di Roberto Volpi
Il difetto di certe rilevazioni statistiche
e che non sempre sono periodiche,
cosi non sai bene quando
aspettarti i risultati, ne quali dati saranno
resi disponibili. A volte, poi, altre
rilevazioni sono addirittura una
tantum, cosicche vattelappesca quando
ti ricapitera di avere certe informazioni
di tipo quantitativo. E pero e
strano che, pur in mezzo a queste difficolta,
i dati negativi in un modo o
nell’altro trovino sempre la strada di
apparire sui mezzi di informazione
con tutto il dovuto rilievo, e pure con
il rilievo che non meriterebbero, e
quelli positivi nisba, mai neppure un
viottolo. Cosicche, per dire dell’inquinamento
dell’aria, ci hanno pressoche
ammazzato in tutti questi anni
a furia di ricordarci l’aumento dell’anidride
carbonica (CO2). Ma qualcuno
e mai riuscito a sapere, da giornali e
riviste, televisioni e radio, se nel
plumbeo cielo dell’inquinamento non
si aprisse per caso un qualche fuggevole
spiraglio che facesse meglio sperare?
Mi riferisco all’Italia, chiaro,
perche tra i dati di questo tipo nel
mondo e meglio non addentrarsi neppure
. le sabbie mobili danno una
maggiore affidabilita. Ma proprio relativamente
all’Italia sono uscite, a
meta del 2008, due pubblicazioni Istat
tanto dettagliate, precise e meritevoli
quanto assolutamente ignorate. E
vedremo una possibile spiegazione di
questo silenzio.
Le pubblicazioni sono: “Le emissioni
atmosferiche delle attivita produttive
e delle famiglie. Anni 1990-
2005” e “Le emissioni di otto metalli
pesanti delle attivita produttive e delle
famiglie. Anni 1990-2005”. La prima
pubblicazione e di gran lunga quella
che riveste il maggiore interesse, in
quanto prende in considerazione i
dieci piu importanti inquinanti dell’atmosfera,
responsabili rispettivamente:
dell’effetto serra (anidride
carbonica, protossido di azoto e metano),
delle piogge acide e dell’acidificazione
del suolo (ossidi di azoto, ossidi
di zolfo e ammoniaca) e della formazione
dell’ozono troposferico (composti
organici volatili non metanici,
monossido di carbonio, polveri sottili
e piombo). Il lungo periodo di sedici
anni preso in esame compensa in
qualche modo la non soddisfacente
attualita, in quanto consente di evidenziare
tendenze temporali sufficientemente
chiare e consolidate, in
base alle quali sarebbe perfino possibile
avanzare qualche non cosi azzardata
previsione (ma io me ne
asterro prudenzialmente).
Bene, di questi dieci inquinanti
soltanto tre sono aumentati tra il 1990
e il 2005: l’anidride carbonica e il protossido
di azoto, che vanno a incrementare
i gas serra, e l’ammoniaca,
che ha effetti sull’acidificazione. Ben
sette, diversamente, sono diminuiti: il
metano, gli ossidi di azoto, gli ossidi
di zolfo, i composti organici volatili
non metanici, le polveri sottili, il
piombo. Ma, a parte questa disparita
gia evidente tra miglioramenti da una
parte e peggioramenti dall’altra, la
cosa si fa ancora piu interessante se
traguardata alla luce, appunto, dei disastrosi
livelli di inquinamento ambientale
tanto denunciati (e annunciati).
E dunque. Si, e vero, l’effetto
serra dovuto ai tre inquinanti di cui
abbiamo detto (di cui due in crescita
e uno in calo) e aumentato del 13-14
per cento nei sedici anni considerati.
Ma a fronte stanno le piogge
acide/acidificazione del suolo (due
degli inquinanti responsabili in forte
calo, uno in debole aumento), ridotti
a circa la meta, e la produzione di
ozono troposferico (i quattro inquinanti
responsabili sono tutti diminuiti
sensibilmente), anch’essa pressoche
dimezzata.
Ora, ci vuol poco a capire da questi
dati che complessivamente parlando
la qualita dell’aria e migliorata ovvero
che, in parole povere, il famigerato
inquinamento e diminuito e non
aumentato come si vuole far credere
portando a testimonianza il solo valore
dell’anidride carbonica, ma senza
spendere una parola sugli inquinanti
che hanno subito nello stesso tempo,
in proporzione, ben piu cospicue contrazioni:
il piombo che e nell’aria oggi,
per fare l’esempio piu clamoroso,
e un millesimo (avete capito bene, un
millesimo) di quello che circolava libero
quando il cielo era sempre piu
blu, nel 1990.
Annota l’Istat in un’altra pubblicazione
ancora, datata agosto 2009 (“Indicatori
ambientali urbani. Anno
2008”) che e “migliorata la qualita dell’aria”.
Che gli sconfinamenti delle
polveri sottili, rilevati dalle centraline
urbane, oltre i limiti consentiti sono
diminuiti del 16,8 per cento nel 2008
rispetto al 2007. A qualcuno e mai arrivata
agli orecchi quest’altra notizia?
Figurarsi, si aprono i giornali (poi ci si
lamenta che le vendite precipitano), si
ascoltano telegiornali e trasmissioni
specializzate e sembra che la marcia
verso il peggio prosegua gagliarda,
passo dopo passo, inarrestabile. Gli
epidemiologi che non fanno che rammentarci
un inquinamento che ripagherebbe
l’uomo della sua insensibilita,
puntualmente contabilizzando
tanto di malattie e di morti a esso imputabili,
dovrebbero per una volta andarsi
a leggere, sempre in “Le emissioni
atmosferiche delle attivita produttive
e delle famiglie. Anni 1990-
2005”, le affermazioni del nostro Istituto
Centrale di Statistica che, dopo
averci ricordato che “le attivita produttive
hanno generato l’80 per cento
delle emissioni di inquinanti “a effetto
serra”, il 90 per cento delle emissioni
che sono all’origine del fenomeno
dell’“acidificazione” e piu del 60
per cento delle emissioni di gas responsabili
della formazione dell’ozono
troposferico”, conclude con queste
semplici e non equivocabili parole:
“nel periodo 1990-2005 il ruolo delle
attivita produttive nella generazione
delle emissioni atmosferiche si e ridotto
per quanto concerne tutti gli inquinanti
presi in esame, a eccezione
dell’SOx e del Pb (ovvero degli ossidi
di zolfo e del piombo)”.
Insomma, non c’e trippa per gatti,
viene da dire. Cioe, non ce ne sarebbe,
a meno che non si giochi a nascondino
coi dati, come invece si fa,
scegliendo di dar conto soltanto di
quelli che portano acqua a una determinata
tesi e tacendo con rara ostinazione
su tutti gli altri . ovvero, come
si e visto, sulla stragrande maggioranza
dei dati. Questa e in effetti la
forma di gran lunga piu praticata di
contraffazione statistica della realta.
Qui non c’e fumo statistico, no, non ci
sono dati inventati, aggiustati, decontestualizzati,
interpretati ad usum
delphini. C’e semplicemente una
scelta: quella di tacere sistematicamente
una parte della realta, non
dando conto di dati che ci raccontano
l’altra parte, quella scomoda, che si
preferisce ignorare perche troppo in
contrasto con le tesi precostituite che
vanno per la maggiore e che, detto
brutalmente, danno da mangiare. Come
quando, parlando di diagnosi precoce,
se ne vantano di continuo i successi,
salvo non parlar mai dei formidabili
fenomeni, a essa indissolubilmente
associati, e tanto piu corposi
quanto piu la diagnosi e precoce, dei
falsi positivi e falsi negativi (errori) e
della sovradiagnosi (la diagnosi di
quel che non c’e, con tanto di connessi
interventi).
Certo, capisco che sia dura. Perche,
insomma, come glielo vai a dire
all’affezionato lettore, allo spettatore
fidelizzato del telegiornale delle otto,
quale che sia, che non c’e pressoche
niente che quadri con tutto quello
che da quei pulpiti e stato predicato
in un decennio, il primo del
Duemila, a proposito di inquinamento
inarrestabile con contorno di nefasti
effetti? Se almeno ci fosse qualche
altra indagine sulla materia cui
appigliarsi, ufficiale s’intende, perche
di quelle “a la carte” e pieno il
mondo e anche l’Italia, ma non puoi
mica sempre citare Pinco Pallino, devi
pure appoggiarti qualche volta su
dati che non possano essere messi in
discussione dal primo che passa, o
comunque largamente attendibili e
meglio ancora se ufficiali che di piu
non si puo.
E invece, nemmeno a cercare col
lanternino. L’Istat per la verita un’altra
indagine l’ha pure fatta, e si intitola
“Le emissioni di otto metalli pesanti
delle attivita produttive e delle
famiglie. Anni 1990-2005”. Si tratta di
un’indagine che ha proprio lo scopo
di integrare i dati rilevati con l’altra,
quella di cui abbiamo parlato, relativa
alle “emissioni atmosferiche delle
attivita produttive e delle famiglie”,
che copre lo stesso intervallo temporale.
Non soddisfatto di aver fotografato
le emissioni nell’atmosfera dei
dieci maggiori inquinanti riconosciuti,
il nostro Istituto di Statistica ha indagato
quelle altre relative agli otto
metalli pesanti piu presenti nell’aria
e pericolosi. Risultato: di otto, due
soltanto (arsenico e selenio) hanno
fatto registrare un aumento di emissioni
tra il 1990 e il 2005, mentre per
gli altri sei le relative emissioni sono
risultate in contrazione: cadmio, cromo,
rame, mercurio, nichel e zinco.
Le due indagini hanno dunque fornito
risultati in totale sintonia, speculari,
sovrapponibili e, dunque, da leggersi
e interpretarsi gli uni alla luce
degli altri. Comunque lo si giri, e qualunque
componente dell’“affaire” inquinamento
si vada a cercare, ecco la
morale, il risultato non cambia. Ed e
un risultato da punteggio rugbistico
tra una squadra forte e una compagine
deboluccia: disinquinamento batte
inquinamento 13 (sette inquinanti
piu sei metalli pesanti in riduzione) a
5 (tre inquinanti piu due metalli pesanti
in aumento).
Un risultato che fa a pugni con tutto
quello che siamo abituati a sentir
discendere a mo’ di litania dai cieli
dell’informazione.
C’e anche un ultimo punto, autentica
ciliegina sulla torta. Perche i
buoni, nella fattispecie, quelli che si
sono bene adoperati su questo fronte
dell’inquinamento, sono rappresentati
dalle attivita produttive. Mentre
i cattivi sono proprio loro, le famiglie.
Sono le attivita produttive ad
avere giocato un ruolo positivo nella
contrazione delle emissioni atmosferiche,
non le famiglie che invece ne
hanno avuto uno esattamente opposto.
“Al contrario (delle attivita produttive),
nel 2005 la quota delle emissioni
delle famiglie risulta superiore
al dato del 1990 per la maggior parte
degli inquinanti” . cosi, icasticamente,
annota ancora l’Istat. E, a proposito
di quest’ultima affermazione,
sembra proprio di essere su “Scherzi
a parte”, tanto e plateale il rovesciamento
del senso comune. Tra il
1990 e il 2005 c’e stato un sensibile
miglioramento della qualita dell’aria,
grazie alle attivita produttive, alle
imprese. E nonostante i danni che
hanno combinato le famiglie con riscaldamento,
condizionamento e trasporti
privati. Chi andasse in giro a
sostenere, di fronte a un qualsivoglia
pubblico: (a) che la situazione relativa
all’inquinamento e alquanto migliorata
negli ultimi due decenni e
(b) in virtu del buon comportamento
delle attivita produttive che ha piu
che compensato quello invece dissipativo
e sconsiderato delle famiglie,
verrebbe sbertucciato a non finire o,
cosa ancor piu probabile, scambiato
per uno con qualche rotella fuori posto
al quale raccomandare, nel suo
preciso interesse, di tenere la bocca
chiusa il piu possibile. E’ vero che
queste verita sono testimoniate da
una messe di dati, per di piu ufficiali.
Ma e ancora piu vero che sono state
seppellite per anni e anni sotto
una coltre di petizioni di principio e
di ragionamenti circolari che ha occupato
ogni spazio mediatico. Riportarle
alla luce e un’impresa ben piu
disperata di quella di ripescare
Atlantide in qualche fossa oceanica.
Quelle verita, ed e questa la verita
piu vera, contano quanto il due di
picche, dal momento che si e deciso
che a fare notizia e l’inquinamento, e
l’effetto serra, sono le piogge acide, e
l’ozono. In aumento, certo, tutto indiscutibilmente
in aumento. Sono forse
domande da farsi?
Perché, tra gasolio e smog, Milano puzza ma non è così sporca come ci raccontano
Milano. Efficace è efficace. La campagna ambientale
della regione Lombardia usa le immagini
per far cogliere i passi avanti fatti nella guerra allo
smog. E’ una serie di fotografie: 1975, cielo nero come
la pece; 1995, cielo scuro per l’inquinamento. E’
nel 2000 (dopo i primi cinque anni di “cura” Formigoni?)
che si cominciano a intravedere le nuvole, anche
se il grigio scuro è ancora dominante. Le ultime
due foto, per il 2005 e il 2009, lasciano ben sperare
per la casella ancora vuota, quella del futuro: pian
piano l’azzurro si fa largo. In basso, c’è la rivendicazione
dei meriti: la Lombardia è “la prima regione
italiana che ha stanziato oltre 120 milioni di euro di
incentivi per la sostituzione dei vecchi mezzi con
nuovi modelli a minori emissioni”. E’ un punto d’orgoglio,
perché venti o trent’anni fa non era così
scontato che il cielo fosse blu sopra Milano, e però
è anche una risposta indiretta agli avvisi di garanzia
che hanno colpito, nei mesi scorsi, la giunta Formigoni
e poi quelle di Letizia Moratti, Guido Podestà
e Filippo Penati. L’accusa per regione, comune
e provincia: aver consentito un disastro ambientale
come lo smog. A guardare il cielo e ad aprire le narici,
in questi giorni, ci sarebbe da credere più agli
allarmisti che a chi rivendica successi.
Dicono le centraline di rilevamento dell’Arpa, l’agenzia
regionale per l’ambiente, che a Milano l’aria
è stata irrespirabile per più di due settimane filate,
a gennaio. Un record o quasi. Nuvole basse, nebbia,
freddo: tutto ha contribuito al superamento della soglia
accettabile di concentrazione di Pm10, le cosiddette
polveri sottili, nell’aria. Fosse caduta un po’
di pioggia, probabilmente le cose sarebbero cambiate:
l’acqua avrebbe trattenuto a terra le polveri,
che avrebbero così smesso di vagare nell’aria e nei
polmoni dei milanesi. Il comune dice che va male,
ma che poteva andare peggio: “Napoli e Torino sono
state le città più inquinate nel 2009”, ricorda il vicesindaco,
Riccardo De Corato. O Padova e Vicenza,
campionesse dello smog in questo primo mese dell’anno.
Il sindaco Moratti rivendica con una lettera
al Corriere della Sera gli obiettivi raggiunti: nel gennaio
2009 i giorni d’aria sporca erano stati venti e le
concentrazioni di Pm10 più elevate (83 microgrammi
al metro cubo contro i 68 di oggi, il limite è 50),
sottolinea l’ex ministro. Calma e gesso. Anche perché
sono in cantiere due nuove linee del metrò e il
teleriscaldamento. E, soprattutto, c’è l’Ecopass, il sistema
di ingresso a pedaggio nel centro storico della
città per le auto inquinanti.
Per gli ambientalisti è un sistema con almeno due
difetti: l’area protetta, ossia la cerchia dei bastioni,
è troppo esigua e poi basta pagare per continuare a
usare il tubo di scappamento a proprio piacere. Il
fatto è che a molti l’auto serve comunque, con o senza
pedaggio: così, passata la paura iniziale, milanesi
e pendolari hanno messo mano al portafogli. Nel
2008, primo anno completo di Ecopass, i giorni critici
per l’inquinamento furono appena 78. Nel 2009
sono già saliti a 106. Senza contare che il fronte del
no, prima ridotto all’ex sindaco Albertini e ai commercianti,
si è rapidamente esteso: lo dimostra il
fatto che Edoardo Croci, l’assessore morattiano all’Ambiente
che introdusse il pass, si è dimesso già
da tempo. Il motivo? Voleva allargare l’area di applicazione
dell’Ecopass. Non che manchino le idee
alternative: il neopresidente pidiellino della Provincia,
Guido Podestà, annuncia per i prossimi anni
misure draconiane. La ricetta è sempre quella: far
pagare cara Milano. Toccherà alle tangenziali – la
est, la ovest, la nord – diventare a pedaggio. Un incentivo,
sulla carta, a lasciare l’auto a casa e a utilizzare
di più i mezzi pubblici. L’importante, però, è
centellinare le misure tampone: targhe alterne,
blocchi del traffico, domeniche a piedi. Le targhe alterne
le chiedeva la Lega per tutto febbraio, ma alla
fine al vertice di ieri al Pirellone è prevalsa la linea
morbida: stop alle auto per tutta la domenica e,
se la situazione non migliora, applicazione dell’Ecopass
anche ai diesel Euro 4 privi di filtro antiparticolato.
Che il problema non riguardi la sola Milano,
però, è evidente. Basta guardare Roma, una delle
città con il più elevato tasso di motorizzazione del
mondo: 76 auto ogni cento abitanti. A New York la
proporzione è di 20 ogni cento. E poi c’è il parco auto,
che migliora ma non basta. Una volta a preoccupare
era il piombo nella benzina, adesso che c’è
solo la verde, il problema principale sono i motori
diesel. Una sola auto a gasolio di vecchia generazione
inquina quanto 400 veicoli catalizzati. Fanno
meglio i motori ecodiesel, che immettono nell’aria
particelle fini “solo” dieci volte di più di quelli catalitici.
Dice al Foglio Giuseppe Viviano, direttore
del dipartimento Igiene dell’aria dell’Istituto superiore
di sanità: “Certo, il problema sono soprattutto
i diesel, specialmente quelli senza filtro. Perché
di sicuro la qualità media dell’aria – negli ultimi
decenni – è migliorata: non ci sono quasi più né ottani
né benzene, altamente cancerogeno. Oggi l’inquinamento
è soltanto al settimo o all’ottavo posto
tra le cause di mortalità: vengono molto prima gli
stili di vita sbagliati. Resta il problema delle polveri,
che causano soprattutto problemi all’apparato
respiratorio: si tratta di molecole dovute però solo
in parte alle auto e alle ciminiere. Esistono le cosiddette
polveri secondarie che si formano nell’atmosfera
contro le quali un blocco del traffico non
può nulla. Di sicuro, però, la parte dovuta direttamente
alle emissioni si può ridurre con mezzi più
ecologici, come quelli elettrici, a metano o a Gpl,
oppure adottando il sistema del teleriscaldamento
per gli immobili. Ridurre il riscaldamento è invece
un rimedio che rischia di essere controproducente:
non si possono lasciare al freddo gli anziani e i
bambini”.
Alan Patarga
Il Foglio 29 gennaio 2010