DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Dio non si salva dalla regina. Gran Bretagna Le scuole, le adozioni, la presenza dei mass media... Credenti discriminati e ostacolati

DA L ONDRA S ILVIA G UZZETTI
L

o scontro tra le Chiese cristiane e i valori del
politically cor­rect,
ispirati ai diritti umani universali, è un tema ricorrente nella società britannica di oggi. L’idea che la religione ormai non ha un posto pubblico e, per chi ha una fede, è difficile espri­mere le proprie convinzioni religiose è stata espressa da giornali­sti, intellettuali e leader del mondo politico e religioso. Lo stesso Tony Blair ha ammesso che avrebbe danneggiato la sua reputa­zione di premier parlando della fede quando era primo ministro; in Gran Bretagna – ha detto – a differenza degli Stati Uniti, chi ammette di essere religioso è considerato «un pazzo». Jeremy Vi­ne, famoso giornalista e presentatore della Bbc, anglicano prati­cante,
sostiene di non poter esprimere la fede quando fa il suo lavoro perché non sa come gli ascoltatori reagirebbero. In que­sto momento si registra un vivacissimo dibattito sulle scuole cattoliche, finanziate dallo Stato ma autorizzate a selezionare studenti e insegnanti tenendo conto della loro fede; cosa che in passato non aveva mai suscitato polemiche, perché tali scuo­le sono aperte anche ad altre religioni e spesso hanno alte percentuali di studenti non cattolici. Ora invece sia in Gran Breta­gna che in Irlanda i partiti laici hanno at­taccato le scuole religiose e quelle cattoli­che in particolare sostenendo che divido­no la società, discriminano e favoriscono alunni delle classi medie. Lo scontro è ormai tra valori religiosi e valori secolari, più che fra religioni diverse, e ogni Natale è un’oc­casione per rinnovare le polemiche. Quest’anno un’associazione di Oxford ha bandito il nome stesso di Natale per sostituirlo con quello di «Festival invernale della luce»; proposta cui si sono ri­bellati per primi i musulmani. Alcune Chiese hanno invece deci­so riscrivere le carols , i tradizionali canti natalizi, abolendo i ter­mini legati alla Natività... Decisione che peraltro mal si concilia con le critiche che vescovi cattolici e anglicani hanno fatto alla Bbc proprio perché emargina programmi cristiani popolari; nell’ottobre 2008 lo stesso direttore generale Mark Thompson ha ammesso che l’islam viene trattato dall’emittente pubblica con più rispetto e attenzione del cristianesimo. Anche sulle adozioni è stato scontro tra la Chiesa e lo Stato, il quale ha imposto alle a­genzie cattoliche che se ne occupano di non escludere coppie o­mosessuali dal processo di adozione; alcune hanno preferito chiudere che andare contro l’insegnamento della Chiesa. Sono stati gli stessi arcivescovi anglicani Rowan Williams e John Senta­mu a scrivere a Blair per far notare che «i diritti di coscienza non possono essere sottoposti a legislazione, per quanto essa abbia buone intenzioni» e che eccezioni alla legge già esistono per co­loro che in coscienza non possono svolgere certi lavori, come i medici che non vogliono fare aborti.
I partiti accusano le Chiese di dividere la società con i loro collegi E i dirigenti stessi ammettono che alla tv l’islam è più considerato del cristianesimo




La cattedrale cattolica di Lincoln, in Inghilterra, è servita anche come set del film «Il Codice da Vinci»


No, non è la Bbc: soprattutto quando si parla di fede... E per poliziotti, politici e professori il sacro non esiste


S
olo due minuti e 45 secondi di religio­ne ogni mattina, alle 8 meno un quarto nel notiziario più segui­to dalle classi dirigenti britanniche, il Today programme . Durante il
Thought for the day,

«Pensiero del giorno» (così si chiama questo spazio di riflessione spirituale) i rappresentanti delle di­verse
Chiese tentano di infilare Dio in u­na fittissima agenda di appuntamenti. Si tratta di uno degli ultimi spazi religiosi ancora mantenuti dalla Bbc. Eppure alle organizzazioni umanistiche e atee que­st’ultimo baluardo non piace e il dibatti­to sull’opportunità di aprirlo ai «laici» è ar­rivato, lo scorso novembre, fino alla Ca­mera dei Lords. Un segno di quanto fati­chi la religione a sopravvivere nella so­cietà inglese. Clifford Longley, cattolico, ex corrispondente religioso dei quotidiani
Daily Telegraph
e Times, consulente del settimanale cattolico Tablet, lui stesso u­na delle voci più frequenti di Thought for the day tenta di spiegare perché.
Come si è arrivati a proporre l’abolizione del «Thought»?

«Ci sono due spiegazioni, l’una che non esclude l’altra. La prima è che gli atei sono diventati molto più forti e voglio­no danneggiare seriamente le Chiese. La seconda è che il sacro, a differenza di quanto si dice sui giornali, è ancora molto influente e forte nella società e quindi le lobby u­maniste
vogliono indebolirlo».
Ma che posto ha la religione oggi in Gran Bretagna?

«È ancora una forza culturale dominante, ha un’influenza sociale importante e non è seriamente in crisi. I sondaggi sulla popolazione tra i 40 e i 50 anni indicano che il cri­stianesimo (cattolico o anglicano) è ancora la posizione di base cui si ricorre quando non si sa come definirsi dal pun­to di vista religioso. Le cose cambiano nella fascia di età sot­to i 40, quando le persone si dichiarano non appartenenti ad alcuna religione. La tendenza consolidata è che i giova­ni, allontanatisi dalla Chiesa durante l’adolescenza, torni­no da adulti, quando i figli vanno a scuola: non dimenti­chiamo che in Gran Bretagna le scuole cattoliche sono mol­to famose e i genitori sono di solito an­siosi che i figli le frequentino...».

Ma se le cose stanno così, perché politi­ci come Blair (che ha aspettato di non essere più al potere per diventare catto­lico) sostengono di non voler parlare di religione per evitare di offendere una parte dell’elettorato?

«L’importanza della religione cambia, in Gran Bretagna, a seconda dell’ambiente sociale. I giornalisti, per esempio, hanno una cultura secolare e sono spesso igno­ranti in materia di religione. Lo stesso va­le per politici, per avvocati, poliziotti e in­segnanti. È diverso invece per la maggio­ranza della popolazione; anche i politici locali non hanno problemi a dire che appartengono a una certa Chiesa. In­somma c’é differenza tra élites e popolo. Bisogna anche considerare che gli inglesi preferiscono di solito non e­sprimere emozioni e punti di vista personali e la religione rientra senz’altro nelle cose sulle quali mantenere la pri­vacy
».
Si dice spesso che la Bbc ha meno interesse nei confronti
della religione, anche se ciò non riflette il punto di vista dell’audience.
«È senz’altro vero. La Bbc ormai tratta la religione come una questione marginale. Durante l’ul­tima settimana santa non c’è stato quasi nes­sun programma religio­so, mentre 5 o vent’anni fa la Bbc avrebbe offerto varie proposte sul tema. In parte ciò è dovuto al fatto che la sezione religiosa si trova a Man­chester, quindi è emarginata rispetto ai programmi prin­cipali preparati a Londra. Ma soprattutto è la cultura seco­lare a far sentire la religione come un imbarazzo per la Bbc. Fanno eccezione eventi importanti, come sarà certamen­te
la visita del Papa il prossimo settembre».
Si nota un crescente conflitto tra protezione dei diritti u­mani (in particolare la tolleranza per comportamenti «di­versi ») e istituzioni religiose. Oggi la Chiesa potrebbe ri­trovarsi a gestire la protesta dei suoi dipendenti contro i simboli religiosi...

«La Chiesa è contro l’intolleranza verso persone di sesso o religione diversi, quindi in teoria non dovrebbe esserci pro­blema. Penso però che la legge sulle pari opportunità lasci spazio a interpretazioni differenti e non c’è dubbio che po­trebbe essere usata per rendere la vita più difficile alle isti­tuzioni
religiose».
Insomma, il bilancio dei rapporti tra Stato e Chiese in Gran Bretagna secondo lei qual è?

«Credo che comunque oggi ci si renda conto di come tut­ta la società abbia bisogno delle Chiese, che rappresenta­no
un importante capitale umano».
Silvia Guzzetti

Il giornalista Longley: «Le lobby atee sono diventate più potenti e vogliono scalzare gli influssi spirituali Che però son tuttora forti, soprattutto nelle classi popolari»




L’anglicano Rowan Williams



Il giornalista Clifford Longley

Avvenire 14 gennaio 2010