Nell' articolo di Alberto Melloni «Il decreto di Papa Ratzinger e quella strada già battuta» (Corriere, 22 dicembre), non mi è chiara l' espressione: «i teologi creati cardinali mezzo secolo dopo aver assaggiato il bastone di Roma».
Confesso la mia superficiale erudizione, ma pensavo che Ratzinger, quando, come pietra miliare del proprio pontificato, fece il famoso discorso contro il «relativismo» storico non ce l' avesse con i lefebvriani (i quali, di contro, sono semmai super-tradizionalisti, tanto è vero che li sta reintegrando) ma contro il derivare delle impostazioni base della dottrina cattolica verso un eccessivo pragmatismo ateista. Mi dispiace contestare Melloni, ma forse le circonlocuzioni che adopera presupponendo che tutti siano a conoscenza dei fatti (e dei nomi) non sono immediatamente comprensibili.
Roberto Pepe
Approfitto dello spazio delle lettere per aggiungere quei dettagli che Roberto Pepe, blogger attento all' informazione religiosa, richiede a margine del mio breve commento sulla proclamazione delle virtù eroiche di Pio XII e Giovanni Paolo II. Ha ragione: nessuno è tenuto a sapere che Hans Urs von Balthasar, Henri De Lubac, Jean Danielou, Yver Congar oltre a molti altri teologi furono condannati e ridotti al silenzio. E non tutti forse ricorderanno che quando Wojtyla li fece cardinali spesso si parlò del loro singolare destino che li portò dalle severe «bastonature» accademiche e teologiche degli anni Cinquanta alla porpora cardinalizia. Ma mi pareva indispensabile ricordare anche solo con un cenno (se non erro trascurato da tutti gli altri commentatoti e testate) che fra gli elementi che distanziano i due pontificati in questi giorni oggetto delle cronache non c' è solo il rilievo da dare alla Shoah come tema storico-teologico, ma anche il giudizio sui protagonisti del rinnovamento teologico cattolico. Quanto alla definizione dell' atteggiamento dei lefebvriani verso il Vaticano II come una della forma di «relativismo», su cui Pepe mi provoca gentilmente, a ciascuno il suo: non è questa l' espressione che Benedetto XVI usa per loro e credo fosse chiarissimo che mi guardavo bene dall' attribuirgliela. Ma quando il Papa nella lettera ai vescovi cattolici della scorsa primavera dice che «il Vaticano II porta in sé l' intera storia dottrinale della Chiesa» sconfessa con durezza sia le allusioni irriverenti con le quali si cerca di arruolarlo fra i «fiancheggiatori» di un tradizionalismo nostalgico sia il tentativo di dedurre dal perdono per gli scomunicati la riduzione del Vaticano II a una questione di gusti. Ma sono temi sui quali, immagino, ci sarà occasione di tornare anche con più spazio.
Alberto Melloni
© Copyright Corriere della sera, 27 dicembre 2009