DISCERNERE
Uno sguardo profetico sugli eventi
La difficile riconciliazione nella Chiesa cinese da Il Blog di Andrea Tornielli di Andrea Tornielli
Il numero del mensile internazionale 30Giorni che esce oggi contiene un dossier molto interessante per comprendere ciò che accade in Cina a due anni e mezzo dalla pubblicazione della lettera di Benedetto XVI alla Chiesa cinese. Il dossier, firmato da Gianni Valente, è composto da documenti in parte inediti, che contribuiscono a fare chiarezza su molti equivoci rilanciati anche in Italia da alcuni siti Web i quali tendono a presentare negativamente l’operato della Segreteria di Stato vaticana e più in generale della Santa Sede, sostenendo che per motivi di «realpolitik» il Vaticano abbandonerebbe al suo destino la Chiesa cosiddetta «clandestina». Come necessaria premessa sarà bene ricordare che 1) In Cina non esistono due Chiese, ma una sola; 2) La quasi totalità dei vescovi «ufficiali» riconosciuti dal governo di Pechino, sono anche stati riconosciuti dalla Santa Sede; 3) entrambe le comunità – quella cosiddetta «clandestina» e quella oggi «ufficiale» - sono state perseguitate negli scorsi decenni; 4) Il Papa nel 2007, con la sua lettera ai cattolici cinesi indicava una via precisa per la riconciliazione e il superamento delle divisioni tra le due comunità. Il caso emblematico, presentato da 30Giorni, riguarda il vescovo Francesco An Shuxin: detenuto per dieci anni dai comunisti e oggi processato da suoi fratelli nella fede. An prima ausiliare e oggi coadiutore di Baoding, città che dista meno di 150 chilometri da Pechino, è stato detenuto in isolamento dal 1996 al 2006, e dopo la liberazione ha deciso di uscire dalla condizione di clandestinità ed esercitare il proprio mandato accettando le procedure imposte dalle autorità civili. Oggi alcuni preti e fedeli lo accusano di tradimento e non ne riconoscono l’autorità. Nei documenti pubblicati dalla rivista si apprendono le ragioni per cui An ha lasciato la clandestinità, accettando di registrarsi presso le autorità politiche ma senza alcun compromesso sulla fede (evitando, ad esempio di firmare le clausole sulla autoelezione dei vescovi, e aggiungendo una eloquente nota esplicativa, «nel presupposto di non violare la fede cattolica», alla parte dove si faceva riferimento ai principi di autogestione e indipendenza della Chiesa cinese). 30Giorni rivela poi che la Santa Sede, già dal 2006, ha inciato a Baoding vari documenti che riconoscevano al vescovo appena uscito dalla condizione di clandestinità la legittima autorità sulla diocesi. Documenti ignorati ai preti contrari al vescovo. La legittimità del ministero di An è stata ribadita anche nel giugno 2008 dal cardinale Ivan Dias, Prefetto di Propaganda Fide, con ampi riferimenti proprio alla lettera di Benedetto XVI alla Chiesa cinese: «Tutti devono sapere che lo stimato vescovo gode del favore e della fiducia totale della Santa Sede. Perciò nessuno può permettersi di sospettare della sua sincerità, o di opporsi alla sua autorità ». Il vescovo An – si legge sempre nel dossier – ha testimoniato che «dopo la pubblicazione della Lettera del Papa del 2007 molti sacerdoti [tra quelli che gli si oppongono, ndr] hanno impedito ai fedeli di studiare la Lettera pastorale, perché dicevano che il Papa è confuso». Non è dunque un caso che lo scorso novembre, il cardinale Tarcisio Bertone abbia scritto ai preti cinesi in occasione dell’Anno sacerdotale riproponendo la riconciliazione all’interno della comunità cattolica e il dialogo rispettoso e costruttivo con le autorità civili come le «linee guida» della lettera papale del 2007. La realtà della Chiesa cinese è dunque più complessa di come ci viene spesso presentata, e si possono ritrovare distorsioni e resistenze anche nella comunità «clandestina» che in qualche caso mette in discussione l’autorità papale interpretando a modo suo le parole di Benedetto XVI.