattere sessuale sono sei volte di più. Ma qualche anno fa la percentuale di coloro che lo ammetteva rimaneva molto bassa.

La categoria che più frequentemente utilizzava internet per cercare materiale erotico era quella dei maschi sotto i 25 anni, con un terzo di loro che lo confessava senza problemi. La corrispondente cifra di ammissioni femminili era invece solo del 4 percento.

Tuttavia, lo studio attuale rivela un massiccio incremento nel numero di donne svedesi che hanno ammesso di essersi connesse esclusivamente per cercare contenuti a sfondo sessuale.

“Le donne sono diventate più simili agli uomini nell’utilizzo di internet”, afferma Elvelid.

O forse sono solo stanche di aspettare che gli uomini si stacchino dal computer.

di Stefania Dotti


Gillmor: "Impensabili i filtri in rete. Ma chi incita all'odio ci metta la faccia"

Il giornalista e blogger americano è scettico sulla possibilità di limitare
la libertà di espressione sul web: "C'è sempre una differenza tra le parole e la violenza"

di MASSIMO RUSSO

Gillmor: "Impensabili i filtri in rete Ma chi incita all'odio ci metta la faccia"

Dan Gillmor

"Sono sempre molto scettico quanto sento di un Governo che cerca di limitare in qualsiasi modo la libertà di espressione. Vivo in un paese in cui persone sono morte per permettere ad altri di esprimere pareri opposti al loro".

Misura le parole con attenzione Dan Gillmor nel commentare quanto sta accadendo in Italia. Gillmor, giornalista americano, blogger e scrittore, è autore di "We the media", il libro che cinque anni fa ha anticipato la rivoluzione del giornalismo partecipativo, raccontando le potenzialità offerte dal web ai cittadini per esprimersi in rete attraverso parole, fotografie, video. Oggi è direttore del Center for citizen media, progetto congiunto delle università di Berkeley e di Harvard. A lui Repubblica ha chiesto un parere sulle misure che il governo sta preparando per consentire l'oscuramento dei siti che diffondono messaggi di odio e istigazione a delinquere, in seguito all'aggressione al presidente del consiglio Silvio Berlusconi a Milano, domenica scorsa.

Chiusure e limitazioni preventive sono concetti più simili ai filtri in vigore in paesi illiberali che al quadro normativo delle democrazie occidentali.
"Non voglio fare paragoni tra Italia e paesi come Cuba. Non sono un avvocato e conosco troppo poco la realtà italiana. Ovviamente incidenti come quello avvenuto a Berlusconi sono da condannare in tutti i modi. Ma la libertà d'espressione va tutelata".

C'è chi sostiene che si tratta di istigazione a delinquere.
"Credo ci sia una linea precisa che distingue le parole, anche di profondo odio, dalla reale incitazione alla violenza. E, caso per caso, è possibile dire quando questa linea viene oltrepassata. Credo che ognuno, usando il buon senso, in fondo sia in grado di capirlo".

L'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ha affermato in parlamento che negli Usa, malgrado gli attacchi durissimi al presidente Barack Obama, nessuno ha mai pensato di censurare la rete.
"Da quel che ho letto su quanto sta accadendo mi pare che la situazione sia ancora poco chiara. Ma per la nostra tradizione la censura alla libertà di espressione, filtri, oscuramento di siti, sono impensabili".

In rete c'è più aggressività?
"E' chiaro che l'anonimato consente alle persone di esprimersi in modo più aggressivo. Sono più facili abusi".

Ma allora bisognerebbe sempre identificare in modo preventivo chi si esprime in rete?
Penso che quando possibile vada chiesto alle persone di identificarsi. Credo inoltre che gli argomenti di chi non si dichiara con nome e cognome e incita all'odio non dovrebbero avere alcun valore, nessuna autorevolezza. Chiunque dovrebbe rispondere con la propria faccia di quel che afferma. Ma ritengo che la possibilità di esprimersi in modo anonimo vada tutelata.

Perché?
"Ci sono situazioni in cui la paura e il pericolo sono limitazioni reali, che impediscono alle persone di dire la verità. Usare il proprio nome in questi casi non può essere un obbligo".

© Repubblica (16 dicembre 2009)


Internet no alla censura: basta un clic

di Michele Ainis

Lo squilibrato che ha ferito Berlusconi raccoglie 50 mila fan tra i navigatori della Rete. Significa che la Rete è a sua volta squilibrata? Significa che ha urgente bisogno di una camicia di forza, o almeno d’una museruola? Calma e gesso, per favore. E per favore smettiamola d’invocare giri di vite e di manette sull’onda dell’ultimo episodio che la cronaca ci rovescia addosso.
Oggi succede per l’apologia di reato ai danni del presidente del Consiglio. Ieri per la pedofilia, o per le stragi del sabato sera. Ma non è così che ci procureremo buone leggi. Specie se la legge intenda regolare il più grande spazio pubblico mai sperimentato dall’umanità. Specie se aggredisca la prima libertà costituzionale, quella di parola.
Non che le parole siano altrettanti spifferi di vento. Proteggerle con un salvacondotto permanente equivarrebbe in conclusione a non prenderle sul serio, perché tanto contano i fatti, i gesti, le azioni materiali. Equivarrebbe perciò a deprimere la stessa libertà che si vuole tutelare. E d’altronde - come ha scritto il giudice Holmes nella sua più celebre sentenza, vecchia ormai di un secolo - la tutela più rigorosa della libertà d’espressione non proteggerebbe un uomo che gridasse senza motivo «al fuoco» in un teatro affollato, scatenando il panico. Insomma, dipende. Più precisamente, dipende dall’intreccio di tre fattori differenti, che a loro volta si riflettono poi sulle parole che fanno capolino in Rete.
In primo luogo, gioca la posizione del parlante. Altro è se racconto le mie ubbie agli amici raccolti attorno al tavolo di un bar, altro è se le declamo a lezione, soffiandole all’orecchio di fanciulli in soggezione davanti alla mia cattedra. In quest’ultimo caso ho una responsabilità più alta, e dunque incontro un limite maggiore. Non per nulla nei manuali di diritto si distingue tra «manifestazione» ed «esternazione» del pensiero. La prima è una libertà, riconosciuta a ogni cittadino; la seconda è un potere, vale per i cittadini investiti di pubbliche funzioni, e ovviamente copre uno spazio ben più circoscritto. Ma non c’è potere in Internet. C’è solo libertà.
In secondo luogo, dipende dal mezzo che uso per parlare. Il medesimo aggettivo si carica d'assonanze ora più forti ora più fioche se lo leggo su un giornale che ho scelto d’acquistare, oppure se mi rimbalza dentro casa quando accendo la tv. Ma è un’edicola la Rete? No, e non ha nemmeno l’autorità dei telegiornali. È piuttosto una piazza, sia pure virtuale. Un luogo in cui si chiacchiera, senza sapere bene con chi stiamo chiacchierando. Le chiacchiere, poi, hanno sempre un che d’aereo, di leggero. Anche quando le vedi scritte sul video del computer, sono sempre parole in libertà. Meglio: sono lo specchio dei nostri umori, dei nostri malumori. Sbaglieremmo a infrangere lo specchio, non foss’altro perché così non riusciremmo a modificare di un millimetro il nostro profilo collettivo.
E in terzo luogo, certo: dipende da che cosa dico. Se metto in palio mille dollari per chi procurerà lo scalpo di Michele Ainis, probabilmente offendo la legge sulla tutela degli scalpi, e in ogni caso lui avrebbe qualcosa da obiettare. Ecco infatti la soglia tra il lecito e l’illecito: quando la parola si fa azione, quando l’idea diventa evento. In quest’ipotesi è giusto pretendere un castigo, però a due condizioni, messe nero su bianco da decenni nella giurisprudenza americana: che vi sia una specifica intenzione delittuosa; che sussista un pericolo immediato.
È il caso di chi plaude alle gesta di Tartaglia? A occhio e croce no, benché ciascuno farà le sue valutazioni. Ma non facciamo ricadere su tutto il popolo dei navigatori le intemperanze di qualche marinaio. Anche perché sono molti di più quanti esecrano Tartaglia, rispetto ai suoi tifosi. Dopotutto l’antidoto agli abusi in Rete già viaggia sulla Rete, basta un clic.

«La Stampa» del 15 dicembre 2009


Internet, crescita continua. Utenti verso quota 24 milioni

Aumenta la popolazione web del nostro paese. A ottobre 700 mila navigatori in più rispetto al mese precedente. News in crescita, scavalcano il software


ROMA - In crescita gli utenti internet in Italia. Ad ottobre salgono a 23,6 milioni (700 mila in più rispetto al mese precedente, oltre 2 milioni rispetto a dodici mesi prima). Per quanto riguarda le categorie di siti più visitate avanza la categoria News, che con 13,5 milioni di utenti e un incremento del 22% rispetto ad ottobre 2008, scavalca i produttori di software.

E' quanto emerge dall'utlima rilevazione della Nielsen relativa ai primi 10 mesi dell'anno. Ad ottobre le pagine visualizzate scendono a quota 2.009 (erano 2.235 il mese precedente) e risulta pressochè invariato il tempo speso online dagli utenti, che rimangono collegati in media 33 ore e 9 minuti (superando di poco la soglia di un'ora al giorno).

Il confronto con l'ottobre 2008 evidenzia un trend positivo, con crescite a doppia cifra: +10% gli utenti unici, che passano da 21,5 milioni a 23,6 milioni, +25% il tempo speso online, che passa da 26 ore e mezzo a oltre 33 ore. Per quanto riguarda le categorie di siti più visitate, stabili le prime posizioni con i motori di ricerca saldamente al primo posto seguiti da portali, community, email e video.

La categoria News, con 13,5 milioni di utenti e un incremento del 22% rispetto ad ottobre 2008, si posiziona al sesto posto ai danni dei produttori di software. Oltre alle News, le crescite più alte sono nelle categorie Communities e Videos/Movies, rispettivamente + 20% e +22% rispetto al 2008.
Oltre 7 milioni di utenti si collegano a internet via mobile.

Per quanto riguarda le categorie più visitate, al primo posto troviamo i portali generalisti, visitati dalla quasi totalità degli utenti. Seguono i motori di ricerca, consultati dal 60% degli utenti, le email, utilizzate dal 44,5% e i siti di news, che attraggono rispettivamente più di un terzo degli utenti web mobile. Le altre categorie sono legate principalmente allo svago: entertainment, meteo, musica, sport, social network e scienza e tecnologia completano il ranking delle principali categorie visitate in mobilità.

La Repubblica 16 dic.

IL VERBALE CHOC. Sesso, Internet e bugie. Confessione di un pedofilo

"Mi sentivo attratto dalle figlie dei miei amici"

Confessione di un pedofilo Giustificazione e consapevolezza: "Era più forte di me" "Mi sentivo attratto dalle figlie dei miei amici" . Ve lo giuro, erano carezze senza malizia». Erano nelle parti intime. «E’ vero sì, ma è accaduto tutto senza malizia». E le foto?

E quelle immagini che ha trovato sua moglie, quelle con le bimbe nude? «Le tenevo in casa, sì. A mia moglie ho raccontanto quello che mi stava capitando». Dietro e oltre la cronaca, dietro e oltre le quinte, dietro e più in là dell’indignazione degli altri e dei nascondigli della propria anima, prima e dopo un processo. Antonio (o qualsiasi altro nome possa avere l’uomo davanti alle scrivanie della questura) ha parlato con la polizia, con il vicequestore Gian Maria Sertorio, con i pm, ha taciuto davanti alla toga del gip Cristiano Trevisan. Il «mostro» sociale, immaginifico, angosciante emblema palpabile della pedofilia ha avuto in questa indagine un passo spaventato e poi diverso: confidenza, bisogno di uscire dalla gabbia. I verbali sono, per la prima volta, al di là di ogni orrore, le «confessioni di un pedofilo», perché si incomincino a capire brandelli di Internet, di stralci giudiziari, di scoop, di punizioni oltre le sbarre, di pentimenti, di mente persa nel desiderio davanti a scorci di pelle che portano via la testa. «Confessioni di un pedofilo»: fanno dolore pure a chi per mestiere è avvezzo anche a questi romanzi. Non fosse altro che per la minuzia della deposizione, Antonio ha il merito di aprire la saracinesca blindata su bambini e bambine. La storia incomincia con fotografie scattate su una spiaggia del Sud. E va avanti con una madre che chiede alla figlia, sul bidet, che problemi ci sono. La bimba parla di quando la tocca «il papà di...». Il crescendo, visto da quella creatura e da altre, riportate negli atti, arriva a botta e risposta che lasciano sospesa ogni emozione: «Noi vedevamo sempre tutto», «Solo alle femmine, a parte...», «non è una sensazione proprio bella quando ti fanno queste cose ... alla patatina». Sono pagine e pagine di dettaglio, dove i quattro minori, seppur turbati, si sciolgono davanti alla pacatezza, alla non insistenza di chi li ascolta con delicatezza, passo dopo passo, di carezza in carezza. «Solo quello?». E una bimba: «No. Anche alla patatina». Ma la maschera da svelare, l’uomo che era «mostro» e non riesce a reggere il ruolo del mostro, deve ancora aprirsi. Il pedofilo che si racconta dentro anziché cercare scuse storiche, sgomento perfino lui degli abiti che gli sono stati tolti e di quelli che la gente più che la giustizia gli ha cucito addosso, si rivela: «Tutto è incominciato nel 1997, al termine di un viaggio di lavoro in Argentina. Navigavo su Internet e mi sono accorto di essere attratto dalle foto di ragazze giovanissime. Le rivedevo un po’ in mia moglie, che cercavo di rendere sempre più giovane, le chiedevo di radersi il pube e ritoccavo le sue fotografie». Il crescendo. Lei, la donna che lo assecondava sperando in un gioco soltanto fra loro, trova in casa foto di bimbe nude. Antonio: «Che cosa potevo fare? Le ho raccontato tutto quello che stava capitando». Continua ad aprirsi: a partire dai dati dei siti dove va a cercare immagini scaricando corpi nudi senza però lanciarsi nelle spericolate operazioni di scambio tra «amatori» del genere. Il virtuale. Ma poi? I corpi sono lì vicini. E’ il crescendo, quello che porta oltre il confine, che - anche riconoscendo disturbi di personalità - la psichiatria forense non coglie come «scusante», perché rimane coscienza di bene e male. «Dopo qualche tempo cominciammo a frequentare coppie di amici, avevano anche figlie piccole. Ammetto, sì, ho provato un interesse nei loro confronti, mi resi conto che mi sentivo una forma di gusto, di appagamento, nello stare insieme e vederle, quando capitava, nude». Passo per passo, scivolata della mente per pattinaggio della coscienza, Antonio, uno di noi, uno con la famiglia, con la stima di chi ha intorno, si svela: «Eravamo in una vacanza. Erano due le bimbe, una di dieci e la sua amica di nove. Facevo carezze senza malizia. Anche sui seni. Però non ho mai usato violenza». Quella fisica, verrebbe da obiettare. Eppure, a suo modo, dice una verità. E’ l’insinuarsi della fiducia. E dell’alibi: «Credetemi, anche una delle bimbe mi ha chiesto di accarezzarla, però le ho detto di no». Si confondono le acque, eppure è preciso, con l’amica del figlio che, guarda caso, quando giocano insieme al dottore, ha dolori tra le labbra della bocca e tra le gambe. Si contiene nel racconto: «Mi sono limitato a farle un paio di carezze». E’ un’altalena di alibi e dolore e seppur tardiva voglia di liberarsi. Chiede «aiuto», «terapie», «uno psicologo», purché sia aiuto. Dovrà scardinarlo di certo da un’altalena lo psicologo, perché chiede aiuto e insieme si preoccupa delle tracce di bimbi e bimbe nude, tracce forse perse fuori dal suo nido, tracce sue e non di Internet e delle sue chiavi. Chi parla a verbale è un prigioniero, certo. Ma il suo racconto, la lucidità, l’onestà di confessione dicono anche che la «chiave» non l’aveva mai buttata fuori dalla gabbia.

C. LAUGERI e M. NEIROTTI La Stampa 8/2/2008

Le dipendenze da Internet: sesso virtuale e pornografia online

L'industria del sesso e della pornografia hanno trovato su Internet l'ambiente ideale per rilanciarsi e svilupparsi al punto da diventare tra le più floride e redditizie dell'intera Rete.

Quella da sesso virtuale (l'esperienza di condividere fantasie sessuali o dare/ricevere gratificazione sessuali online, anche attraverso l'utilizzo di microfono, webcam, ecc.) e pornografia online è la più comune forma di dipendenza da Internet.

Si stima che su ogni 5 soggetti assuefatti alla Rete, almeno uno abbia sviluppato una forma compulsiva di consumo di pornografia o di interazione virtuale a sfondo sessuale. Gli studi sul fenomeno indicano una predilezione per materiale pornografico da parte degli uomini, mentre un maggiore interesse per le chat erotiche da parte delle donne.

Il fenomeno appare ancora più preoccupante se si pensa agli effetti che questo tipo di esposizione e consumo incontrollato può avere negli adolescenti e persino nei bambini, che possono incapparvi anche casualmente.

La nuova forma di una vecchia dipendenza

Con la diffusione di Internet, mai come prima d'ora sono stati così facilmente accessibili a chiunque, e con tale abbondanza, contenuti sessualmente espliciti di varia natura e formato (testi, immagini, filmati). Persone che mai si sarebbero altrimenti avvicinate a questo tipo di materiale, grazie all'anonimato garantito dal Web, possono ora "scaricare" materiale pornografico o intrattenersi con estranei in conversazioni (chat) erotiche o a carattere sessualmente esplicito, comodamente da casa propria.

Il fattore chiave dell'anonimato, unito alla desiderabilità di questo tipo di materiale, spesso reperito gratuitamente, ha rapidamente portato allo sviluppo di una nuova versione della ben più antica e nota dipendenza da sesso.

Tra le più esposte al rischio di sviluppare una dipendenza dalla forma "virtuale" del sesso vi sono persone che mostrano:

  • una bassa autostima
  • un'immagine corporea distorta
  • una disfunzione sessuale non diagnosticata o non trattata
  • una precedente forma di assuefazione al sesso

Poiché su Internet tutta una serie di informazioni personali può essere tenuta segreta (stato civile, età, aspetto fisico, occupazione, ecc.), diventa facile e "sicuro" iniziare a "sperimentare" e "esplorare" aspetti nuovi o repressi della propria sessualità come le fantasie. L'approccio di iniziale curiosità cresce con frequentazioni sempre più assidue e gratificanti (mentalmente e fisicamente) ai siti o alle chat preferite, con la ricerca di contenuti sempre più espliciti. Si può ad esempio passare da un'interazione testuale, in una chat room, a una conversazione telefonica e, talvolta, a incontri di persona.

Man mano che il consumo di sesso virtuale e pornografia online cresce, crescono anche le preoccupazioni e i sensi di colpa o di vergogna per il proprio comportamento e per il "tradimento" nei confronti del proprio partner nella vita reale.

Segni di dipendenza

Lo sviluppo di una dipendenza da sesso virtuale e pornografia online è un processo, che comporta progressive modificazioni nel comportamento del soggetto a rischio. Tra i segni più frequenti di una dipendenza che si sta instaurando:

  • trascorrere quantità sempre maggiori di tempo in chat room, o l'invio di messaggi istantanei privati con il solo scopo di "trovare" sesso virtuale;
  • pensieri ricorrenti riguardo alla disponibilità online di partner per le proprie attività di sesso virtuale;
  • ricorrere a identità e comunicazione anonime per vivere fantasie sessuali solitamente non soddisfatte nella vita quotidiana;
  • entusiasmo al pensiero della prossima sessione online, con l'aspettativa che si vivrà eccitazione e gratificazione sessuale;
  • procurarsi frequenti occasioni di passaggio dal sesso virtuale al sesso telefonico (o a incontri veri e propri);
  • tenere segrete o nascoste le proprie attività online ai propri cari;
  • provare vissuti di colpa e vergogna per le proprie attività online;
  • masturbarsi durante interazioni online, in chat;
  • provare minore interesse per il proprio partner reale e preferire l'interazione sessuale virtuale, che diventa la fonte primaria di gratificazione sessuale

Come intervenire?

Diversamente dalle strategie di recupero da altre dipendenze, dove l'astinenza dalla sostanza o processo di assuefazione è fondamentale, è molto difficile eliminare totalmente l'accesso ad Internet, strumento con il quale tutti lavoriamo e studiamo quotidianamente. La ricaduta nella dipendenza da contenuti pornografici è sempre a pochi clic del mouse di distanza.

E' quindi necessario comprendere e intervenire sui fattori emotivi e cognitivi alla base della dipendenza, oltre a correggere le abitudini di utilizzo del computer in generale. Per maggiori informazioni consulta l'argomento delle dipendenze da Internet e in particolare l'a scheda "Come possiamo aiutarti".



Sesso, video e amici su internet per gli adolescenti

Pubblicato da Giorgio Rini
http://www.trackback.it
Domenica, 23 Agosto 2009.

Internet è un punto di riferimento costante per gli adolescenti, che lo usano quotidianamente spesso con una certa preoccupazione da parte dei genitori, che di solito non sanno a quali ricerche in rete si dedicano i loro figli.


Uno studio che ha analizzato 3,5 milioni di ricerche in tutto il mondo si è proposto di verificare cosa cercano gli adolescenti su internet, scoprendo delle informazioni che per certi versi risultano inquietanti. I ragazzi cercano principalmente sul web video su YouTube, giochi, amici sui social network, ma anche contenuti pornografici.

Per quanto riguarda YouTube gli adolescenti sono alla ricerca soprattutto di cartoni animati giapponesi e video demenziali. Dopo il famoso video di condivisione video, gli spazi web più amati e più utilizzati dagli adolescenti sono Google e Facebook.

Fra le parole più cercate sul web dai ragazzi si scopre invece che la quarta è “sesso” seguita da “MySpace” e porno, mentre le prime in assoluto sono “Google” e “YouTube”. Fra i primi 100 termini più digitati compaiono anche Michael Jackson, eBay e la serie Swimming with Fred.

In aiuto dei genitori viene il software di monitoraggio diffuso da Symantec. In ogni caso bisogna prendere atto del fatto che ormai internet è entrato a pieno titolo nella vita dei ragazzi, per cui un atteggiamento allarmistico dei genitori è destinato a sortire pochi effetti. D’altronde spiare i figli, per cercare di proteggerli, non porta risultati efficaci.

Riconoscendo l’importanza assunta dal web per i ragazzi, è più che altro opportuno instaurare con loro un dialogo sui contenuti delle ricerche e sull’uso di internet come strumento di cui servirsi con senso di responsabilità.



Sesso, Internet e pornografia

Intervista al prof. Petruccelli, direttore del Centro per lo studio e la ricerca delle Dipendenze Affettive e Sessuali


Il cervello è il più potente organo sessuale, ma esiste davvero la sesso-dipendenza?
Lo abbiamo chiesto a chi studia e lavora su questi temi per professione.
Il prof. Filippo Petruccelli, direttore del Centro per lo studio e la ricerca delle Dipendenze Affettive e Sessuali, ci svela la nuova fisionomia di un vecchio problema.
Cosa significa essere "sex addicted" e come tradurrebbe il termine in italiano?

Non si tratta di una vera e propria dipendenza fisica, come quella dalle droghe, che lascia l’individuo inerme, ma di un atteggiamento compulsivo che può e deve essere governato.
La definizione del comportamento è recente, normalmente si traduce il termine “sexual addiction” con “dipendenza sessuale”, ma è tuttavia un intervento riduttivo, perché il termine inglese contempla anche una valenza affettiva, mentre in italiano il termine “sessuale” coinvolge esclusivamente la sfera fisica.

Che caratteristiche hanno l’uomo o la donna affetti da “dipendenza sessuale” e come si matura tale sindrome?

In genere il problema si crea nell’età adolescenziale, quando i giovani affrontano le prime esperienze e i primi approcci concreti con l’altro sesso.
I ragazzi crescono con immagini e linguaggi che riducono l’eros alla fisicità, mentre le ragazze
Durante l’adolescenza l’incontro tra uomini e donne dovrebbe favorire un’integrazione tra questi ruoli: il maschio acquisisce un po’ della componente affettiva e la donna un po’ di quella fisica.
Se i due ruoli non si incontrano, le due tendenze, quella maschile e quella femminile, si isolano e si estremizzano, rischiando di raggiungere comportamenti problematici.
Gli uomini non sviluppano la sfera affettiva legata alla sessualità e le donne, nella spasmodica ricerca di un amore idealizzato, vedono nella sessualità un mezzo per trovare il “principe azzurro”.
si formano associando alla sessualità un contesto “romantico” e affettivo.
Oltre alle persone che da adolescenti non sono riuscite a integrarsi con l’altro sesso esistono altre tipologie di "sex addicted"?

Sì. Vi è infatti un secondo punto critico, che si rileva in età più matura, quando le persone possono essere colte da momenti di noia e demotivazione nei confronti della propria vita. Allora l’insoddisfazione e il desiderio di una vita diversa si riversa nel sesso, in una sorta di escalation verso comportamenti sempre più estremi, alla ricerca di quelle emozioni che non sanno trovare nel proprio quotidiano.
In genere sono 50enni spesso con famiglia, di ceto medio-alto e grado culturale elevato.

Il mutamento nel consumo di pornografia dovuto a Internet ha cambiato questa forma di dipendenza?

Reperire pornografia in Internet non è di per sé negativo. Se invece si rinuncia alla vita relazionale e si rivolgono le proprie attenzioni esclusivamente a video e immagini pornografiche significa allora che esiste già un problema a monte.
La questione non è impedire l’accesso a contenuti pornografici, né si può pensare di controllare Internet. La Rete non è un'aggravante rispetto al problema, come non lo è il tanga al posto del bikini o il due pezzi succeduto al costume intero.

Ma l’abuso di nudità e immagini erotiche presenti sui media non costituiscono una tentazione troppo a portata di mano?

Diventa un problema nel momento in cui modifica il costume sessuale della gente. La strumentalizzazione della sessualità da parte della pubblicità incide considerevolmente sulla crescita dei giovani di oggi. Se la società abbassa la soglia del concetto di “trasgressione”, facendo cadere ciò che fino a ieri era considerato un tabù, il limite si sposta sempre più in là, verso pratiche sempre più estreme. E' un fenomeno diffuso su larga scala, di fronte al quale siamo impotenti.

Come e dopo quanto tempo i “sex addicted” percepiscono la loro inclinazione come una “malattia”? Ed eventualmente dopo quanto tempo cercano aiuto?

Percepiscono il loro stato quando il disagio è forte, quando il proprio comportamento "costa" loro in termini sociali e ne intuiscono i rischi. Ma è difficile che persone realmente malate si rivolgano al Centro spontaneamente: chi si rivolge a noi di propria iniziativa normalmente non è vittima di una dipendenza reale. La maggior parte dei nostri pazienti viene portata al Centro per una decisione delle istituzioni.

Il percorso terapeutico in genere dà esiti positivi? Che tipo di terapia comporta?

Una buona terapia può certamente funzionare. Nel nostro Centro non seguiamo un approccio psicoanalitico ma si cerca di restituire alla persona i limiti posti dalla società alle prevaricazioni, è un problema di “paletti”. Cerchiamo di rieducare i nostri pazienti verso un approccio più equilibrato con l’altro sesso. L’obiettivo non è trasformare la psiche della persona, ma fare in modo che questa si comporti in modo più cosciente e responsabile. Si tratta di una terapia che ha una forte valenza sociale.

http://punto-informatico.it/


Adolescenti e sesso: una sfida educativa da raccogliere

Che ne dicono i ragazzi d’oggi di amore, sentimenti e dintorni?
Fra internet e tv spazzatura, la parola a tre esperte

Parlare di sesso con gli adolescenti: da più parti affiora la domanda – che nasconde timori e forse qualche imbarazzo –, è proprio necessario? E come, quando? Per cercare una risposta sensata e non banale ne abbiamo parlato con le tre autrici del volume, edito dalla Cooperativa In Dialogo, “Amore, sesso & co.”, Rosangela Carù, Monica Pinciroli, Luisa Santoro. Da anni trascorrono gran parte del loro tempo con i ragazzi, nelle scuole e negli oratori, riflettendo sui temi dell’affettività e della sessualità con loro e con i loro genitori. Osservano gli adolescenti, parlano con loro, ne ascoltano le opinioni, le domande e i bisogni.
Dialogano anche con i genitori, constatando che il loro sguardo non sempre coglie il reale pensiero dei figli su questi temi: li ritengono abbastanza informati ma troppo piccoli e ancora lontani da certi bisogni, oppure già abbastanza maturi per saper scegliere da soli.

Ma come sono questi ragazzi e cosa pensano del sesso?
«I ragazzi che incontriamo si mostrano disorientati e curiosi su tutto ciò che riguarda la sessualità… così come lo eravamo noi alla loro età. Il corpo che cambia, i primi innamoramenti, la voglia di crescere e di provare emozioni nuove li scombussola e li porta a porsi delle domande, come da sempre capita ai ragazzi che si affacciano all’età adulta. Oggi come un tempo, fanno fatica a rivolgersi ai genitori, perché sentono di invadere la propria e l’altrui intimità.»

Come fanno, allora, ad avere delle risposte?
«È molto facile: televisione, riviste, internet sono un comodo supermercato dove recuperare tutto ciò che serve; non solo, riescono persino ad anticipare e indurre la domanda prima ancora che sorga spontaneamente nella mente del bambino.»

Ma se sanno già tutto, è necessario educarli all’affettività e alla sessualità?
«Crediamo di sì, per vari motivi. Innanzitutto, perché le informazioni dei media non sono calibrate sulle diverse età e non tengono conto dei valori che ogni famiglia vorrebbe trasmettere ai propri figli… senza contare che a volte sfociano nella pornografia. L’informazione infatti non è neutra, ma propone una certa visione della sessualità, largamente condivisa oggi, per cui il valore di riferimento è il proprio piacere che deve essere raggiunto “tutto e subito”. Il nostro intervento educativo è quindi necessario per offrire una visione alternativa che dia maggiore dignità alla sessualità umana. Le informazioni sono assolutamente necessarie, ma devono essere inserite in un’educazione alla relazione e ai sentimenti.»

Che responsabilità hanno i media?
«I contenuti dei media possono essere scientificamente corretti (anche se non sempre lo sono) e dare risposta alle domande “tecniche”, ma i ragazzi non hanno bisogno solo di questo. Piuttosto cercano delle indicazioni su come rapportarsi con gli altri e su come vivere la propria sessualità di adolescenti, non solo a livello gestuale, ma anche relazionale e affettivo. Questa meta però è raggiungibile solo attraverso un lavoro serio e lungo che ciascun individuo fa, riflettendo su sé e su ciò che gli accade.
I mezzi di informazione certo non invogliano a una riflessione, anzi! Tocca quindi agli educatori accompagnare i giovani a questo traguardo.
I media forniscono “istruzioni per l’uso” su come dichiararsi, come conquistare, come baciare… e questi consigli sono necessariamente uguali per tutti. Ma i ragazzi non sono tutti uguali!
Compito dell’educatore è accompagnare l’adolescente nella costruzione della propria personalità, valorizzando l’unicità di ciascuno.
Non serve un manuale di istruzioni: nelle relazioni ciascuno si deve giocare in prima persona, per quello che è.»

Qualche consiglio utile?
«Per i ragazzi, sembra esserci una netta separazione tra la gestualità e i sentimenti, tanto che considerano espressione d’amore i baci, gli abbracci, le carezze, persino gli sms, mentre ritengono il rapporto sessuale un gesto utile a soddisfare il proprio piacere, magari un po’ trasgressivo, ma non così strettamente legato alla sfera affettiva.
Noi crediamo che in ciascun essere umano ci sia una relazione molto stretta tra corpo, emozioni e sentimenti, solo che i nostri giovani vivono in un contesto che non li aiuta a far emergere questa unitarietà. È compito degli educatori farla affiorare.
Negli ultimi anni, molti più ragazzi pongono interrogativi su omosessualità e transessualismo, e a volte queste domande sembrano celare dei timori. Riteniamo che in un contesto culturale nel quale si tendono a confondere i sessi e ad annullare le differenze, possa essere più difficile raggiungere la definizione della propria identità sessuale.
Inoltre la spettacolarizzazione di queste situazioni riduce la questione a banali stereotipi, mentre nasconde la difficoltà e la sofferenza ad esse connesse.
Siamo convinte che sia bene parlarne e diffondere la cultura del rispetto e dell’accoglienza. È altrettanto importante però aiutare i ragazzi a guardare con senso critico ciò che i media propongono e offrire loro opportunità di confronto.»

© 2009 Azione Cattolica Ambrosiana.



La pornografia rende più delle armi. Videofonini e sesso: accuse a Vodafone e Hutchison


Il Parlamento europeo su proposta dell'europarlamentare Marianne Eriksson sottoporrà martedì prossimo al voto dell'Assemblea di Strasburgo un rapporto relativo alla cosiddetta "industria del sesso".
I dati contenuti nel rapporto sono, come era prevedibile, inquietanti e puntano il dito su tutto quello che di legale e illegale ruota attorno alla sessualità e al suo sfruttamento a fini economici.

Uno su tutti: la pornografia genera un giro d'affari superiore a quello dell'industria degli armamenti. Ogni anno, denuncia il rapporto, la pornografia sviluppa un fatturato che va dai 5 ai 7 miliardi di dollari, "¿cifra che supera la spesa militare mondiale e comporta il traffico di quattro milioni di persone, per lo più ragazze e donne, ai fini dello sfruttamento sessuale'.

E le previsioni per il futuro sono ancora più preoccupanti: Secondo l'istituto di analisi Visiongain, nel 2006 il fatturato dovrebbe raggiungere i 4 miliardi di dollari. Secondo i distributori di materiale pornografico anche le applicazioni di mobilità porteranno a un aumento dell'impulso agli acquisti.

Ad approfittare di questa orribile mercificazione, che vede coinvolti in primo luogo bambini e donne extracomunitarie, potrebbe ritrovarsi anche l'industria della telefonia, che potrebbe tentare di risollevarsi dal proprio stato di forte indebitamento pubblicizzando e fornendo materiale pornografico sulle veloci reti di nuova generazione.

Chiamati in causa direttamente, molti operatori telefonici - Vodafone, Hutchinson, Virgin e One World Telecom (si veda pagina 12 del Rapporto allegato) che evidentemente sperano di far volare i propri ricavi anche grazie al download di materiale pornografico sui telefonini di terza generazione.

"Il 3G, dice il rapporto presentato dalla Eriksson, è una nuova tecnologia, che consente di inviare e ricevere materiale visivo mediante la telefonia mobile. Per molti operatori di telefonia mobile, la rete 3G e le relative licenze comportato costi molto elevati, per cui la maggioranza degli operatori europei cerca ora di finanziare gli investimenti trattando il materiale pornografico, tramite accordi tra i produttori di materiale pornografico e i gestori di telefonia mobile'.

Le nuove tecnologie, dunque, giocano un ruolo fondamentale nell'evoluzione della già drammatica situazione del mercato del sesso, tanto che fra le proposte avanzate c'è anche quella di arginare la posta elettronica indesiderata a sfondo sessuale, con una legislazione ispirata a quella statunitense.

In Internet dove la parola più ricercata sui motori di ricerca è proprio "sesso" - si trovano infatti immagini e videoclip, gratuiti e a pagamento.

In rete, come navigatori ci si può sentire assolutamente anonimi e fingere di essere un'altra persona. I rischi sono evidenti. Molte persone con interesse per la pedofilia ricercano determinati spazi di "chat" per bambini e adolescenti, per potersi mettere poi in contatto diretto.

Internet è anche un ottimo canale per immagini di cui la maggior parte dei paesi vieta la distribuzione, come, appunto, le immagini di pornografia infantile, tortura, necrofilia o pornografia animale.

Nel rapporto vengono citate anche molte altre società, quotate addirittura in Borsa: dalla svedese Private Media, alla tedesca Beate Uhse all'australiana Daily Planet.

Azionista maggioritario della Beate Uhse è la Consipio Holding, che finanzia anche la Private Media.

Consipio Holding è di proprietà di Gerard Cok, secondo i mezzi d'informazione olandesi uno fra i più ricchi uomini d'affari olandesi, potente nel settore immobiliare e in passato anche produttore nazionale di materiale pornografico.

Il rapporto presentato al Parlamento europeo punta da un lato a tutelare chi lavora legalmente col sesso, dall'altro a proteggere le vittime di questa nuova forma di schiavismo che coinvolge milioni di persone.

Basti pensare che il 90% delle persone che nel 1996 sono entrate illegalmente nell'Unione europea era destinata allo sfruttamento sessuale.

Il rapporto si scaglia inoltre contro tutte quelle società che fanno ricorso a pubblicità "sessiste" per reclamizzare i propri prodotti e avanza la proposta di stilare un codice etico al fine di penalizzare le aziende che utilizzano simili mezzi.

I prodotti pornografici sono infatti spesso di tipo sessista, caratterizzati cioè da stereotipi e da una concezione conservatrice, per non dire errata, della sessualità maschile e femminile.

"Non di rado si legge nel rapporto questi non sono scevri di un disprezzo etnico e talvolta contengono anche elementi nettamente razzisti. La combinazione tra potere e oppressione attraverso la sessualità è un ottimo modo per ricordarci chi detiene veramente il potere'.

La pubblicità, inoltre, sembra aver dissolto i confini tra pornografia "soft" quella in cui si ha spesso una persona che posa in atteggiamento sensuale o erotico, ed evoca codici e associazioni sessuali e quella "hard'. "Ricorrendo a una specie di sollecitazione erotica, le immagini di donne fanno vendere i giornali e anche prodotti ad altre donne'.

L'azienda televisiva, insomma produce e trasmette programmi che toccano la pornografia ed edulcorano la prostituzione, e questo naturalmente aumenta la legittimità della pornografia, che diviene "intrattenimento".

La cosa più grave è comunque che negli ultimi anni, "¿molti Stati membri dell'Unione europea si sono arresi e, anziché combattere questo sfruttamento di persone, hanno accettato la situazione di fatto e, attraverso la legalizzazione e regolamentazione della prostituzione, hanno fatto sì che un'attività che in passato veniva considerata criminale rientrasse nel settore economico legale. Lo Stato membro, quindi, entra a far parte dell'industria del sesso, e diviene un ulteriore approfittatore del mercato".

Per questo motivo - conclude Marianne Eriksson - l'Unione europea e i singoli Stati dovrebbero opporsi fermamente alla promozione della pornografia e della prostituzione negli alberghi e nel settore turistico in generale e attivarsi contro tali pratiche, redigendo degli elenchi di tali alberghi in tutti i paesi dell'UE, ma "¿anche boicottando queste strutture e rifiutando di esserne clienti".

Rimane il problema grave tra contenuti pornografici e telefonia. Da una ricerca norvegese del 2001 emerge che in Norvegia lavorano nell'industria del sesso telefonico circa 200-300 donne. I responsabili della manifestazione commerciale per il settore del porno "Sexhibition" affermano che l'attività del telesesso in Norvegia ha un fatturato annuo di circa 200 milioni di corone norvegesi. E nel resto d'Europa?

I contenuti pornografici saranno la killer application dei nuovi servizi 3G? Speriamo proprio di no.

PROGETTO DI RELAZIONE sulle ripercussioni dell'industria del sesso in Europa (2003/2107(INI)

Commissione per i diritti della donna e le pari opportunità

Relatrice: Marianne Eriksson

© 2004 Key4biz.it




LA DIPENDENZA DA INTERNET E LE DIPENDENZE SESSUALI

Guglielmo Campione

  1. LA DIPENDENZA DA INTERNET

I termini dipendenza, abuso o addiction sono stati finora utilizzati con riferimento a sostanze chimiche, ma ormai sempre più spesso si ritrovano nella letteratura scientifica riferimenti alle cosiddette "nuove dipendenze".

Le nuove tecnologie hanno rivoluzionato l'economia, il nostro modo di lavorare, di studiare, di pensare ma si sono sviluppate anche delle vere e proprie patologie legate ad un uso problematico di Internet e dei suoi servizi: lo shopping compulsivo in Rete, il gioco d'azzardo, il trading on-line (giocare in Borsa attraverso Internet), la chat dipendenza e le relazioni nate in Rete, i Cybersesso dipendenti e l"information overloading addiction", la dipendenza da informazioni.

In alcuni casi il web può, non diversamente da quel che accade nelle altre condotte patologiche da dipendenza, giungere a diventare il fulcro della vita di una persona tanto da oscurare completamente la sua vita privata e relazionale e influenzare negativamente il suo rendimento lavorativo.

Come in tutte le dipendenze patologiche è, dunque, sempre importante, per un clinico, valutare le difficoltà di relazione, le convinzioni patogene e disadattive, le situazioni sociali carenti e le concomitanti psicopatologie più frequenti come il disturbo ossessivo e i disturbi dell’umore.

Secondo Maslow alcuni servizi come le chat, le mailing list, e i newsgroup facilitano il contatto interpersonale, il riconoscimento sociale, il senso d'appartenenza e l'autorealizzazione.

Il web è diventato con il passare del tempo sia un contenitore d’informazioni e materiale, nel quale ricercare, in un ambiente protetto da anonimato, stimoli ed emozioni sia un luogo d’accesso a relazioni amichevoli, sentimentali o sessuali per la ricerca di materiale sessuale e di contatti personali a scopo sessuale e per praticare il cybersex o per organizzare incontri.

Da questo punto di vista il web si presenta come un contenitore emotivo, come luogo neutro ideale per la proiezione di pulsioni e la produzione di fantasie e come occasione per sperimentare nuovi comportamenti.

In realtà spesso non vi è ricerca di relazioni oggettuali vere e proprie ma di relazioni opportunistiche con soggetti che, per le proprie caratteristiche di personalità, calamitano e favoriscono la scarica di bisogni pulsionali poco elaborati.

Secondo la Young chi soffre di Internet addiction disorder (IAD) non frequenta la rete per necessità o per svago, ma risponde ad un impulso incontenibile di usare Internet per il maggior tempo possibile, con l'inevitabile compromissione della propria sfera socio-affettivo-lavorativa.

La durata interminabile dei collegamenti è, infatti, una caratteristica immancabile di questa dipendenza, mentre le altre attività e gli altri rapporti passano gradualmente in secondo piano, fin quasi a scomparire dal panorama quotidiano ed affettivo dell'Internet-dipendente.

L'impossibilità a collegarsi, evento comune a chi naviga (rete intasata, virus, server temporaneamente sospeso, ecc.), è vissuto con un disagio profondo, un senso di privazione e di angoscia che può culminare in vere e proprie crisi d'astinenza

I fattori di rischio per lo sviluppo della IAD sono:

  1. soggetti compresi fra i 15 e i 40 anni,
  2. difficoltà comunicative legate a problemi psicologici, psichiatrici, emarginazione, problemi familiari e relazionali;
  3. elevato grado di informatizzazione negli ambienti lavorativi.
  4. lavori notturni e isolati
  5. l'isolamento geografico

Le fasi cliniche del disturbo consistono in:

a) una fase iniziale, caratterizzata da attenzione ossessiva per la posta elettronica, focalizzazione ideo-affettiva sui temi inerenti il web;

b) una fase tossicofila, con progressivo incremento del tempo di permanenza in Rete e sensazione di malessere quando non si è collegati, collegamenti in ore notturne con perdita di sonno;

c) una fase finale tossicomanica caratterizzata da collegamenti così prolungati da compromettere la vita personale, sociale e professionale.

  • RICERCHE ITALIANE

Cantelmi precisa di aver avuto l’opportunità di esaminare, dal 1996 al 2000, solo sei pazienti rete-dipendenti (4 maschi e 2 femmine), giovani adulti di livello culturale medio-alto.

I soggetti rientrano nella fascia d’età considerata a rischio per l’insorgenza della dipendenza da Internet (tra i 30 e i 35 anni).

Tutti i pazienti, che utilizzano Internet da più di sei mesi, riferiscono di passare molte ore settimanali in rete (fino a 50), lamentando apatia, ansia, irrequietezza e anedonia off-line, nonché una marcata compromissione della vita relazionale, scarso interesse per le relazioni interpersonali e diminuito rendimento professionale. Cantelmi (2000) ha proposto la classificazione di due tipi di “retomani”: gli IA (internet addiction) con pregressa patologia, rappresentati da pazienti con disturbi nell’area affettiva o con tratti ossessivo compulsivi e gli IA senza pregressa psicopatologia nei quali lo sviluppo della sindrome da internet dipendenza dà valore all’ipotesi secondo la quale il rischio psicopatologico dell’uso della rete deriva dalle stesse caratteristiche tecniche della comunicazione telematica, che consentirebbero al soggetto di vivere una condizione di onnipotenza (Varaschini A.2002).

In Italia V.Caretti ha introdotto il termine di trance dissociativa da videoterminale: e’ un importante fenomeno dissociativo che si manifesta con depersonalizzazione, diffusione dell'identità, esperienze sensoriali bizzarre, che accosta le condotte on-line alle psicosi.

Esso si verifica durante o dopo un lungo collegamento in rete e consiste in un’alterazione temporanea dello stato di coscienza, e/o in una sostituzione del senso abituale dell'identità personale con un'identità alternativa.

Si ritiene che essa possa essere il risultato di una condizione difensiva che nasce da una pregressa psicopatologia, per esempio una fobia sociale; l'esposizione protratta agli stimoli innumerevoli della rete può, in alcuni casi, fungere da stressor aggiuntivo in soggetti predisposti.

La psicoanalisi e le relazioni virtuali.

Molti autori hanno sottolineato la somiglianza del web al mondo onirico: molte persone, infatti, sono attratte dagli ambienti virtuali che, come i sogni, soddisfano il bisogno di evasione, incoraggiando modalità di pensiero inconsce, tipiche del processo primario.

Questi utenti possono inoltre utilizzare il cyberspazio per sperimentare identità diverse attraverso la messa in scena della propria maschera (ad esempio nelle chat, traendo vantaggio da un contesto facilitante e deresponsabilizzante e da una modalità di accesso on-off al luogo esperienziale della rete.

“In termini psicanalitici, il computer e il cyber spazio ( introdotto da W.Gibson in “Neuromancer”), secondo Suler (1996) possono diventare una sorta di spazio transizionale che si configura come un’estensione del mondo intrapsichico della persona e può essere sperimentato come un’area intermedia tra il sè e l’altro. Leggendo sul loro schermo il testo di un e-mail si può avere la sensazione che la nostra mente si fonda o confonda con quella dell’autore, in uno spazio psicologico che diventa un’estensione della nostra mente conscia e inconscia. Winnicott (1951) coniò il termine di spazio transizionale e oggetto transizionale per descrivere l’area intermedia di esperienza fra il sé e l’altro, fra il dito da succhiare dei primissimi mesi e l’orsacchiotto del periodo successivo, fra l’erotismo orale e il vero e proprio rapporto oggettuale.Un oggetto transizionale è contemporaneamente concreto e fantasmatico, creando un’esperienza intermedia tra esterno e interno. Il bisogno dell’oggetto transizionale si manifesta in momenti di frustrazione, quando l’impatto con la realtà è troppo forte. Esso ri-presentifica, nei momenti di assenza, la presenza della madre, in una dimensione di controllo e dominio dell’oggetto che il simbolo rende possibile. E’ un sostituto materno che consola e protegge nell’assenza.

Il cyberspazio transizionale è accessibile ad ogni ora, controllabile in ogni momento.

Il desiderio di controllo dell’interiore attraverso il controllo sull’esteriore è molto facilitato in internet (Turkle 1984). La relazione virtuale così super-controllabile può fornire l’illusione di specchiarsi vedendo il proprio io ideale nell’altro. La relazione viene usata come mezzo di conferma narcisistica. Come per il Freud di ”Introduzione al narcisismo” è possibile amare l’altro in quanto egli rappresenta ciò che siamo stati, ciò che non siamo mai stati ma avremmo voluto essere, ciò che potremmo essere in futuro. Secondo Balint (1968) il bisogno compulsivo di un rapporto armonioso con l’ambiente è da ritenersi primario e fondamentale. Se questo bisogno non viene soddisfatto si produce una mancanza di cui il narcisismo, come sforzo per rendersi indipendente dal mondo frustrante, è una delle espressioni difensive.

Il web rappresenta un occasione o una serie di occasioni narcisistiche: ci si può presentare come si vorrebbe essere o si vorrebbe essere visti dagli altri, permettendo di fuggire dal contatto reale e dalla valutazione reale tanto temuta perché frustrante e non controllabile.

Si capisce perché allora il tema dell’identità è così importante in questo discorso. La sperimentazione di diverse identità (identità multiple) anche sessuali (gender swapping, in prevalenza uomini ) è una delle potenzialità della rete che può generare addiction. La Young riporta a questo proposito alcune testimonianze paradigmatiche: ”Il web è l’unico posto in cui la mia opinione valga qualcosa e mi sento importante. Di giorno sono un marito affettuoso ed un lavoratore coscienzioso ma di notte premendo un tasto, mi trasformo nel bastardo più aggressivo che lei possa immaginare. E nessuno sa che sono io a fare questo. Penso che questo mi impedisca di andare realmente a fare male agli altri, ad esempio, picchiare mia moglie. Sono spaventato per questo ed ho bisogno di aiuto”.

Pravettoni (2002) ha cercato di distinguere tre tipologie di persone che si rivolgono al web:

  • chi usa la rete come mezzo per incontrare un altro che, in un interazione dialettica gli permetta di superare un momento di disagio. Gli altri utenti cioè fanno da “ terapeuti”mentre lo spazio della rete diventa una specie di spazio sicuro in cui parlare o piangere ed elaborare.
  • chi usa la rete per inscenare continuamente e compulsivamente i propri problemi senza alcuna elaborazione avendo trovato un posto sicuro e degli interlocutori disponibili ad ascoltarlo. Questo trend è da ritenersi precursore di dipendenza.
  • Chi usa la rete come specchio per vedere la propria immagine più chiaramente. Questo ricorda il metodo autobiografico e la funzione terapeutica della scrittura ed il web assomiglia alla carta: l’individuo cerca di rimettere in ordine le proprie idee e riorganizzare il proprio sé.

    Ancora una volta viene sottolineata dai clinici la valenza narcisistica di queste relazioni, il loro uso strumentale e seduttivo dell’altro. Il desiderio di sedurre o manipolare può essere considerato come il modo per attenuare la propria disistima profonda. Se si riesce a convincere l’altro, anche se con l‘artificio della maschera e dell’identità fittizia, vorrà dire che si può dominarlo, controllarlo, producendo un valore che diventa per l’altro desiderabile e incrementando in tal modo la propria percezione di competenza nel soddisfare i propri bisogni.

    Se- durre, dal latino condurre a sé, significa legare l’altro a sé e soddisfare i propri bisogni sociali e sessuali. In genere si tratta di persone che faticano nell’interazione vis a vis, nell’intimità, per eccessivi timori sulla propria immagine corporea e sessuale. L’intimità, infatti, si raggiunge quando si supera il confine della parte più segreta di noi, quando si permette all’altro di violare questo confine. Per far questo è necessario che l’altro non intimorisca, non appaia minaccioso in qualche modo. In rete si può appare invece meno minacciosi soprattutto perché si ha a disposizione un linguaggio tutto verbale, interpretabile, meno denso, che lascia più spazio ai movimenti difensivi, alla polisemia, all’ambivalenza.

“Il web può diventare quindi un rifugio. A tal proposito ricordiamo che già Fonagy e Target (2001) avevano parlato di mentalizzazione di luoghi mentali. Steiner (1993) li ha definiti rifugi della mente (“…il rifugio funziona come una zona della mente in cui non si deve affrontare la realtà, in cui le fantasie e l’onnipotenza possono esistere senza controllo e qualunque cosa è permessa. E’ spesso questa caratteristica che costituisce l’attrattiva del rifugio per il paziente, o di solito comporta l’utilizzazione di meccanismi perversi e psicotici…”).

I rifugi della mente si possono intendere come luoghi mentali ossessivo compulsivi o riti magici in cui ci si ritira quando la realtà è insopportabile, in cui si automedica l’io danneggiato per un lutto o per una perdita dolorosa. La perdita non elaborata comporta angoscia, dolore e quella costante sensazione di pericolo che Bion definì terrore senza nome”.

Il concetto di luogo mentale fa appunto pensare a Bion quando parla della madre come oggetto contenitore esterno in grado di accogliere e rendere pensabili gli stati mentali primitivi, i dati grezzi dell’esperienza, sperimentati come angosciosi e dolorosi in quanto privi di significato e proiettati all’esterno tramite l’identificazione proiettiva: i cosiddetti elementi beta.

    …Tale funzione materna viene definita da Bion “Reverie” o funzione alfa e corrisponde a quello stato di calma ricettività che accoglie i sentimenti caotici del bambino e gli da significato, calmando quindi dolore e angoscia. Come dice Fonagy, cioè, ”… il cogito ergo sum cartesiano non può più funzionare come modello psicodinamico della nascita del sé. Il costrutto dovrebbe essere invece: la mamma pensa a me come a qualcuno che pensa e dunque io esisto come essere pensante”.Citando Hegel della “Fenomenologia dello spirito” Fonagy fa notare che è solo attraverso la conoscenza della mente dell’altro che il bambino sviluppa il pieno possesso della natura degli stati mentali. Ed è quindi anche vero che, come dice la Main, l’incapacità a comprendere la natura meramente rappresentazionale del pensiero proprio e di quello degli altri rende il bambino (le persone) vulnerabili dinanzi a comportamenti poco coerenti. Non sono cioè in grado di trascendere l’immediata esperienza e di arrivare a comprende la differenza tra esperienza immediata e lo stato mentale sottostante. E’ come se costoro prendessero tutto alla lettera e non fossero in grado di andare oltre (metacognizione).Questo li espone a ritenere gli stati rabbiosi del genitore come dovuti alla propria cattiveria e non allo stato mentale della madre. I bambini borderline possono cioè essere figli di genitori borderline.

“Secondo V.Caretti i rifugi della mente servono a neutralizzare e controllare l’angoscia di morte e l’aggressività di tipo primitivo, ma in quei soggetti in cui le problematiche collegate alla distruttività sono particolarmente disturbanti, il rifugio mentale può giungere a dominare la psiche dando luogo ad una patologia che va dal ritiro dal mondo oggettuale, alle attività autoerotiche, all’aggressività contro sé stessi (anoressia e tossicomania) fino ai disturbi dissociativi (trance dissociativa da videoterminale)”.

Comunicando su internet gli utenti regrediscono.

I segni fondamentali di questa regressione, secondo Holland (1995) sono il flamming (comportamento maleducato e compulsivo, con espressioni crude e insulti, il sexual harassment, la straordinaria generosità, tutti fenomeni disinibitori e regressivi.

Holland sottolinea anche come le caratteristiche del setting psicanalitico assomigliano per certi versi alla comunicazione on line: si parla ad una persona che non vediamo ma che pure è presente dal quale si riceve brevi risposte”.

Questo tipo di pazienti che altrimenti difficilmente ricorrerebbero all’aiuto di uno specialista possono essere forse quanto meno agganciati più facilmente attraverso il contatto on-line, utilizzando Internet come un’occasione propedeutica ad una dimensione di vero incontro e dunque, proprio per questo, veramente terapeutica.


  1. LE DIPENDENZE SESSUALI



Il concetto di sex addiction, in quanto tale, è stato coniato nel 1983 da Patrick Carnes.

E’ lecito chiedersi se quest’ennesima etichetta diagnostica corrisponde ad un esclusivo bisogno nosografico di medicalizzare il comportamento sessuale o se davvero rappresenta un progresso nella comprensione del fenomeno.

Il disturbo compare per la prima volta nel 1991 nel DSM III r, tra i disturbi non altrimenti specificati come“ disagio collegato a modalità di conquiste sessuali ripetute o ad altre forme di dipendenza sessuale non parafilica che comportano una successione di persone che esistono solo per essere usate come oggetti”.

Nel 1996 –DAM IV- viene eliminata la dizione dipendenza sessuale e si trova un riferimento nei disturbi sessuali n.a.s ad un disagio connesso a quadro di ripetute relazioni sessuali con una successione di partner vissuti dal soggetto come cose da usare”.

Attualmente il dibattito scientifico verte su 2 possibili ambiti: dipendenze patologiche (A.Goodman), disturbi impulsivi /disturbi ossessivo compulsivi (Hollander, Cloninger), teoria psicanalitica della compulsione (secondo cui ogni comportamento usato per produrre gratificazione e fuggire da stati interni di angoscia può diventare compulsivo e diventare un disturbo da dipendenza ) e della perversione. In Onanismo come possibile forma di dipendenza “( “Trattamento psichico” 1889-1892) Freud fa riferimento alla terapia ipnotica che "...non è utilizzabile soltanto in tutti gli stati nervosi e nei disturbi insorti per ’immaginazione', nonché nel divezzamento da abitudini morbose (alcolismo, morfinomania, aberrazione sessuale).

Otto Fenichel (The psychoanalitic Theory of Neurosis -1945) le cataloga come secondo tipo di "nevrosi impulsiva" quello delle "tossicomanie senza droghe".

In un saggio postumo, Ferenczi, afferma che "non si può considerare guarito un alcolista che si è potuto allontanare temporaneamente dalla sua dipendenza nefasta con la disintossicazione e con la suggestione. La disintossicazione deve essere completata con un lavoro psicoanalitico che svela e neutralizza i veri momenti psichici del bisogno compulsivo delle droghe. Capita spesso nel corso di un'analisi di osservare che queste abitudini servivano a mascherare una vita sessuale amorosa disturbata" (Ferenczi, 1927-1933).

Secondo Goodman ci sono sensibili differenze tra dipendenze e fenomeni compulsivi.

Le dipendenze patologiche sono caratterizzate da: attività sessuale come attività di ricerca del piacere e riduzione del disagio, attività sessuale egosintonica (impulsiva ?) e risposta ai farmaci antidepressivi simile a quella nella depressione.

Le compulsioni sono caratterizzati da attività sessuale come attività di difesa (non finalizzata al piacere ma alla riduzione di ansia e depressione), attività sessuale egodistonica, risposta agli antidepressivi diversa a quella nella depressione, e sono legati a fenomeni di eccessività.

Secondo questo autore i criteri per disturbi da dipendenza sono:


1. Frequente espressione del comportamento per un lungo periodo di tempo, maggiore di quanto comunemente inteso.
2. Persistente desiderio di esprimere il comportamento con uno o piu sforzi inefficaci di controllarlo o ridurlo
3. Molto tempo speso in attività necessarie al comportamento o per riprendersi dai suoi effetti
4. Frequenti preoccupazioni per il comportamento e le attività preparatorie
5. Frequente ingaggio nel comportamento nonostante le scadenze lavorative, accademiche, domestiche o sociali

6. Abbandono dei doveri sociali, lavorativi, ricreazionali a causa del comportamento

7. Continuazione del comportamento a dispetto del sapere di avere persistenti e ricorrenti problemi sociali, finanziari, psicologici o fisici causati o esacerbati dal comportamento
8. Bisogno di aumentare l’intensità del comportamento per ottenere l’effetto desiderato o diminuiti effetti con comportamenti della stessa o maggiore intensità

9. Incapacità di rilassarsi e irritabilità se non è possibile agire il comportamento
10. Almeno 3 criteri per fare diagnosi e alcuni sintomi del disturbo devono durare da almeno 1 mese o verificati ripetutamente per un più lungo periodo

Secondo Carnes il dipendente da sesso instaura una relazione distorta in grado di modificargli l’umore con le cose o le persone. Egli progressivamente passa attraverso fasi nelle quali si ritira dagli amici, la famiglia, il lavoro, la vita segreta diventa più reale di quella pubblica, sebbene per questa doppia identità sperimenti potenti sentimenti di vergogna. I d.s hanno perso il controllo sulla loro capacita di dire no, sulla loro abilita di scegliere. Il comportamento sex e’ parte di un ciclo di pensieri, sentimenti ed azioni che non possono piu controllare. Invece di gustare il sesso come fonte di piacere il d.s. ha imparato a relazionarsi al sesso per confortarsi dal dolore, prendersi cura di se’, rilassarsi dallo stress.

Contrariamente all’amore, l’ossessionante malattia trasforma il sesso nella relazione primaria o nei propri bisogni per i quali tutto il resto viene sacrificato.

L’euforia dura tanto quanto il rituale sessuale. Mentre per i tossicodipendenti, infatti, l’euforia svanisce lentamente il d.s. si sente inebetito, triste, in colpa, subito dopo l’atto.

Si sentono impostori, truffatori, impostori e codardi ma non abbastanza per smettere anzi questa situazione depressiva riaccende il bisogno dell’euforia e del sollievo.

Il sesso quindi non e’ al centro della dipendenza. L’uso del sesso è funzionale alla fuga dalla solitudine, dal senso di colpa, dalla paura, dalla vera intimità, dall’insicurezza riguardo la propria identità.

Spesso i partners dei pazienti presentano sintomi fisici (sintomi da stress come cefalea, mal di schiena, insonnia, perdita d’energia, disturbi gastrointestinali multipli, depressione, dipendenza da tranquillanti, spese compulsive). Per mascherare sensazioni dolorose, molte/i codipendenti passano a comportamenti bulimici, dipendenza da tranquillanti, superlavoro, superpulizie in casa.

Secondo Carnes le caratteristiche principali delle d.s sono:

  • pattern di comportamenti fuori controllo
  • gravi conseguenze dovute ai comportamenti
  • incapacità di smettere nonostante le gravi conseguenze.
  • persistente perseguimento di comportamenti autodistruttivi
  • crescente desiderio e sforzo di controllare i comportamenti
  • ossessione sex. e fantasie come prime strategie di adattamento.
  • incremento dell’attività
  • gravi cambiamenti dell’umore dovuti ad attività sex.
  • smodato aumento di tempo speso nella ricerca di sex. o

per riprendersi da esse

  • trascuratezza nei confronti di attività sociali, lavorative ecc.
  • piacere
  • dipendenza fisica
  • craving
  • astinenza
  • compulsione
  • segretezza
  • cambiamento di personalità
  • contraddizione delle proprie convinzioni etiche


    • ESEMPI DI SEXUAL ADDICTION



1. Fantasie sessuali: dimenticare impegni per fantasie sessuali e o masturbazione compulsiva
2. Attivita di seduzione: adulteri eterosessuali o omosessuali), flirt e comportamenti seduttivi
3. Sesso Anonimo: per una sola notte
4. Pagare per il sesso prostitute, chiamate telefoniche a pagamento.
5. Commerciare in sesso: droghe o soldi per sesso.
6. Sesso Voyeuristico: essere clienti abituali di librerie per adulti o spettacoli di spogliarello, guardare dalle finestre delle case. Avere collezioni di foto porno a casa o al lavoro.

7.Sesso esibizionistico esporsi in luoghi pubblici o in casa o in macchina, spogliarsi, vestire abiti succinti
8. Sesso Intrusivo: toccare altri senza permesso, usando posizioni di potere lavorativo e religioso per sfruttare sessualmente altre persone, stupro

9. Scambi dolorosi: causare o ricevere dolore per aumentare il piacere sessuale

10. Sesso con oggetti: masturbarsi con oggetti, scambiarsi indumenti, usare feticci per rituali sessuali, fare sesso con animali
11. Sesso pedofilo: forzare bimbi ad attività sessuali, guardare foto porno di bimbi

  • LE COMORBIDITÀ

La dipendenza sessuale è spesso accompagnata da altre dipendenze.


La comprensione di ciò è importante perché la dipendenza sessuale contribuisce in modo significativo all’epidemia aids e perché gli sforzi per controllare questa dipendenza sono spesso problematici per situazioni coesistenti.

Un recente studio su 823 omosessuali o bisessuali che cercavano una cura di primo livello mostra come il 64 % era coinvolto in storie di comportamenti sessuali rischiosi nonostante questi soggetti sapessero dei rischi e del modo di prevenirli.

Paragonati con il gruppo dei pazienti dediti a sesso sicuro, gli uomini che erano coinvolti con attività sessuali rischiose avevano più partners, usavano più droghe e sentivano di avere meno controllo sulle attività sessuali.

È difficile comunque che vi siano grandi cambiamenti a livello comportamentale a meno che viene affrontata la questione della natura compulsiva del comportamento sessuale e del poliabuso di droghe in modo più diretto.

La dipendenza sessuale spesso coesiste con quella da sostanze ed è frequentemente una causa negletta di ricaduta.

Questo è particolarmente vero per la cocaina.

In uno studio circa il 70 % dei cocainomani in trattamento ambulatoriale era stato diagnosticato come sex addict.

Molti pazienti erano intrappolati in un meccanismo di reciproca ricaduta in cui il comportamento sessuale compulsivo precipitava la ricaduta nell’uso di cocaina e viceversa. In uno studio anonimo su 75 sex addict ricoverati 29 (39%) erano anche affetti da dipendenza da sostanze, 28 (38%) erano alcolisti, 24 (32%) avevano disturbi alimentari, 10 (13%) erano affetti da uso compulsivo dello spendere denaro, 4 (5%) erano giocatori compulsivi.

Solo il 13 (17%) credeva di non avere altre dipendenze.