DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La legge 40 non c’è più. La diagnosi preimpianto per una coppia fertile, in barba al diritto

La decisione con la quale il tribunale
di Salerno ha accordato a
una coppia senza nessun problema di
sterilità di accedere alla procreazione
medicalmente assistita, allo scopo di
selezionare embrioni indenni dalla
malattia di cui la coppia è portatrice
(atrofia muscolare spinale di tipo 1),
non attiene a letture più o meno rigide
della legge 40. Quella decisione è
la dichiarazione in carta da bollo che
la legge 40 è un optional, che una normativa
lungamente discussa, votata a
larga maggioranza parlamentare e
uscita indenne da un referendum
abrogativo può essere ignorata. Nessuna
decisione della Corte costituzionale
(l’unica che ne avrebbe titolo) ha
mai rimesso in discussione l’obbligo
di riservare le tecniche di fecondazione
assistita alle coppie sterili, e soltanto
a loro. “Il ricorso alla procreazione
medicalmente assistita è consentito
qualora non vi siano altri metodi
terapeutici efficaci per rimuovere
le cause di sterilità o infertilità”, dice
la legge. Si finge che non sia così, in
nome di un “diritto” eugenetico a scegliere
un embrione “sano”, eliminando
i “non adatti”. Si sa che la sentenza
salernitana, della quale non sono
ancora note le motivazioni, fa riferimento
al “diritto alla salute dei soggetti
coinvolti” (anche degli embrioni
che saranno scartati?). Ma da quando
in qua può essere un giudice ordinario
a stabilire che i limiti stabiliti dalla
legge 40 entrano in conflitto con
l’articolo della Costituzione che tutela
la salute? Quel giudice può, tutt’al più,
rimandare la questione alla Consulta.
E invece si salta a piè pari anche quel
passaggio, dopo aver saltato a piè pari
il testo della legge. La quale stabilisce,
giustamente, che tecniche problematiche
come sono quelle che modificano
la generazione naturale, possono
essere ammesse solo per superare
gravi problemi di infertilità. Non per
introdurre pratiche eugenetiche palesi,
dando la possibilità di eliminare
come materiale scadente embrioni
“malati”, dopo averli fabbricati in
provetta.

Il Foglio 15 gennaio 2010